Perché Bill ci strizza l'occhio di Igor Man

Perché Bill ci strina l'occhio Perché Bill ci strina l'occhio II Bel Paese cuscinetto tra due polveriere CREDIT-CARD AL CAVALIERE ALLA vigilia del suo viaggio in Italia, il presidente Clinton «ha dato il via» al governo Berlusconi. Credit card americana, dunque, al Cavaliere. E questo nonostante la presenza di repubblichini, neofascisti o postfascisti nel primo gabinetto della Seconda Repubblica italiana (Terza, se contiamo quella di Salò?). «Penso - ha dichiarato Clinton al Tg5 -, che sia assolutamente prematuro credere che la loro presenza nell'esecutivo preluda ad uno spostamento dell'Italia verso la destra estrema (...) le etichette non contano, i politici vanno giudicati in base al loro operato». Ben detto; anche le ovvietà fanno peso in politica, specie in politica estera. E tuttavia sbaglierebbe chi pensasse che l'attuale «disponibilità» degli Stati Uniti «a collaborare con l'Italia» equivalga ad una cambiale in bianco rilasciata sull'altare del «D-Day», celebrato non per ricordare la sconfitta della Germania (nazista) e dell'Italia (fascista) bensì (sono sempre parole di Clinton) per celebrare il ritorno della democrazia in Europa. La credit card a Berlusconi e in buona parte frutto della riscoperta americana dell'Europa. Di fronte alle umiliazioni pressoché quotidiane che vengono da Haiti, dopo il disastro somalo, i troppi cambiamenti di rotta in Bosnia e il moltiplicarsi dei problemi posti dalla Corea del Nord, i consiglieri del giovine Presidente tenacemente proteso alla ricerca di un successo, sembrano essersi convinti che il viaggio in Europa possa rappresentare, come suol dirsi, «una svolta». Contro la linea cosiddetta asiatica del vecchio Warren Christopher, (dato da qualcuno in partenza) sarebbe prevalsa, quindi, la collaudata linea eurocentrica. Nell'ottica di chi consiglia Clinton, il nuovo eurocentrismo americano avrebbe tre poli principali: Russia - trasformazione della Nato - Medio Oriente. Sicché l'Ita¬ lia, pur nella sua modestia di piccola potenza, potrebbe tornare utile alla Superpotenza. Che non pretende, come ha detto ancora Clinton, di comandare il mondo: vuole soltanto guidarlo. Nel segno della democrazia, delle libertà fondamentali. Per chi non l'avesse capito, questo significa che il «via libera» al Cavaliere esclude ogni appeasement nel caso (disgraziato) di una involuzione politica in Italia. Certamente il Presidente del Consiglio deve l'apertura di credito anche alle ampie assicurazioni date dal neoministro degli Esteri professor Martino agli ospiti americani durante il suo recente, rapido viaggio negli Stati Uniti. Stimato per il suo egregio cursus accademico, forte di amicizie serie, favorito nell'approccio dal suo tratto d'antico signore, aiutato da un sorriso tra l'ironico ed il modesto (saper sorridere è importante in diplomazia; lo è soprattutto negli Statesi, il nostro ministro degli Esteri si è fatto in certo senso garante della democraticità del nuovo governo italiano. Il Palazzo romano tutto potrà accettare fuorché «derive autoritarie»: questo in buona sostanza ha detto Martino ai suoi interlocutori. Che gli hanno creduto, come dimostra il «via» di Clinton. Di pari passo con l'offensivagaranzia, il professor Martino ha puntato al bersaglio grosso: vogliamo più voce in capitolo, non si vede perché non dovremmo far parte del Consiglio di sicurezza allargato; insomma l'Italia dopo anni di anticamera vuole entrare nel salotto buono. Per vedersi riconosciuto questo «diritto» sarebbe addirittura disposta, in linea di principio, s'intende, a mandare suoi soldati nelle aree di crisi, al servizio dell'Onu. Le cronache ci dicono dell'imbarazzo americano di fronte ai desiderata del professor Martino. Imbarazzo espresso dai cortesi, addirittura affettuosi, «ni» in risposta alle sue generose esternazioni. Orbene, se veramente l'amministrazione americana punta sull'opzione eurocentrica piuttosto che sulla via asiatica, in questo caso l'Italia avrà il suo da fare. A Roma fra i tanti enti pleonastici ed i troppi circoli inutili ve n'è uno composto di saggi: il Circolo di Studi Diplomatici. Ne fanno parte ambasciatori a riposo (illustri e meno illustri) che continuano a coltivare la materia alla quale hanno dedicato i migliori anni della loro vita. Ebbene, codesti ambasciatori hanno inviato una lettera aperta ad Antonio Martino nella quale con garbo estremo ma con altrettanta fattualità indicano al neomistro degli Esteri «alcune priorità». Che a ben guardare son sempre le solite della nostra eterna politica estera. Con qualche correzione, tuttavia. Che non fosse più tempo di giuocare di rimessa lo aveva ben capito De Michelis ch'ebbe non poche intuizioni andate perdute anche a causa, forse, d'una politica estera tutta in forcing (sempre per rimanere nella metafora calcistica). Niente giuoco di rimessa, dunque, né forcing. L'ideale sarebbe una zona mista. Vale a dire occuparsi, fuori da ogni grandeur, e preoccuparsi del ruolo naturale del nostro Paese, senza perder d'occhio spazi diversi (vedi l'Europa di Maastricht, magari aggiornata). La mappa geostrategica colloca l'Italia fra la vecchia e la nuova polveriera d'Europa; tra i Balcani ed il Medio Oriente. A un braccio di mare dal Nord Africa dove il montare dell'integralismo islamico non è un volgare dispetto del demonio ma la conseguenza fatale di un post colonialismo dissennato, stalinista oltreché ladrone. Chi scrive segue la politica estera del nostro Paese oramai da cinquant'anni e sente di poter dire che alla Farnesina la squadra di Martino è davvero eccellente, come non accadeva dai tempi di Gaja, di Malfatti, di Ducei. Se il professor Martino riuscirà a conservarsi umile, nobilmente umile come lo furono De Gasperi e suo padre, se il Cavaliere accetterà la zona mista narcotizzando ogni tentazione neo-gaullista in salsa brianzola, l'Italia potrà e saprà fare una politica estera seria, preziosa per la pace e il benessere di tutti. Un vecchio proverbio mediorientale ammonisce: «Chi è potente deve essere paziente ma l'impazienza non è consentita a chi potente non è. I galloni bisugna guadagnarseli sul campo». Igor Man I Penisola strategica a metà strada fra i Balcani e il Medio Oriente Il presidente Usa Bill Clinton. A destra, il ministro degli Esteri Antonio Martino