4 giugno, a Roma con la V Armata

4 giugno, ci Romei con lo ¥ Arinolo 4 giugno, ci Romei con lo ¥ Arinolo Le SS in fuga, ma Alexander vieta l'insurrezione morto giovine e inutile. All'alba di quello stesso 4 di giugno, a Villa Certosa, sulla Casilina, muoiono sei tedeschi e due partigiani in uno scontro rapido e furioso. Poi, il silenzio. E fu come se i romani avessero trattenuto, in quella accecante notte di luna, il respiro. Tutti: i patrioti, i traditori. I telefoni sono saltati, la città è tagliata in due poiché i ponti li hanno bloccati. Tutti ignorano tutto. Nessuno sa che nella sua fuga scomposta, il questore Pietro Caruso, colui che insieme col tenente Koch aveva terrorizzato Roma, è andato a sbattere con la sua Alfa ministeriale contro un albero, alle porte di Viterbo, rompendosi il femore. (Condannato a morte, morirà dignitosamente. Anche Koch, che inforcando la sedia della morte si tirerà su i pantaloni per non guastarne la piega). Nessuno sa che per ordine di un giovine capitano delle SS, uomo di fiducia di Kappler, 14 «comunisti badogliani» vengono sbattuti fuori da via Tasso per salire, le mani legate dietro la schiena, su di un vetusto autocarro, sgangherato, in furtiva partenza verso il Nord. Nessuno sa che le sei SS, giunto l'ansimante veicolo alla Storta, al chilometro 10 della Cassia, fermano la corsa incerta e poiché quel carico umano riduce la già scarsa velocità del camion, decidono di ammazzare i 14. Con un colpo alla nuca. Tra gli assassinati, anche Bruno } Buozzi, segretario della Cgil. Quel capitano che ha in fatto . mandato a morte 14 «comunisti badogliani», si chiama Erich Priebke. E' l'ufficiale della Sicherheitsdienst di via Tasso che, fra l'altro, ha l'incarico di scoprire ed eliminare gli agenti dell'Intelligence Service, dell'americano Oss, e i capi partigiani «che contano». E' l'uomo della lista delle Fosse Ardeatine, lui, certo, il vecchio rottame arrestato in Argentina qualche settimana fa. (E del quale si attende ancora l'estradizione). Un uomo con più di 80 anni sulle spalle e tante cose (forse) da confessare ma (soprattutto) da raccontare. Quando i Servizi nazisti organizzeranno la fuga in Germania dell'intera famiglia Ciano, il capitano bello e allegro, al quale piacevano le donne che indulgevano alla droga, le damine perdute d'una high society tanto affamata da mangiarsi persino l'onore, lui Herr Hauptmann Erich Priebke si farà consegnare dalla contessa Edda Ciano i gioielli che le restavano, dandoli in custoan a donna L. G. B. Di quella notte lontana in cui con la luna arrivò la libertà, ho un ricordo vivo e lacerante. Finiva la diaspora della nostra piccola famiglia, cominciava la vita nuova. Il sapore della libertà anche per me è banalmente legato alla cioccolata americana; il profumo della libertà è, altrettanto banalmente, quello delle Lucky Strike fumate e offerte dai soldati col passo da gatti grazie alle suole di gomma; con l'elmetto di plastica dura, stravaccati sulle jeep, ovvero arrampicati in cima agli Sherman imponenti siccome dinosauri. Il 4 di giugno di dieci anni dopo, al Caffè Rosati, in via Veneto, Vittorio Gorresio mi parlò dell'arrivo degli americani. (Io li vidi soltanto il 5 di giugno, in piazza Argentina. Brancicavano le ragazze, facevano a cazzotti. Bidevano). Lui, Vittorio Gorresio, Paolo Monelli, Adolfo Franci ed Elsa de Giorgi, rapinosamente bella e frizzante, giuocavano a scopone in una camera dell'albergo Boston che l'attrice-scrittrice aveva trasformato in «base d'emergenza» (la sua casa dei Parioli ospitava altri amici alla macchia). L'improvviso chiasso della strada arrivò attraverso la finestra ed Elsa gridò: «Ci siamo», e corsero fuori. «Discendemmo per via Veneto che si era riempita di gente. Elsa non camminava né correva: saltava, sventolando in alto le mani nel desiderio di abbracciare tutti. Tutti difatti ci abbracciavamo per la strada, e in piazza Barberini si ballava sotto la luna. Ma quando, all'angolo di via Quattro Fontane arrivò un carro armato americano fu il delirio. Dietro, su per la salita se ne vedevano altri, in fila, fermi. Davanti al primo carro stava un soldato magro e altissimo, le mascelle occupate a masticare un chewing gum. Gli domandò Monelli, tanto per aver notizie: «Were do you come from?»; «From Texas», gli rispose il militare. Elsa aveva in pugno una bandierina tricolore e la porse al soldato. Serio, il soldato afferrò la bandiera e la ficcò sulla torretta come decorazione». Paolo Monelli, nel suo splendido «Roma 1943» chiudendo con questa stessa scena il suo libro, scrive che alla risposta «From Texas», ebbe «l'improvvisa vertigine In alto, Clinton con un veterano e immagini del '44. A lato, Priebke menti falsi che mi ero procurato). Facevo la staffetta per i «Vespri Siciliani», trasportavo bombe a mano nascoste in cestini di fiori, tessendo Roma con in dosso un camice da garzone. Una volta, in una fattoria nella campagna di Villa Pamphili, una partigiana mi regalò un uovo. Fresco. Due buchi e lo succhiai avidamente ma subito fui preso dal rimorso, avrei dovuto portarlo a Marussja che era anemica. Ogni tanto piombavo a casa, Mirco faceva la fila per la minestra del Vaticano, l'Annona distribuiva una ciriola di pane al giorno, scarsi cento grammi. Poi per un certo periodo mi toccò di assistere degli ebrei che da Roma noi avremmo aiutato a recarsi in Abruzzo, da dove avrebbero passato le linee con la guida di partigiani adulti, duri. Gente forte. Ricordo un anziano signore, un ebreo italiano cresciuto in Tunisia, che sistemammo insieme con la nipotina nella solita pensione, grazie a documenti falsi stampati in Vaticano che io andavo a ritirare in una chiesa di Borgo Pio fingendo lunghe confessioni. Una notte quel bravo signore mi tormentò chiedendomi: perché? Perché noi ebrei dobbiamo subire da sempre mille persecuzioni? Perché quel tale dice alla radio che dobbiamo finire bruciati, uno per uno, dice così, e che le nostre ceneri vanno disperse al vento? Si riferiva a una trasmissione di Radio Tevere del giornalista G.R., che troviamo citato nel libro di Monelli. «Il corrispondente di guerra del Messaggero, G.R. scrive, il 2 di giugno del '44: "Tre generali, Alexander, Clark e Leese, dietro le cui spalle stanno Churchill e Roosevelt, dopo 22 giorni di battaglia che hanno portato a nessun esito risolutivo, si ostineranno ad attaccare ancora nella ricerca affannosa di ciò che il combattente germanico è fermamente risoluto a negare agli invasori d'Italia"». Ero giovine, allora, quasi un ragazzo e