Massimo il detenuto rifiutato due volte

In carcere per furto, minaccia il suicidio In carcere per furto, minaccia il suicidio Massimo, il detenuto rifiutato due volte Il giudice concede gli arresti a casa Ma la madre: «Non posso mantenerlo» Massimo Libro e la madre Teresa Carosi Data dell'ultimo arresto: 27 maggio '94, furto d'auto. Pena inflitta: 3 mesi. Il detenuto ha trascorso in carcere la prima settimana, poi alle Vallette è arrivata l'autorizzazione per farlo uscire: il magistrato gli ha concesso la misura alternativa degli arresti domiciliari. Ma a casa la madre, una donn? anziana e malata, non ha permesso che tornasse. Dice che i pochi soldi della pensione non le bastano per arrivare a fine mese, figuriamoci per mantenere tutti e due. E poi il figlio è un tossicodipendente, «che stia in cella, almeno lì non può fare del male a nessuno». Lui si chiama Massimo Libro, anni 33, via Pergolesi 105/d. E' un paradosso della giustizia italiana. Il detenuto che nessuno vuole. Non lo vogliono alla casa circondariale delle Vallette. Massimo vive in uno stato di profonda depressione. Minaccia il suicidio, e i medici che lo hanno visitato assicurano che non finge. Dopo i casi dei due reclusi morti impiccati nel mese di maggio e la visita - la scorsa settimana - del ministro di Grazia e Giustizia Alfredo Biondi, nessuno se la sente di lasciarlo lì, dietro le sbarre. «Anche se è stato messo sotto osservazione psicologica e psichiatrica in una cella della settima sezione del blocco A spiega il direttore sanitario, dottor Fulvio Urani - potrebbe eludere la sorveglianza degli agenti di polizia penitenziaria e commettere una sciocchezza». Anche il giudice che lo ha condannato è convinto che a Massimo serva poco stare in quel posto: inoltre, pur essendo un pregiudicato, non ha commesso un reato così grave da giustificare la custodia in carcere, soprattutto se sovraffollato come quello delle Vallette (750 posti, 1700 detenuti). Ma il dramma è che neanche la madre lo vuole. Teresa Carosi, 63 anni, vedova, cardiopatica, è stata irremovibile: «Non posso». Vive in un alloggio delle case popolari di via Pergolesi, Barriera Milano. E' l'indirizzo che il figlio - per l'anagrafe residente presso il centro di assistenza dell'Usi 6 di via Ghedini - ha dato ai carabinieri quando la scarcerazione sembrava cosa fatta. Due stanze, bagno e cucinino per 200 mila lire di affitto il mese, in pratica metà pensione di reversibilità del marito. «Sono indietro con i pagamenti, non ho neanche i soldi ner mangiare», piange disperata la donna aprendo la cassetta delle bollette. «Come faccio a riprenderlo con me? Per lui ci vorrebbe una comunità». Il fratello maggiore di Massimo Libro, Pietro, 37 anni, ci sta da un pezzo, in comunità. Roberto, l'altro fratello, classe 1967, invece non ci è mai arrivato: l'hanno trovato morto la mattina del 24 agosto del 1990, ucciso da un'overdose di eroina nei bagni della stazione di Porta Nuova. La madre, che ha un'altra figlia, Natalina, 29 anni, disoccupata, dice: «Quando ho visto Massimo, in carcere, non ce l'ho fatta e ho detto no, non portatemelo a casa. Lui urlava "mi ammazzo", gridava "ricordati che è colpa tua se lo faccio", ma neanche dopo quelle parole me la sono sentita». Così, Massimo Libro è stato riaccompagnato nella sua cella, stesso blocco e stessa sezione dove l'il maggio scorso Alfredo Manilio si era tolto la vita impiccandosi con il cavo del televisore. Due settimane dopo, un altro suicida, Daniela Salis, detenuto del blocco B. L'ordine è di sorvegliarlo 24 ore su 24, di non perderlo di vista neanche quando si ritira dietro il muretto che divide la cella dal cesso. Non lo vuole la madre, non lo vuole il carcere, ma lì, in carcere, dovrà stare. Polizia e carabinieri operano con una certa discrezionalità quando si trovano di fronte a qualcuno da mettere in galera. E sovente preferiscono chiudere un occhio piuttosto che mandarlo in quella caienna che sono le Vallette. Anche i magistrati possono interpretare la legge con elasticità. Ma i responsabili amministrativi e sanitari del carcere no, non hanno alternative. Se arriva Massimo, il detenuto che nessuno vuole, tocca a loro farsene carico. Gianni Armand-Pilon possa smaltire la rete viaria, per il fatto che il Lago Maggiorè meta di turismo pendolare di fine settimana». Clemente Mora Il direttore regionale Fs ci scrive: «Rispondo ai lettori Marco Cerutti e Gaia Enria, che hanno mosso osservazioni sull'attuale offerta di trasporto della linea italo-francese "Torino-Nice". «Relativamente all'affollamento registrato lo scorso 25 aprile - che, in misura seppur minore, è caratteristico dei giorni non lavorativi estivi - sono in corso i necessari contatti con i responsabili della rete ferroviaria transalpina, per una possibile soluzione. Confido quindi di poter rinforzare la composizione del convoglio (sia all'andata che al ritorno) con l'aggiunta di un'automotrice, per 63 nuovi posti a sedere. «Riguardo alla considerazione sulla scarsità dei collegamenti, mi dichiaro ben disponibile a istituire corse supplementari, eventualmente limitate ai periodi di intensa circolazione turistica, purché l'effettiva frequentazione dei treni presenti un accettabile rapporto fra costi e ricavi. Edoardo Gorzegno

Luoghi citati: Milano, Torino