Se leggi Tagore non trovi Gesù
i vescovi contro i poeti i vescovi contro i poeti Se leggi Tagore non trovi Gesù GLI aforismi di Siddharta alla pari delle parabole. Le prose poetiche del libanese Gibran («I vostri I figli non sono vostri figli...») anziché il discorso della montagna. E Tagore e SaintExupéry. Scandalo, dunque, scandalo in chiesa, scandalo nelle aule di catechismo. Mezza pagina dell'Avvenire di martedì era dedicata alla contaminazione che una spiritualità da best-seller può compiere sui valori cristiani e cattolici, fino a divenire surrogato dei valori del Vangelo. Nulla contro un allargamento delle letture, delle conoscenze, dei confronti, ma rigore contro la inopportunità di certi libri sì. Fanno dunque tanta paura Hesse e Tagore, Gibran e SaintExupéry? Li guarda con curiosità monsignor Loris Capovilla, che fu segretario di Giovanni XXIII. Chiarisce: «Un conto è la liturgia, un altro è la catechesi. Nella liturgia non è ammesso nulla, nemmeno la lettura di un passo del Santo Padre». Diverso il discorso per quanto riguarda l'insegnamento, il magistero: «Pio XI era attratto dal Manzoni, lo riteneva giustamente un testo edificante, cristiano, e lo citava», dice monsignor Capovilla. E ricorda come anche Paolo VI abbia spesso portato in discorsi ufficiali scrittori ecclesiastici e no: «Parlando dei martiri in Uganda parlò anche di quelli anglicani». Dunque, salvaguardando rigorosamente la liturgia, non sbarriamo porte. Dice l'ex segretario del Papa: «Se un inno a Dio viene da Tagore, cominciamo pure da un poeta di un'altra confessione. CJniamo tutto ciò che è edificante e pio. Il Concilio Vaticano n non ci ha forse insegnato che i semiMonsignor L is Capovilla del Verbo sono sparsi su tutta la terra? Quindi siamo lieti quando troviamo cose in sintonia, anche se non sono diretta rivelazione». E, accanto a Tagore, cita Pasternak, così come Giovanni Paolo II che nei Paesi musulmani ha citato il Corano. Insisteva Giovanni XXIII: «Vediamo che cosa ci unisce». Senza per questo negare le divergenze, che non debbono essere cancellate. Dice monsignor Capovilla: «Cogliamo l'unità per quanto riguarda la fede, la giustizia, la provvidenza, la moralità pubblica, il lavoro insieme per lenire la sofferenza altrui, la provvidenza». E conclude: «Cerchiamo di camminare insieme». Su una linea analoga è il saggista Sergio Quinzio: «Nell'ambito della catechesi questo si è sempre fatto. Chi non ricorda i raccontini edificanticon il cacciatore che spara e ferisce una persona...». Diverso è per la liturgia: «Igiudaismo, per esempio, accoglie volentieri brandi autori coevimentre noi siamo rigorosamente chiusi ai testi sacri. E' una questione di senso della continuitàLa chiesa cattolica è molto prudente nelle aggiunte, teme di accumulare cose di gusto mediocre. Ogni tanto si fa un repulistila preghiera a San Michele Arcangelo è stata tolta». Insomma, non interferiamo nella liturgia, ma non chiudiamo l'uscio ad apporti per la catechesi? Quinzio: «Nella seconda sede è una presenza utile. Molti non sono neppur preparati a formarssoltanto su testi sacri. Il problema è la questione di omogeneitàdi opportunità nella scelta di autori. Tagore, l'Oriente, rappresentano un altro tipo di spiritualità. Ma se le scelte sono ben fatte, ben vengano». [m. nei. Monsignor Loris Capovilla
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