E lui scomunica club di Asti

E lui scomunica club di Asti E lui scomunica club di Asti Il leader dei «Riformatori» Marco Pannella Tutto, comunque, è iniziato in mattinata, quando l'agenzia Ansa ha lanciato la notizia di una conferenza stampa congiunta Berlusconi-Pannella con un ordine del giorno quanto mai vago: «Le attività di governo e le riforme istituzionali». Fonti radicali precisavano poi che l'incontro con i giornalisti nasceva da un'iniziativa del presidente del Consiglio. Il leader del pr, però, appariva assai scettico: «La conferenza stampa? Non so se ci sarà», glissava. E infatti non c'è stata. A inviare il contrordine era palazzo Chigi. Qualche minuto più tardi ecco arrivare un comunicato dei club Pannella: l'appuntamento è stato annullato, ma in compenso Berlusconi incontrerà Pannella. Seguirà possibili. Non è certo colpa degli Stati Uniti se con queste risorse, dalla seconda metà degli Anni Settanta, i partiti hanno pagato se stessi e le loro clientele. Sino alla fine della guerra fredda gli americani hanno rispettato con serietà e con efficacia il contratto firmato a Washington nell'aprile del 1949, al momento della costituzione del Patto Atlantico. Quel contratto è scaduto. Dopo la fine della guerra fredda non è immaginabile che Italia e Stati Uniti possano restare legati dai vincoli «feudali» che hanno caratterizzato i loro rapporti per due generazioni. Occorre rinegoziare la presenza degli americani in territorio italiano, occorre definirne gli obiettivi e i limiti. Quello che era, ancora ieri, legittimo e giustificato può diventare domani assurdo e intollerabile. Un esempio fra molti. E' ammissibile che le basi italiane vengano utilizzate per azioni contro la Serbia senza che l'Italia partecipi al «gruppo di contatto» incaricato di seguire le vicende bosniache? Un Paese non può prestare il proprio territorio ad azioni di guerra senza assumere, nel bene e nel male, le responsabilità che ne derivano. La definizione dei nuovi rapporti fra l'Italia e l'America s'inserisce nel problema maggiore dei rapporti fra l'America e l'Europa. Il negoziato non sarà né breve né facile. Ma abbiamo l'impressione che durante il viaggio di Clinton a Roma questi temi siano stati offuscati da altre esigenze. Clinton aveva bisogno di una «Roman holiday» con cui dare smalto alla propria immagine, Berlusconi aveva bisogno di una benedizione che mettesse a tacere le sortite saccenti e querule di alcuni uomini politici europei. La storia e la cronaca - il cinquantesimo anniversario dello sbarco in Normandia, la polemica italiana su fascismo e postfascismo hanno trasformato un incontro politico in una «photo opportunity». Nello stile e nella tradizione di altri incontri fra Italia e Stati Uniti il Presidente degli Stati Uniti e il presidente del Consiglio si sono scambiati quel tanto di retorica italo-americana che poteva giovare alle contingenti necessità dell'uno e dell'altro. Forse Martino e Christopher, nel frattempo, parlavano di cose serie. Speriamo. Sergio Romano ASTI. Può un «Club Pannella» scendere in campo alle elezioni amministrative senza in consenso del leader nazionale? La questione sta animando la campagna elettorale ad Asti. Ieri mattina «pannelliani doc» guidati dal capolista alle Europee Olivier Dupuis, in una conferenza stampa, hanno confermato la «scomunica» della lista «Referendari-Club Pannella» presentata per le comunali con la candidatura a sindaco di Renato Longo. Dupuis ha smentito che la scelta romana sia da collegarsi al passato di Longo, fiancheggiatore, fino a metà degli Anni Ottanta, delle Brigate Rosse, coinvolto nella cattura di Moretti: «Il nome di Pannella, può essere usato solo con il suo consenso». Longo e gli altri candidati locali hanno