Sparare nel mucchio, per poi cambiare tutto di Valeria Sacchi

Sparare nel mucchio, per poi cambiare tutto I NOMI E GLI AFFARI Sparare nel mucchio, per poi cambiare tutto Governo in ordine sparso, anzi sparsissimo, su enti e nomine. Non esiste caso sul quale il partito di Giancarlo Fini, le coorti di Umberto Bossi e le truppe che fanno capo al presidente del Consiglio, siano mai della stessa idea. Su Ferrovie dello Stato, Rai, Stet e Iri, perfino Bankitalia e sicuramente Eni (anche se sul gruppo guidato da Franco Bernabò la guerra delle dichiarazioni non si è ancora scatenata, questione di ore) il disaccordo appare totale. Alle Fs, Lorenzo Necci, di cui la Lega ha chiesto la testa, viene strenuamente difeso dal ministro dei Trasporti Publio Fiori, che se mai sembra meno ben disposto verso il condirettore generale delle medesime, Felice Mortillaro. Sulla Rai, la Fiori difende rissa è sotto gli Lorenzo Necci occhi di tutti. Per Necci no della Lega Con la complicazione che, nel gioco al massacro, si è inserita la variabile «radicale». Sotto sembianze del Grande Accusatore Marco Taradash. Il neo presidente della Commissione parlamentare di vigilanza su viale Mazzini è riuscito ad allarmare tutti, «avversari» come Claudio Demattè e Gianni Locatelli, e compagni di strada come il neo deputato di Forza Italia, già super inviato della Tv lottizzata, Fabrizio Del Noce. Il quale, in perfetta sintonia con il cavaliere Silvio Berlusconi, ha preso le distanze. Gli esempi sono infiniti. Ma è proprio così? E' proprio vero che su ogni poltrona la nuova maggioranza è divisa? O non è vero il contrario, ossia che magari procede in ordine sparso, ma con un credo ben saldo in comune: cambiare tutto e tutti? E quindi non importa chi si assume la noia di sparare per primo nel mucchio. Se Francesco Storace o Vittorio Sgarbi. Conta il risultato. Prendiamo l'esempio dell'Iri. Dove la Triade di governo non ha osato prendere di petto il presidente Romano Prodi. Ma tutti i suoi componenti hanno di volta in volta fornito le proprie ricette. Cosicché il professor Romano ha capito l'antifona ed ha rimesso il mandato. Suscitando il plauso di Maurizio Gasparri. E adesso che lo scopo che unisce la Triade è raggiunto: liberare la presidenza dell'Iri, adesso comincia il vero litigio interno, sui candidati. An ci gira già intorno, con i discorsi di Fiori sull'Alitalia, e le ipotesi di ri- Tedeschi sotto tiro? Marco Vitale l'assessore dicoli scambi: Renato Riverso che lascia la compagnia di bandiera per andare alla Stet, e Michele Tedeschi che lascia la Stet per Alitalia. Uno si informa e viene a sapere che lo scopo sarebbe un'altro: indebolire Tedeschi, che oggi guida la Stet, e che non piace al ministro dei Trasporti. Contemporaneamente, per la presidenza Iri Giancarlo Pagliarini dice «basta» alle nomine interne, alle vecchie faccie. Ci vuole aria nuova. E lancia il suo candidato-manager: Marco Vitale, superassessore all'Economia del Comune di Milano. Il siluro del ministro del Bilancio avrebbe una doppia testata: portare all'Iri un esperto di bilanci e ristrutturazioni, e stoppare le ambizioni di carriera di Fabiano Fabiani, amministratore delegato di Finmeccanica. Non si ferma qui, Pagliarini. Immagina la nascita di una italica Treuhand, che si occupi dei casi disperati come l'acciaio di Stato. Proposta subito bocciata dal senatore di Forza Italia Alessandro Rubino, presidente della commissione Industria. Intanto il presidente della Stet, Biagio Agnes, sorta di «uomo di Similaun» delle Partecipazioni statali, corre dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, che dicono essere suo buon amico. Implora la riconferma. E chissà, magari gli andrà pure bene. E per stare nei dintorni della presidenza, qualche bello spirito addirittura immagina che Forza Italia, per la succes- Fabiani è in corsa sione a Prodi, possa giocarsi, contro il candidato-esperto Vitale, il supermanager Franco Tato. Difficile, probabilmente, perché Tato ha molto da fare in Fininvest. Non solo a far quadrare i conti e tagliare i debiti, ma anche a tenere a bada le varie anime del gruppo, orfane di re Silvio, e in lotta per nuove supremazie. E con il problema di quotare la Mondadori e di risolvere la questione Elemond-Einaudi con quell'osso duro di Giorgio Fantoni. Ma se la maggioranza di governo è divisa, anche nel settore privato si preparano storiche tenzoni. Sulla banca controllata da Gio¬ vanni Auletta Armenise, sono già scesi in campo il presidente del Credito Italiano, Lucio Rondelli (che per primo anni or sono entrò in Bna) e il presidente della Banca di Roma, Pellegrino Capaldo. Una bella gatta da pelare per il governatore Antonio Fazio, che non potrà non essere chiamato a dire la sua. Fazio che sfoglia la margherita della spinosa successione a Lamberto Dini: Tommaso Padoa Schioppa o Rainer Masera? O chi altri ancora? Un'altra partita campale si combatte sulla «Serafino Ferruzzi». Dove Carlo Sama e Arturo Ferruzzi, impegnati a non essere sbattuti fuori, attaccano i vertici del gruppo Montedison. Costringendo il presidente Guido Rossi a restare al suo posto, rinviando le vacanze così tanto sognate. Valeria Sacchi Carlo Sama all'attacco Per Necci no della Lega Marco Vitale l'assessore Rondelli in campo Agnes va da Letta Fabiani è in corsa Carlo Sama all'attacco Tedeschi sotto tiro? Fiori difende Lorenzo Necci

Luoghi citati: Comune Di Milano