Oltre mezzo secolo di versi

Oltre mezzo secolo di versi Oltre mezzo secolo di versi NEL raccogliere in quella che si definisce «autoantologia» l'ideale documento del proprio itinerario di poesia, Nelo Risi ne H mondo in una mano ha scelto un criterio abbastanza singolare e insolito: non la successione cronologica dei testi, ma raggruppamenti per temi, per affinità di concetti e di posizioni ideologiche, nell'intento di mostrare, più che la storia e le vicende di un'orma» lunga esperienza di poesia, la continuità del discorso attraverso il tempo, dai primi Anni Quaranta fino al 1993. E' venuta fuori una raccolta un poco dissonante più che consonante, un che volutamente di strìdente, un effetto di contrasto fra sezione e sezione del libro, e anche un rimescolamento di carte, che intriga e un poco sconcerta, ma obbliga certamente a rifare i conti con il poeta, aiutando a rivedere classificazioni e giudizi. Nella disposizione dei testi finisce, forse, a rilevarsi più del vero l'esistenza di diversi modi di poetica e di poesia nell'opera dì Risi. C'è, per esempio, il Risi ironico e satirico, ma con una forza d'indignazione e d'ira che solleva al sublime della grande orazione morale e civile la parodia del linguaggio dei potenti del mondo, fra Dopo del 1960 e La conferenza stampa del 1969, a Segni dei tempi dello stesso anno, fino a Sviluppo psicomotorio della primissima infanzia di un capo del 1973, passando per la mimesi in falsetto davvero acutissimo quanto feroce di Linguaggio parlamentare del 1967, dietro a cui, in filigrana, è riconoscibile l'intero inverno di una storia di vaniloqui e, sotto, di sottili réti di inganni. Ma l'ironia è la figura che domina anche testi di minore sviluppo, quasi epigrammatici, degli Anni Cinquanta, e testimonianza di una disposizione, di fronte alle idee correnti, ai miti storici e sociali, agri errori, alle menzogne comunemente credute o proclamate, di risentita dichiarazione di non collaborazione, di rifiuto, di strenua decisione di mettere il granello di sabbia della poesia negli ingranaggi del «sistema» (e ricordo l'esemplare Tutta polvere del 1952). C'è, accanto, il Risi dell'orrore atomico, del memento della distruzione che sta sulla testa dell'umanità, della protesta diretta, aspra, fiera, nei confronti di una storia che sembra averla accettata come condizione normale, componente della vita quotidiana, aspetto della convivenza con la morte la cui decisione è nelle mani dei potenti, fuori di ogni ragione e ritmo naturale delle cose. E' certamente la parte più datata del libro: ma è anche vero che sempre il discorso poetico di Risi esce dalla contingenza dell'occasione per esprimere fondamentalmente la disposizione civile ed etica che è la motivazione del fare poesia prima di ogni altro, si tratti della memoria, dei sentimenti, della rappresentazione della quotidianità della vita l'armadio del 1963, Vali più tu del 1968, soprattutto Attesa là, che è un compiuto racconto di vita e di morte di mirabile misura. Ma ciò che distingue anche in questo ambito Risi in modo netto e sicuro è il fatto che ogni evento o situazione che rimandi all'esperienza della vita e della memoria è sempre espresso con quel rigore di idee morali e di giudizio che colora di sé anche gli affetti, la trepidazione, la commozione. Nasce di qui anche il verso di Risi, che è fìtto, marcato con forza anche quando si dilata per accogliere in sé un più ampio spazio di occasioni di parodia o d'ira. L'altra faccia della storia corrotta o spregevole dei potenti del mondo è la lineare sicurezza di sé, delle proprie concezioni, dei propri comportamenti, che ha la protagonista di Attesa là, ma anche i personaggi via via evocati accanto ai luoghi diversi della terra, magari per un attimo solo, o all'interno di un incresparsi del sentimento, di uno slancio del cuore. Il mondo in una mano finisce così ad apparire, proprio in forza della disposizione dei testi, un lungo, coerente, ininterrotto poema della dignità e della venta contro tutto ciò che le nega, le respinge, cerca di farle tacere, e, al tempo stesso, tradisce la parola, usandola falsamente, con significati e intenti che sono subdolamente il capovolgimento di quelli chiari e leali. Si può, allora, in questa prospettiva ricomporre il libro poetico di Risi nella sua vicenda lungo i decenni, proprio per la costanza del linguaggio e della concezione della poesia che dall'inizio ai componimenti più recenti raccoglie in unità le singole sezioni tematiche. Ma si può allora dire che tale continuità migliore rilevanza acquista dal confronto con le date di cinquantenni di storia e di vita: cioè, anche nella prospettiva opposta a quella sincronica scelta da Risi per sé, la necessità di questa poesia si mostra ugualmente esemplare. Giorgio Bàrberi Squarotti quando si affaccia all'ascolto e pretende di immettersi nel verso, di ottenere la sua parte di luce (come ne Le confidenze del 1986 o Clara la luminosa del 1982). S'ha da dire rhe il libro, così come è costruito, viene a relegare sullo sfondo l'aspetto specificamente milanese e lombardo della poesia di Risi, come si incontra in In crescita e ne L'altra faccia, del 1955. Risi non è, infatti, un poeta di luoghi, di paesaggi, di miti ancestrali di città e campagne. La sua è una poesia di idee, non di descrizioni e di trasalimenti del cuore. La sua ironia subito s'alza di tono verso l'ira e la parodia ha sempre il sapore acre dell'aggressione nei confronti dei mah della storia. Nel cuore di questa nota fondamentale sta la rappresentazione delle vittime dei tempi e della condizione umana. Siamo al culmine del libro, nella verità più alta della poesia di Risi, come dimostrano testi quali La neve nel¬ Nelo Risi Il mondo in una mano Mondadori pp.214. L. 30.000

Persone citate: Giorgio Bàrberi Squarotti, Nelo Risi