Assalto all'asilo per portar via i figli di R. Cri.

Milano: la donna, olandese, aveva abbandonato il marito e i tre piccoli il mese scorso Milano: la donna, olandese, aveva abbandonato il marito e i tre piccoli il mese scorso Assalto alKqsilo per portar via i figli Aiutata da un complice Il blitz dopo giorni di appostamenti Sono ruggiti con due bambini Il terzo è stato nascosto dalla cuoca La maestra accusa «Ho provato a fermarli, ma mi hanno picchiata» MILANO. E' venuta apposta dall'Olanda, spalleggiata da un robusto connazionale, per riprendersi con la forza i tre figlioletti. Regina Jacoba van der Hoogen, 32 anni, la protagonista del blitz, aveva abbandonato un mese fa la sua abitazione di Guido Visconti, in provincia di Milano, lasciando il marito Pietro Tarantola, 36 anni, titolare di una ditta che commercializza riso, e i tre figli, Daniele, di 6 anni e i due gemelli Matteo e Raffaella, 3 anni. Ieri mattina, dopo giorni di appostamenti nei pressi dell'asilo comunale frequentato dai piccoli, la donna, accompagnata da un complice poi identificato dai carabinieri come un camionista di nazionalità olandese, è riuscita con la forza a trascinare via due dei tre figli, dopo aver sopraffatto e gettato a terra più volte la maestra che cercava di opporsi. Alla drammatica sequenza hanno assistito, impietriti dallo spavento e in lacrime, 25 bambini di età compresa tra i 3 e i 6 anni, che frequentano l'asilo della frazione Vigano di Gaggiano, e che, all'arrivo dei carabinieri, si sono addirittura nascosti dietro ai piccoli banchi. Racconta l'educatrice Ermelinda Pedretti: «Ieri mattina, saranno state le 9,15, quando ormai quasi tutti i piccini che frequentano l'asilo erano entrati in classe, ho sentito suonare il campanello dell'ingresso. Mi sono affacciata e sbirciando da dietro ai vetri della finestra, ho visto che fuori c'era una donna che ho subito riconosciuto come Regina Jacoba van der Hoogen, e uno sconosciuto, dalla corpo- I MISTERI DI UN MANIACO FIRENZE DAL NOSTRO INVIATO Cimitero, intimità in auto, guardone con pistola, grande paura. Quanto grande? Da consigliare anni di silenzio? Di più: anche da rinnegare le proprie deposizioni e accusare i carabinieri di turpi suggerimenti e insistenti pressioni, insomma, di aver costretto un teste a parlare di Pietro Pacciani quando lui proprio non voleva. A Luca Iandelli non va giù di esser finito su quella scottante poltrona riservata a chi rende testimonianza davanti alla corte d'assise nel processo al mostro presunto di Firenze. Ma sì, in barba all'assassino che aveva già ammazzato 14 persone e a dispetto dei tanti avvertimenti lanciati dalle autorità disperate per la mattanza della Beretta calibro 22, nel 1984 Iandelli aveva scelto lo spiazzo di fronte al cimitero di San Casciano per intrattenersi, come si dice, con una ragazza. Lei era fidanzata e anche lui, entrambi con altri, e per questo, dice ora, non parlò subito. Sia come sia, capitò che quella sera, mentre la sua attenzione era concentrata su altre cose, si accorse che attaccato al parabrezza c'era un volto, un po' deformato per la pressione. Chissà come il voyeur, o «forasiepi», era riuscito a scivolare sul cofano fino ad aggrapparsi ai deflettori in cerca, naturalmente, di un posto in prima fila. Nella destra stringeva una pistola che batté con forza sul vetro e aveva l'altro braccio fasciato o ingessato. Malgrado si trovasse in una situazione d'impaccio, Iandelli riuscì a mettere in moto la sua VW Passat e partì. L'altro mollò la presa soltanto dopo un paio di gimkane. Lui il volto non lo aveva visto bene, gli erano rimasti impressi la canna della pistola e quel braccio fasciato. Poi seppellì nella memoria il ricordo sgradevole di quella disavventura, ma anni dopo, chissà perché, decise di raccontarlo a un conoscente, Luigi Caioli, fornaio a San Casciano. Che errore, per lui che non voleva grane! Caioli riferì tutto ai carabinieri e lo fece, precisa ora, per «senso civico, perché mi pareva una cosa importante». E forse lo era. 1 carabinieri fecero il loro lavoro, interrogarono Iandelli, anche la ragazza. Antonella Salvadori, oggi ratura robusta, alto e con i capelli biondi, che le era al fianco. Sapevo che la donna, da un mese, era fuggita di casa abbandonando marito e figli, perché lo stesso coniuge aveva mandato una lettera ufficiale all'asilo, diffidandoci dal consegnare uno qualsiasi dei tre figli alla donna, e ho immaginato il motivo della sua presenza». «Ho preso per mano Matteo e Raffaella - aggiunge l'educatrice - e ho chiamato in aiuto la cuoca, Giuseppina Scarpella, la quale ha prelevato Daniele, il maggiore dei fratellini, portandoselo al sicuro in cucina. La van der Hoogen, con lo sconosciuto, è entrata in aula e, urlando come una forsennata, si è avventata contro di me per strapparmi i due gemelli che tenevo per mano. Ho resistito per un po' - ha continuato la maestra - e, a un certo punto, è intervenuto lo spalleggiatore della donna che mi ha scaraventata per terra, tra le grida di aiuto e i pianti dei piccoli. E' stata una scena da film thriller: i bambini che gridavano e piangevano, la donna che urlava e questo forzuto che, ogni volta che mi avvicinavo per riprendere Matteo e Raffaella, mi gettava per terra». Alla fine, dopo una decina di minuti di lotta, lo sconosciuto e Regina Jacoba van der Hoogen sono riusciti ad avere il sopravvento e a trascinare all'esterno i due gemelli che piangevano, e li hanno caricati a forza su una «Opel» bianca targata Forlì che era parcheggiata all'esterno. «Ho tentato per l'ennesima volta di salvare i due bambini aprendo lo sportello per farli scendere dall'autovettura - ha continuato la maestra - ma ho dovuto desistere perché, in entrambe le volte, è intervenuto l'uomo che mi ha spintonata e gettata a terra». L'auto è poi partita di scatto verso Milano, dov'è stata più tardi notata nei pressi della stazione Centrale. Nel frattempo, passato il primo momento di choc e calmati i 25 bambini, Ermelinda Pedretti ha lanciato l'allarme ai carabinieri di Abbiategrasso che hanno inviato fonogrammi di ricerca ai posti di frontiera per bloccare i due fuggiaschi con i piccoli ostaggi. Romolo Amicarella A fianco, bimbi che giocano in un asilo. Sotto Tullio Brigida, padre dei fratellini scomparsi a Roma confusionale» dopo aver avuto un incidente automobilistico. Paolo Ghirgo ha confermato ieri che la sospetta intossicazione da ossido di carbonio «non venne accertata clinicamente». Questa potrebbe essere un'altra delle tante mezze verità che Tullio Brigida ha raccontato. [r. cri.]