Clinton a Nettuno «per non dimenticare» di Igor Man

Giornata di raccoglimento per il Presidente che però non rinuncia all'ultimo jogging romano Giornata di raccoglimento per il Presidente che però non rinuncia all'ultimo jogging romano Clinton a Nettuno «per non dimenticare» «Tornerò tra un mese, mi farete pagare le tasse?» co, ognuna ornata con un piccolo garofano rosso. In tutto, settemilaottocentosessantadue. Tra il migliaio di veterani venuti a Nettuno per celebrare il cinquantesimo anniversario dello sbarco, alcuni nutrono sentimenti contraddittori nei confronti del loro Presidente, che in gioventù evitò il servizio militare e di¬ mostrò contro la guerra in Vietnam. John Bender, per esempio, un veterano dell'85a divisione di fanteria, mutilato durante la campagna per la liberazione di Roma, osserva Clinton che si muove tra le tombe: «Mi ha dato fastidio il suo attivismo contro la guerra. Ma è cresciuto. Forse è cambiato. Lo spero. Dovrebbe es¬ sere sensibile a certe cose, ma penso che lo sia, visto che è venuto fin qui». La visita al Cimitero americano di Nettuno dà il tono alla seconda giornata del soggiorno italiano di Bill e Hillary Clinton. I due di fermano a colazione con i veterani poi tornano a Roma per un incontro informale con lo staff dell'ambasciata americana che offre una delle poche occasioni ai cronisti di raccogliere una dichiarazione scherzosa del Presidente. «Il primo ministro italiano mi ha spiegato che da queste parti c'è il problema di un forte deficit pubblico. Se continuo a venire in Italia così spesso (tra un mese sarà di nuovo qui per il G7, ndr) dovrò pagare anch'io le tasse e potrò contribuire in questo modo alla ripresa economica». Un velato incoraggiamento al governo Berlusconi affinché non riduca la pressione fiscale? Il corteo presidenziale si sposta ai Fori imperiali. Il Presidente, sempre in abito blu scuro, e la First Lady, in abito nero bordato di rosa, scendono sul piazzale del Colosseo, poi, accompagnati dal sovrintendente Adriano La Regina, passano sotto l'Arco di Tito, imboccano la Via Sacra e di lì entrano nel cuore della zona archeologica. Si soffermano al tempio di Antonino e Faustina, scattano qualche foto e il Presidente strofina il marmo antico. «Ero già ve¬ nuto sette anni fa», dice, ed è l'unica frase che i pochi cronisti ammessi al seguito (si fa per dire: sono tenuti lontanissimi dal servizio d'ordine) riescono a captare durante la passeggiata archeologica. La visita dura poco più di mezz'ora. Una folla di romani e turisti aspetta la coppia presidenziale alla fontana di Trevi, ma è tutto inutile, non arriveranno mai. Si sparge anche la voce che Hillary abbia intenzione di fare shopping a via Condotti, ma lo staff della Casa Bianca spiega che non è previsto alcun shopping o altra attività frivola in una giornata di commemorazione come questa. La limousine presidenziale sfreccia lungo le vie del centro e riporta i Clinton a villa Taverna, la residenza dell'ambasciatore americano Bartholomew, dove si prevede che rimarranno fino alla cena di stato offerta dal Presidente Scalfaro al Quirinale (110 invitati, niente leader di partito). E invece, nonostante lo sfibrante scirocco, ecco che nel tardo pomeriggio, quando le decine di cronisti sguinzagliati in città hanno ormai abbassato la guardia, il Presidente, in calzoncini e T-shirt blu, sbuca dal cancello dell'ambasciata e si infila in villa Borghese per la sua ultima corsa romana. Andrea di Robilant Sulla Cassia Erich Priebke fece giusti2iare Bruno Buozzi non seppi rispondere a quel caro signore ebreo. Ora so, ora sappiamo che l'antisemitismo è colpa antica. E blasfema. Era stato il tenente Marineo, un palermitano alto e biondo, a farmi entrare nella Resistenza, agli ordini del Centro Militare clandestino. Successivamente Salvo Tomaselli mi arruolò nei «Vespri» di Peppino Sapienza, compagno di Maria Giudice, che conobbi molto più tardi, insieme con la mitica Angebca Balabanoff, a Palazzo Barberini, durante la «scissione» di Saragat. Il battesimo del fuoco, si fa per dire, lo ricevetti una notte gelida come una tela di Magritte. Il 24 di gennaio del 1944, grazie a documenti falsificati con rara perizia da Alfredo Monaco, medico di Regina Coeli, e da sua moglie Marcella, i capi del Psiup riuscirono a far uscire dal carcere Saragat, Pertini ed altri cinque importanti partigiani. Una evasione soft che poteva tuttavia mutarsi in tragedia. Io «sorvegliavo» un angolo di Ponte Sisto, con due bombe a mano in tasca, in quella interminabile fiumara di ore, dal giorno alla notte, all'alba. Tremai, forse di freddo, in tutto quel tempo. Eravamo giovani, avevamo coraggiosamente paura. Ma la paura coraggiosa cedette il passo all'odio quando apprendemmo della strage delle Ardeatine. I giornali repubblichini pubblicarono un comunicato infame per «spiegare» (e giustificare) la rappresaglia tedesca dopo l'attentato di via Rasella. Ma furono i padri salesiani di San Callisto, a scoprire, a meno di ventiquattr'ore dalla strage, annientati dall'orrore, dalla pena, i cadaveri sotto la pozzolana, ammucchiati gli uni sugli altri. Sempre i padri salesiani riuscirono ad avere la lista dei trucidati e Don Battezzati la posò nella grotta della Madonna, tra l'edera. Fu così che, giorno dopo giorno, la notizia della strage invase Roma tutta. Col dolore, con la rabbia esplose il furore e nacque l'odio: contro i tedeschi e i loro complici itabani. Con la strage delle Ardeatine, i tedeschi persero la partita, definitivamente: Roma, la Roma infingarda e attendista, bonaria, cinica, accomodante divenne di colpo fiera, una città coraggiosa. Soffrimmo la fame, a lungo, mio padre vendette persino la fede che aveva scambiato con mia madre morta, per un pacchetto di vegetina, ma sapevamo, ogni giorno di pena, che sarebbe arrivata la libertà e la vergogna sarebbe finita e l'immenso disonore. Ma il dolore no, quello sarebbe rimasto. L'odio s'è stemperato, certo. E' oramai lontano, come lontana è la giovinezza. Epperò cinquant'anni dopo sappiamo che allora, quando fummo fanciulb, non avevamo fame soltanto di pane ma soprattutto di libertà. Sicché oggi, nel ricordo di quei morti innocenti come fiori calcinati, terribili, sappiamo, oggi, che potremmo magari rinunciare di nuovo al pane ma non alla libertà. Igor Man

Luoghi citati: Italia, Ponte Sisto, Roma, Trevi, Vietnam