L'indipendenza della Banca d'Italia e le stragi del cattolico Ruanda

L'indipendenza della Banca d'Italia e le stragi del cattolico Ruanda AL GIORNALE L'indipendenza della Banca d'Italia e le stragi del cattolico Ruanda «Una situazione molto preoccupante» Come è stato riportato dalla Stampa ieri mattina in una corrispondenza di Sergio Luciano, il sottosegretario agli Interni, l'onorevole Gasparri di Alleanza Nazionale, ha seccamente dichiarato che l'attuale vice direttore Padoa Schioppa non può e non deve essere chiamato a ricoprire il posto lasciato vacante da Lamberto Dini, divenuto ministro del Tesoro. Questo evidentemente perché, a parere dell'onorevole Gasparri, le ragioni politiche del Padoa Schioppa non collimerebbero con quelle della maggioranza. A parte il giudizio di merito su Padoa Schioppa, che è un qualificatissimo dirigente della Banca d'Italia e che ha sempre mantenuto una posizione d'indipendenza politica, come è del resto nel complesso della tradizione dell'Istituto, la dichiarazione del sottosegretario agli Interni, come ho subito sentito il dovere di sottolineare, pone un problema molto difficile al Governatore Fazio. Infatti se egli proponesse di affidare a Padoa Schioppa l'incarico reso libero da Dini ciò significherebbe, se le dichiarazioni rese da Gasparri riflettono il parere del governo, un contrasto con il governo stesso. Se d'altra parte, invece, egli non nominasse Padoa Schioppa, che oltretutto ha titoli professionali per ricoprire più che degnamente quell'incarico, il Governatore non potrebbe impedire l'impressione che l'autonomia e l'indipendenza della Banca d'Italia sarebbe stata vulnerata. E lo sarebbe stata proprio da un governo che ha avuto molti consensi proprio sulla base di una campagna elettorale condotta contro le ingerenze dei partiti nelle istituzioni. Proprio questo è il tema, per esempio, su cui è ritornato, a mio avviso giustamente, il Presidente del Consiglio con un'intervista di ieri ad un quotidiano del Nord. L'indipendenza della Banca d'Italia è stata rispettata anche negli anni delle più deteriori tendenze partitocratiche e non può certo venir meno ora. Credo dunque necessario un intervento esplicito del Presidente del Consiglio o quanto meno da parte del ministro del Tesoro, che prenda le distanze dalle posizioni espresse dal sottosegretario agli Interni, e che affermi chiaramente di rimettere tale decisione alla piena autonomia della Banca d'Italia. Un passo simile sarebbe a questo punto indispensabile, per quanto temo che, anche se venisse compiuto, non sarà comunque sufficiente ad evitare la situazione preoccupante che si è venuta a creare. Giorgio La Malfa, Roma Segretario politico del partito repubblicano italiano Chiesa, o santa o peccatrice Il concetto di Chiesa santa e al tempo stesso peccatrice non convince. I mea culpa pronunciati di recente per scusare gli errori del passato (inquisizioni, crociate e la compartecipazione all'Olocausto, di cui si parla in questi giorni) hanno il sapore d'un chiedere scusa alla storia, solo perché ormai la storia non si può più nascondere. Come si può essere santi e peccatori nello stesso tempo? All'adultera pentita Gesù ingiunse: «Non peccare più». Ovvero, lo si può solo se i peccati sono errori dovuti all'umana natura. Non rientra in essi il genocidio che si sta verificando in Ruanda, il Paese più cattolico di tutta l'Africa con una popolazione del 54 per cento di fedeli alla Chiesa di Roma. In futuro, qualcuno chiederà scusa anche per questo? E a chi? Lì non ci sono «eretici» o ebrei da riabilitare, ma solo cattolici brutalmente massacrati da altri cattolici. Da quale Chiesa potranno mai essere proclamati martiri gli uccisi? Dalla stessa che ha avuto una parte nel loro martirio, per mano di coloro che solo qualche ora prima avevano ricevuto la comunione? La Chiesa santa e «peccatrice» deve essere tutt'altra cosa. Deve seguire le indicazioni di Gesù: «Amate i vostri nemici» e «Vi riconosceranno dall'amore che mostrate fra voi». (Matteo 5, 44; Giovanni 13, 35). Può non essere facile riconoscere dove oggi si trova; è comunque molto facile capire dove invece non si trova. Alberto Bertone Moncalieri (Torino) Politici, molto trucco e poche idee I recenti avvenimenti politici hanno palesato che la metodologia