Usa: la rivincita dei vecchietti in musica di Lorenzo Soria

Usa: la rivincila dei vecchietti in musica Usa: la rivincila dei vecchietti in musica Microfono, pianoforte e voce, cantano come negli Anni 50 e 60 dell'altra sera Bennett ormai ci è abituato. Negli ultimi due anni ha vinto due Grammy. Agli ultimi Mtv Awards si è esibito con i Red Kot Chili Peppers, è stato ospite di Billy Idol e gli Smashing Pumpkins nei loro concerti. E' andato molto bene anche il suo ultimo disco, «Perfectly Frank». Frank come il suo maestro Frank Sinatra, che a sua volta ha appena pubblicato in ed «Sinatra and sextet: live in Paris». Registrato dal vivo da un concerto tenutosi a Parigi nel '62, questo è il Sinatra dei tempi migliori, non quello che poche settimane fa ha avuto un malore durante un concerto e sembrava l'ombra di «The Voice». Assieme con Tony Bennett, le nuove generazioni stanno scoprendo un altro cantante che sembrava scomparso: Johnny Cash. E' «The man in black», l'uomo in nero da decenni prima che il nero diventasse il colore di chi è «hip». Ma c'è altro. A 62 an¬ ni, con quella sua voce baritonale, mantiene un'immagine di solitario, di giustiziere che colpisce la coscienza dell'America sparando contro l'ingiustizia e l'ipocrisia. I suoi temi sono quelli della musica country, sono la famiglia, la fedeltà, la fede. Ma Cash non si fa limitare da questi confini. E' l'uomo in nero. Pare che sarà tra i partecipanti all'edizione di quest'anno di Lollapalooza, il concerto itinerante che è diventato un po' il Woodstock della generazione X. Poi si è preso come produttore Rick Rubin, un trentenne che ha lavorato con gli Hot Red Chili Peppers e con i Beasty Boys ed è venuto fuori con «American Recordings», un disco cui «Rolling Stone» ha dato cinque stelle e ricevuto molto bene da tutta la critica musicale. Accompagnato solo dalla sua voce, che è ancora quella priva di sentimentalismi, quella di «Folsom Prison Blues» e le altre canzoni degli Anni 50, Ira Gershwin. Canta «I wanna be around», «It had to be you», «Speak low». Ma ecco, arriva K. D. Lang e assieme si esibiscono in «Moonglow». Quindi è la volta di Elvis Costello, eccoli in «They can't take that away from me». Finché Tony Bennett, nato Anthony Benedetto, diventa davvero «unplugged». Si libera anche del microfono, attacca «Fly me to then moon» e la sala sembra venire giù. Ad accoglienze come quella Cash sa essere leggendario e contemporaneo, monumentale e intimo. Ma che cosa ci trovano in due come Tony Bennett e Johnny Cash giovani di 40, 50 anni di meno, gente che in termini di gusto musicale è cresciuta ad anni luce di distanza? «Pare piaccia il fatto che non sono cambiato», spiega Bennett. «Non cerco di adeguarmi alle tendenze, faccio quello che ho sempre fatto e mi accettano così, con le mie canzoni di Cole Porter». Dice anche che la sua voce è migliorata, che ha più controllo e più saggezza. «Sta succedendo tutto daccapo», dice piacevolmente confuso. «Ho 67 anni, alla mia età non dovevo stare a fare queste cose». E invece, rivolto a quei ragazzi in sala che potrebbero essere tutti i suoi nipotini, chiede: andiamo avanti? E la risposta, fortissima, è: «Siiì». Lorenzo Soria

Luoghi citati: America, Parigi