I progressisti d'Italia, così raffinati...

I progressisti d'Italia, così raffinati... I progressisti d'Italia, così raffinati... Loro salvano il buon gusto, gli altri vincono le elezioni M— ROMA INORITARIA, non c'è dubbio. E tramortita, sconfitta, peggio sconfit tista. Afona, quindi, e prevedibilmente out, stanca e concitata, svenevole e nevrotica, a tratti ansiogena. E poi arretrata, malata, esagerata, schiacciata, disperata, scontata... Perché tutto si può dire della sinistra italiana, davvero tutto il male possibile, ma non che sia Kitsch. E il guaio è che di questo, in fondo, si accontenta, anzi ne è pienamente appagata. Salvano il buon gusto, cioè, i progressisti, e gli pare di vincere. Invece di norma perdono le elezioni, ma il dubbio è che ciò accada proprio perché la loro è una forza politica sempre più ricercata, raffinata, perfino stravagante e comunque dotata di efficacissimi anticorpi estetici. Con grande fatica un ipotetico Henschel troverebbe qui materiale fresco per un analogo repertorio di cadute di gusto sull'Unità, il Manifesto - figurarsi - o MicroMega. Forse, per trovare qualcosa, ALE La vera novità, piuttosto, sta nel fatto che, da fine che era, la sinistra italiana è addirittura diventata snob. Ma così snob, così cinicamente, maledettamente e autolesionisticamente snob da permettersi il lusso di sostenere che uno dei suoi leader, Occhetto, ha una capigliatura che ricorda la frangia di Manuela Marrone il giorno in cui s'è sposata con Umberto Bossi. Somiglianza che del resto si può verificare attraverso la videocassetta nuziale posta in vendita, in un trionfo di altri effimeri ninnoletti, grazioso ciarpame e pelliccioserie varie, al congresso della Lega. E infatti: anche oggi la sinistra, in Italia, non è, non può essere Kitsch se non altro perché il genere risulta monopolio dei suoi avversari. Tanto più vincenti, come al solito, quanto più volgari. Valutazione certo consolatoria, eppure difficilmente contestabile, e non solo perché in linea di massima nei Paesi democratici il potere finisce per identificarsi nell'ordinario e nel dozzinale, con ri¬ Maria Fida Moro: sua una preghiera per i militanti di Rifondazione comunista. A sinistra il segretario del pds Achille Occhetto dovrebbe scavare nel passato remoto, giù, giù, nelle radici della Quercia, fino al pei degli Anni 50. Dovrebbe sfogliare con la dovuta malizia le collezioni polverose di Vie nuove e di Noi donne, soffermarsi sul concorso «L'angioletto della libertà», concorso a premi per neonati. Dovrebbe forse prendere in esame, sempre ovviamente con il necessario cinismo, la feto del bimbetto vestito da Pierrot alla festa dell'Unità di Poggio Mirteto o i ricordi dei partecipanti alla crociera sulla nave «Ivan Franco» nel Mar Nero. Ma sarebbe un gioco scorretto. Se pu¬ re è vero che il vecchio pei era decisamente più Kitsch (e non a caso politicamente più saldo e di massa) dell'attuale pds, quegli antichi scivoloni di stile vanno confrontati con i più spaventosi modelli estetici della parrocchietta democristiana o del cupo reducismo nostalgico. Per cui, senza farla troppo lunga, anche rispetto a Gava che diceva «cacchiarola», a certe mascherate craxian-garibadine o ai nefasti socialdemocratici, in quella che si chiama la Prima Repubblica i progressisti sono sempre stati i più eleganti (e in genere sconfitti).

Luoghi citati: Italia, Poggio Mirteto, Roma