politica è mutata, la sostanza e i contenuti contano poco, prevale l'immagine, la forma vuota. Volti nuovi e vecchi, ben curati, molto trucco e poche idee. Nuovi e riciclati uniti dallo stesso slogan, un presunto e totale rinnovamento. La demagogia è da sempre stata una valida arma politica, ma oggi assume una rilevanza notevole, grazie ai potenti massmedia, in particolar modo le tv. Un nuovo prodotto ha sconvolto il «mercato» politico. Ma la caratteristica essenziale dei messaggi comunicativi è la loro natura subli¬ minale, l'efficacia delle cose non dette, latenti, avallate dalla strutturazione del linguaggio e dalla costruzione delle immagini. La concentrazione di questi poteri nelle mani di pochi, circondati da abili opinionisti e da esperti delle psicologie delle masse, hanno giuoco facile nel convincere milioni di seguaci fedeli delle telenovele. C'è gente apatica, intenta a perseguire i miti del mondo consumistico, successo, soldi e danaro; e in questa sua pazza corsa non ha alcun interesse a fermarsi a pensare. Anzi, si sente tutelata da una società dalle regole ambigue, poiché si identificano in personaggi rampanti, sono ammaliati solo dal dio denaro. Una parte della nazione non distingue fra la sfera del pubblico e del privato, tutto serve nella corsa al potere, e se qualcuno mostra delle carte vincenti nella sua vita privata, allora è pienamente legittimato a conquistare il potere, anzi lo si dovrebbe favorire senza avanzare dubbi critici; l'uomo moderno prova fastidio nel pensare, sembra poco produttivo. L'attaccamento ai valori, la tradizione storica, il passato politico e culturale individuale conta poco, non è alla moda. Basta celarsi dietro false costruzioni di immagini da vincenti e gli errori del passato, le lacune intellettuali, le baggianate commesse scompaiono, e si raggiunge l'apoteosi. Salvo Fallica Paterno (Catania) «SS, tema storico non fantastico» Vorrei chiudere una volta per tutte la polemica col rettore dell'Università di Padova: lui le SS può sentirle antiche come i lanzichenecchi, ma non può impedirmi di scrivere e dire che molte sono ancora vive, hanno 70 anni, stanno benone, e qualcuna è addirittura tornata nella città dove io vivo, dove il rettore lavora, e dove quella SS, con i suoi compagni, aveva seminato in sette settimane 56 cadaveri tra fucilati e impiccati. Mi stupisce che il rettore prosegua la polemica su questo giornale, sul quale sono intervenu¬ to più volte contro il ritorno di quella SS che veniva per essere (nessuno mi crederà) festeggiata. Dove mai è possibile un atto del genere, se non nel Veneto? Qui gli abitanti delle campagne non sapevan neanche dove si combatteva, per chi, perché. Quando cadeva un paracadutista lo nutrivano per mesi senza capire se era francese, inglese, americano. La fine della Seconda guerra mondiale ha messo in contatto due estremi, piloti paracadutisti spie aguzzini traditori di tutto il mondo, e contadini immobili da millenni, tra casa stalla e campagna: l'innocenza e la violenza. Sì, bel tema per un romanzo, come dice il rettore, ma proprio perché non è un tema fantastico: è un tema storico. All'inizio del romanzo dico che ormai è diventato possibile che qualcuno colleghi questi grandi eventi alla rinfusa, Napoleone con le SS, Hitler con i dragoni. Ma vedo che c'è anche chi fa scendere in Italia le SS contro don Abbondio e Lucia Mondella. Devo un'altra spiegazione, ai lettori di questo giornale: qualcuno vorrà sapere com'è finito, poi, l'incontro con quella SS tornata sui luoghi delle stragi. C'erano a incontrarlo anche tre sopravvissuti alle torture, e lui è scappato. Tornasse oggi, il trionfo sarebbe garantito. Ferdinando Camon «Mattei, disastro senza sabotaggio» Si è favoleggiato e speculato frequentemente sul disastro di Bescapè, nel quale trovarono la morte un valente pilota, l'ing. Enrico Mattei e un americano che lo accompagnava. Un tizio ha speculato scrivendo un libro di fantasia. Ora spunta Buscetta con l'ennesima favola! Sul disastro aereo indagò a fondo una Commissione di inchiesta di ben 11 persone che accertò le cause del disastro evidenziando che non vi era stato alcun sabotaggio del velivolo. La relazione di inchiesta è rintracciabile presso gli archivi di Civilavia a Roma Eur. Arcangelo Paoletti, Roma