contestato: «Marco è un leader, non il padre-padrone». [s. mir.] conferenza stampa solitaria del leader pr. I giornalisti, a questo punto, si erano incuriositi: che cosa ci sarà sotto? Perché Berlusconi si è tirato indietro e ha annullato la conferenza? Perciò nella sala stampa di Montecitorio, verso le quattro e mezzo del pomeriggio, iniziavano ad affluire i cronisti. Ma il tempo passava e di LA PIETRA ANGOLARE DELLA DESTRA to prima della firma delle leggi razziali» del '38, dall'epoca successiva. Certo, se accettassimo la prevalenza positiva del presunto progresso sociale conseguito dal regime, relegando in secondo piano la soppressione delle libertà imposta da Mussolini, dovremmo poi essere coerenti con tale assurda premessa: non potremmo più condannare Deng Xiaoping per la modernizzazione della Cina realizzata anche sulla pelle degli studenti di piazza Tienanmen. O magari dovremmo rivalutare «il miracolo sovietico» operato da Stalin. Ma non è neppure questo il punto, benché la tesi di un fascismo «buono» fino al '38 desti scandalo in chiunque sappia leggere la storia con obiettività. Ciò che davvero allo stesso Fini preme affermare, è che l'identità della destra italiana non può prescindere dal riconoscersi nell'esperienza fascista. Pare rivolgersi anche a Berlusconi, Pannella si erano perse le tracce. Era saltato anche l'incontro? Esatto. Altro comunicato, altro rinvio: il faccia a faccia tra il leader radicale e il presidente del Consiglio dovrebbe tenersi stamattina. Il condizionale, naturalmente, è d'obbligo. Anche perché per dare l'annuncio del mutamento di programma, il capo del pr dettava, a nome del mo¬ nell'affermarlo, quasi a prevenirne un sempre più improbabile assestamento in quel centro che fu democristiano: bada che se in Francia l'identità della destra si fonda sull'eroe antifascista De Gaulle, se in Inghilterra si fonda sul combattente antinazista Churchill, in Italia la destra non può che rintracciare la sua identità in Mussolini. Perché il liberale Luigi Einaudi non ha certo la forza evocativa di rappresentarla. E allora anche l'altra affermazione inquietante di Fini («Ci sono fasi in cui la libertà non è tra i valori preminenti») va letta nella stessa prospettiva. E' certo una, magari involontaria, marcia indietro rispetto al riconoscimento dei valori della democrazia rappresentativa; una marcia indietro inevitabile da parte di chi riconosce nel fascismo la pietra angolare della nuova destra. Ma soprattutto denuncia un tratto costitutivo, quasi istintivo, di questa destra italiana: cioè ne rivela la pulsione costante all'esercizio della forza che - magari anche in nome e per conto del consenso popolare conseguito - spinge a violare le regole pur di centrare l'o¬ biettivo. Da oggi la smetteremo di interrogare Fini sulla sua disponibilità a rompere con quel tanto di esperienza fascista di cui il suo partito è stato portatore. Sappiamo che non vuole farlo, che anzi lo riterrebbe abnorme e dannoso. Ma sbaglierebbe chi ritenesse residuale e marginale tale questione, a cominciare dal premier Berlusconi con cui Fini stesso cerca un rapporco sempre più organico. Può darsi che l'egemonia comunista sulla cultura dell'antifascismo italiano (ma non dell'antifascismo europeo, si badi bene), abbia finito per desensibilizzare ampi settori di opinione pubblica. Può darsi che la lunga serie di problemi irrisolti nell'Italia di oggi seppellisca di indifferenza questi conti inevasi col fascismo, tanto più che nessuno realisticamente può paventarne il ritorno. Ma, possiamo esserne certi, come tutti i problemi irrisolti anche questo non smetterà di condizionare la costruzione del nuovo edificio della destra italiana, e dunque lo stesso governo del Paese. Gad Lerner