Berlusconi Rai ostile al governo di Raffaello Masci

Il premier all'attacco: la gente è d'accordo con me, questa televisione non piace a nessuno Il premier all'attacco: la gente è d'accordo con me, questa televisione non piace a nessuno Berlusconi: Rai ostile al governo Opposizione in rivolta: «Siamo al golpe» ROMA. L'attacco di Berlusconi non ha niente di estemporaneo, anzi sembra ben meditato: «Non esiste un solo Stato democratico in cui un servizio pubblico radiotelevisivo vada contro la maggioranza che ha espresso il governo del Paese». L'effetto è quello di una bomba atomica contro quella Vandea della Prima Repubblica che è la Rai. L'azienda di viale Mazzini - fa sapere il presidente non sta rigando dritto, e per di più «è assurdo che ci sia un servizio pubblico che continui a chiudere i bilanci con forti passivi, dovendo ricorrere all'intervento dello Stato». La prossima settimana comunque, si arriverà al «redde rationem», perché il governo esaminerà la questione, dovendo affrontare la scadenza del decreto salva-Rai. Silvio Berlusconi dichiara queste cose durante una conferenzastampa e chi lo ascolta a questo punto fa notare che - forse - è anomalo anche che un presidente del Consiglio sia padrone di mezzo sistema radiotelevisivo, e il Cavaliere, onestamente, annuisce però, spiega, questo «non confligge» con la «democraticità». E poi se proprio lo volete sapere - dice Berlusconi rivelando il senso di un suo sondaggio - IL PICCONATORE DEL VIDEO IO berlusconiano?». Marco Taradash ride: un evento. «La mia strategia è chiara. Eliminare subito l'anomalia Rai per arrivare al più presto a una vera legge anti trust, che la faccia finita con l'illiberale duopolio Rai-Fininvest e restituisca al Paese un'informazione pulita e separata dal potere politico». Così parla Marco Taradash, presidente della Commissione parlamentare di vigilanza - o «di denuncia», secondo la versione aggiornata - sulla Rai. Taradash ripete a ogni passo: «Parlo dal radicale che sono da vent'anni, non dal berlusconiano che non potrò mai essere». Come poi riesca a conciliare la sua «battaglia per disinnescare la videocrazia» con la fresca elezione nelle liste del partito di Sua Emittenza, sono dopotutto affari loro. Di Berlusconi e Taradash. Uno dei due, è un'impressione, è vittima di un grosso equivoco. Onorevole Taradash, Berlusconi ha appena dichiarato che la colpa della Rai è di essere «anti governativa». Era qui che volevate andare a parare? «Nemmeno per sogno. Quel che dice Berlusconi non c'entra nulla con la mia iniziativa. E non sono assolutamente d'accordo con lui. A meno che non completi la sua opinione». In che modo, scusi? «Berlusconi avrebbe dovuto dire: la Rai dev'essere né anti governativa né governativa. Insomma, sganciata dal Palazzo, al servizio del pubblico». Bella idea, può precisarla? «Cerco di farlo da un po'. La Rai è stata per trentanni al servizio dei partiti...». Questo lo sappiamo «Mi lasci finire. Ora che quei partiti non esistono più, la Rai è un regno di boiardi che gestiscono un'azienda di Stato come se fosse loro, fanno nomine, sprecano danari pubblici, danno la linea politica. Nel crollo della partitocrazia, alcuni di questi boiardi hanno finito per diventare più importanti dei segretari di partito che li avevano piazzati sulle poltrone. E i professori che erano partiti per delottizzare, non hanno avuto l'energia o la competenza per farlo davvero». Hanno vinto i boiardi «Sì, ma questa situazione non può mantenersi. Alla lettera. Senza i famigerati decreti salva-Rai, che poi sono la paga del servo, la Rai non sopravvive. Dunque, non restano che due possibilità. O la Rai si sottomette al nuovo potere in cambio di altri finanziamenti, oppure si prende la via liberale». Che sarebbe? «Tagliare tutti i cordoni ombelicali che legano l'azienda al potere politico. A cominciare dal meccanismo di nomina del consiglio d'amministrazione affidato ai presidenti delle Camere». BOSSI gressista - Berlusconi ha detto chiaro e tondo che le sue tre reti Fininvest non gli bastano e che vuole anche le tre reti pubbliche». Al Presidente della Repubblica si appellano anche Fabio Mussi e Sandra Bonsanti, altri due esponenti della sinistra, mentre il capogruppo progressista al Senato, Cesare Salvi è salito in serata al Quirinale per riferire a Scalfaro della situazione. Un grido di «allarme democratico» arriva anche dalle voci più autorevoli dell'opposizione: Occhetto, Bertinotti, Orlando e Segni. «Ci impegneremo con tutti i mezzi per contrastare l'idea di una televisione megafono della maggioranza», ha detto Occhetto. «Siamo in presenza di un attacco di eccezionale gravità - è il parere di Bertinotti -, chiediamo la convocazione urgente del Parlamento e che intervenga il capo dello Stato». Per l'on. Mario Segni (che ha forse un black out di memoria) «non si era mai visto un presidente del Consiglio che cercasse di imporre la sua linea politica alla Rai». E per Orlando è chiaro «che esiste un preciso disegno politico per mettere il bavaglio all'informazione pubblica». Di fronte a questo fuoco di fila delle opposizioni, l'ex radiobelva Mario Segni leader pattista della Rai, Gustavo Selva dichiara che «Berlusconi ha, invece, perfettamente ragione, perché non solo le reti Rai sono contro la maggioranza espressa dagli italiani» ma l'azienda di viale Mazzini è anche un buco nero mangiasoldi nonostante il foraggiamento del canone. Mentre Fabrizio Del Noce, dopo aver affermato che in effetti questa Rai è faziosa {Milano-Italia e Mixer soprattutto), dice che veramente non se ne può più e, chiede, «se avessero vinto le sinistre avrebbero avuto la stessa pazienza?». In tutto questo, la posizione più scomoda resta quella di Gianni Locatelli, il «presunto innocente», che sa di doversi giocare bene l'ultima carta, perché il decreto salva-Rai che dovrà essere reiterato dal governo «sarà certamente l'ultimo di questo tipo», però si difende dalle iniziative di Taradash (la denuncia) e di Storace (il giro d'ispezione), ricordando che «esistono una legge e un regolamento che vanno rispettati, sia per la commissione di vigilanza, sia per la Rai», e questi due signori non possono fare quello che gli pare. Uomo avvisato... Raffaello Masci

Luoghi citati: Roma