JOE COCKER La memoria di Woodstock di Marinella Venegoni

JOE COCKER Incontro con il cantante che rivivrà lo storico raduno JOE COCKER La memoria di Woodstock AMSTERDAM DAL NOSTRO SVIATO JNV Venticinque inni dopo la leggendaria perfor lance di «With a Little Help Fnm My Friends», Joe Cocker torn rà a cantare a Woodstock, in ag >sto. Vi festeggerà anche le nozze d'argento con la gloria: in quei lontanissimo giorno caldo e piovi so se la trovò addosso all'improwi o, davanti a cinquecentomila p rsone, nel raduno del secolo, che Dra alcuni impresari stanno per icreare. Ce lo ha annunciato lui stesso, in un albergo qui ad Amstrdam, ridendosela per le molte Woiìstock che si prospettano, in conibrrenza, nel venticinquennale apstano: «Ha sentito, della Woods Dck vegetariana? Non riesco a iirnaginarmi che cosa diavolo possi essere», dice. Ha i capeji cortissimi ora, Joe. Vestito tuttodì nero, sembra un signorino e njn uno smandrappato com'eravani abituati a ricordarlo. Una pancetji maestosa è il segno più evidente dell'ultimo passo avanti sullattrada della regolatezza: da un amo ha smesso di fumare. Smetterà di bere? Beh, calma, una cosa per volta: e poi mica si deve fare frke. Però il viso liscio, la parlata chara, gli occhi brillanti di questo giovanotto che ha compiuto cinquait'anni dieci giorni fa, denunciano imo stile di vita senza sospetti. Ljinciclopedia rock di «Rolling Stpie» ricordava senza tanti complinenti: «I suoi eccessi nelle droghi e nel bere gli hanno guadagnatala reputazione di vomitare speso sul palco; ogni sua tournée apjare un ritorno insperato». Invecepra Joe ha una vita impegnatissirja: con la moglie Pame¬ la sta finen con 40 cavilli sulle montagne del Colorado. o di costruire un ranch dopo Woodstock II, inizierà dalBudafrica un tour di un anno interi con un disco che esce all'inizio diettembre: «Have a Little Faith», pieno di hit potenziali, fra soul, blues e pop cantati con la mitica timbrica di cartavetro addolcita da una vita sana. E' poi pronto un documentario sulla sua vita, dove si vede anche il padre ottantaseienne che mai è andato a un suo concerto («c'è troppo rumore», dice). Infine, in novembre, l'Università di Sheffield, la sua città che lo vide benzinaio, gli conferirà la laurea honoris causa. Perché tornare a Woodstock? «Io proprio non volevo, poi ha molto insistito il mio vecchio manager Michael Lang, coinvolto in uno dei progetti. Ho capito che si è messo con 5 partners perché non è come allora: qui c'è un business colossale. Ci saranno i Pearl Jam e i Guns N'Roses e, degli originali, io, Crosby Stills Nash & Young, Carlos Santana. Dicono che si aspettano 300 mila persone. Però sono più contento di andare in Sudafrica a cantare: noi inglesi, da quelle parti, abbiamo qualche responsabilità». Si ricorda com'era, lei, quando andò a Woodstock? «L'altro giorno giravo un video a New York e qualcuno mi ha detto: "Che strano, fai un video e riesce il film di Woodstock in digitale": sono andato in una saletta a rivedermi mentre scendevo con l'elicottero sulla folla. Com'ero? Mah, mi ero già rotto il naso due volte». Cos'era successo? «Beh, sa com'è. Mi ubriacavo. Però ero un ragazzino pieno di energie, e quelle energie h non le ritrovo più». Si ricorda come ci finì, a Woodstock, nel '69? «Eravamo già stati due volte in tournée negli States, con la mia Grease Band. Alla fine del secondo tour, veniamo a sapere che ci sarà qualcosa di veramente grosso e stiamo sull'attenti finché ci scritturano. Woodstock fu come un gigantesco clip che propagandava l'apice del movimento hippy. Si pensava che quell'ondata di pace, amore e musica non finisse mai. Invece, da allora in poi fu come se tutto crollasse». Aveva un'idea precisa di che cosa sarebbe stato il concerto, prima di andarci? «Mi avevano detto che al massimo ci sarebbero state 100 mila persone, che già erano tante. Ma quando arrivai in elicottero su quell'oceano di leste mi sentii male. Mi appoggiarono giù e finii dritto sul palco, senza neanche il tempo di farmela addosso dalla paura. Avevano un buco ed eravamo gli unici pronti a suonare». Com'era, il feeling? «Zero. Era di pomeriggio presto, pioveva, e ognuno dei cinquecentomila si stava facendo gli affari propri. Chi mangiava sandwiches, chi fumava erba, chi prendeva qualunque altra cosa. Per attirare l'attenzione, ho anche parlato un po'. Niente. Allora ho pensato: ve la dò' io. E ho fatto "Let's Go Get Stoned" di Ray Charles, il mio maestro: e finalmente hanno cominciato a guardare in su. Tra l'altro, nella versione digitale del film "Woodstock" ci sarà quel brano». E dopo, cosa successe? «Pioveva forte e non si poteva ripartire. Così, mi fermai nel backstage per 4/5 ore, fumai un po' di marijuana e come me tutti quanti». Qual è la differenza fondamentale, fra Woodstock '69 e '94? «Uno guarda il film dell'epoca, e non vede neanche una scritta "Pepsi". Un altro mondo. Non so se ci si potrà ancora accampare, ho sentito parlare di un hotel a 5 stelle nei dintorni, con uso di limousine, per 10 mila dollari. Pazzesco: mi sembra un'idea per niente fedele all'originale». Quanto tempo dopo Woodstock ha capito che diventava famoso? «Pete Townshend degli Who ha sempre detto che a loro l'apparizione laggiù non era servita a niente. Non sono d'accordo: io mi resi conto del successo quando il film cominciò a girare per il mondo. Ci volle tempo perche all'epoca l'unico posto in cui si facevano concerti erano gli Stati Uniti: in Europa, niente». Qual è secondo lei la differenza fra un giovane di 25 anni fa e uno di adesso? «Penso a Kurt Cobain dei Nirvana che si è ammazzato. Questa è la differenza: io sono ancora qui e mi chiedo ora perché, quando andavo fuori di testa, nessuno mi sia mai venuto a dire: "Hey Joe, attento che ti stai uccidendo". A quell'età ce l'hai col mondo; e se vedi uno che sta sballando, sono fatti suoi. Mi è spiaciuto che nessuno lo abbia aiutato. Lui ha detto che non riusciva più a provare passione». Lei l'ha ritrovata, invece. «Sì, ma l'ho persa a lungo, e ho faticato a ritrovare me stesso. Può succedere. Sono stato in confusione mentale, il palco era un incubo. Oggi i ragazzi hanno più distrazioni, credo: hanno tutti questa fregola del modo di vestire. Quand'ero giovane io, ci vestivamo come capitava. La nostra è stata una generazione che si viveva di più le proprie emozioni». Marinella Venegoni Venticinque anni dopo la leggendaria performance 3 celebrazioni in concorrenza vrà lo storico raduno Venticinque anni dopo la leggendaria performance 3 celebrazioni in concorrenza JOE COCKER La memoria di Woodstock oe Cocker e in alto due momenti del mitico raduno Joe Cocker e in alto due momenti del mitico raduno

Luoghi citati: Amstrdam, Colorado, Europa, New York, States, Stati Uniti, Sudafrica