Due «piccioni» tra i romani in festa di Paolo Guzzanti

Due «piccioni» tra j romani in festa Due «piccioni» tra j romani in festa Presidente e sindaco, un bagno di folla sotto il sole Al Campidoglio per la prima volta le giovani coppie soppiantano la vecchia nomenclatura italica NEW YORK TIMES programma che serve a ricordare a noi europei che senza gli sbarchi americani saremmo ancora a combattere con lager e gulag, che cosa c'è di meglio che esporsi anche come prodotto, come salute, come nuotatore professionista del bagno di folla? Ed eccolo presentarsi di buon mattino al Pincio e con passo da sellerone (appesantito cioè nel treno posteriore), manine un po' a ciondolo, corsetta in canotta. Per Roma ieri, non solo a causa dei Clinton, è stata una giornataccia infernale. Non si usciva di casa. Macchine nere dei servizi segreti americani, macchine nere dei servizi segreti italiani, carabinieri, diplomatici, vigili urbani messi a lustro con i cordoni e la passamanerie, carri attrezzi, bande di ottoni che si venivano incontro con altre di archi per formare i concerti del 2 giugno, Festa della Repubblica. E Clinton che correva al Pincio, Hillary che andava a piazza Navona per farsi il suo piccolo bagno di piccola folla con i ragazzini della Emanuele Gianturco, che è la scuola che guarda dentro al Pantheon. E poi Roma trafitta perché la coppia andava in Vaticano con tutto il suo corteo: e dobbiamo registrare che a via della Conciliazione non c'era quasi nessuno, niente ali festanti. Quello che è successo dentro le mura di San Damaso lo sanno soltanto i protagonisti, ma abbiamo visto un Papa polacco che sembrava più scocciato che altro, di dover discutere con questi due vincenti della politica di opinioni così distanti dalla visione cattolica. Il sindaco Rutelli ha avuto l'idea carina e anzi geniale di far trovare al Presidente sci persone nate nel '44, quando Roma fu liberata e i romani erano impazziti di gioia: tanto impazziti che per uno scherzo diffuso, quasi una parola d'ordine, si chiamavano fra loro «a' Gionzòn», storpiando un cognome che sentivano spesso fra la truppa. E l'idea di Rutelli è stata quella di mescolare nel bagno di folla sei romani nati in quei giorni e che per questo furono chiamati Amerigo, America e simili. Clinton forse non sa che, Kennedy a parte, la capitale italiana non ha mai festeggiato troppo i primi cittadini americani, perché c'era quasi sempre di mezzo una guerra, quella del Vietnam, e una sinistra - in questo sintonica con i fascisti come Rauti - animata dal più urlato anti-americanismo. Clinton ha cercato di pronunciare qualche parola in italiano, come «amici» e «alleati», e insomma ce l'ha fatta. Berlusconi, che va forte col francese, si è lasciato scappare un «I beguin?», per dire «Comincio io?», che se lo poteva risparmiare. Però poi andava a braccio alla pari con Bill nel rispondere ai giornalisti, cosa di cui non ricordiamo precedenti. Abbiamo anche visto che al caravanser¬ raglio della stampa americana al seguito del Presidente non importava un fico secco della questione dei ministri fascisti italiani, ma quei reporter martellavano Bill sulla Corea e le sue indiscipline nucleari, cosa di cui a noi in Italia non importa un fico secco di ritorno. Così Clinton ha capito che appena torna a casa, oltre alla stretta degli scandali, si troverà messo in mezzo sulla questione coreana. Paolo Guzzanti

Luoghi citati: America, Corea, Italia, Roma, Vietnam