Bossi «sgambetta» il governo di Alberto Rapisarda

Guerra sulle commissioni al Senato: la maggioranza non trova l'accordo Guerra sulle commissioni al Senato: la maggioranza non trova l'accordo Bossi «sgambetta» il governo / leghisti si astengono sul prestito Iti ROMA. Primo scivolone del governo appena messo alla prova alla Camera. La commissione Affari costituzionali ha negato i requisiti di necessità ed urgenza al decreto che prevede un prestito obbligazionario di 10.000 miliardi a favore dell'Ili. La notizia non sta tanto nel provvedimento «colpito» (figlio del vecchio governo Ciampi) quanto nel fatto che i commissari della Lega si sono astenuti nella votazione, mentre Forza Italia e Alleanza nazionale votavano a favore (rimanendo in minoranza). Caso isolato o prime incrinature nella composita maggioranza di governo? Al momento si capisce che il capo della Lega, Bossi, ha scelto due terreni di battaglia preferenziali: lotta con decisione contro la mafia (e vorrà vedere se gli alleati lo seguono con entusiamo) e «battaglia sull'antitrust». «Siamo l'unico Paese al mondo dove una sola persona può avere tre televisioni», dice. Un tempo importante di questa battaglia che contrappone Bossi a Berlusconi si giocherà oggi al Senato. Qui debbono essere eletti i presidenti delle 13 commissioni permanenti ma i partiti di governo sono in grave difficoltà. Perché non hanno la maggioranza per aggiudicarsi le presidenze e perché la nascita a sorpresa di un nuovo gruppo (Sinistra democratica), separatosi del gruppo misto, ha aggravato i problemi e creato un altro piccolo caso. Il IN PREGHIERA NEL PALAZZO ROMA UNQUE? Messa a Palazzo. Non più di 25 persone. Politici pochissimi (ma buoni: in pratica solo la Pivetti, Cossiga, l'ex senatore Amadeo e il neoonorevole popolare Polenta); funzionari in trepida sovrabbondanza; commessi e commesse a drappelli (troppi); sacerdoti piacevolmente impressionati e sempre più abili nella gestione dei mass media; parecchi giornalisti, infine, curiosi per obbligo professionale anche se con il complesso degli osservatori invadenti. Perché al di là dell'iniziativa così confessionalmente marcata, pure discutibile e discussa in un Parlamento laico, al di là dello scenario davvero onirico - l'antico chiostro delle benedettine di vicolo del Valdina al tramonto, il campanile romanico, i restauri della cappella di San Gregorio Nazianzeno miracolosamente azzeccati, il prato perfetto con una vera tartaruga che scorrazzava, il silenzio irreale di quel luogo - ecco, non è proprio una bella cosa azzardare ritratti a chi esterna la propria devozione. Nessuno è infatti più soggettivamente indecifrabile di chi prega. E se proprio bisogna va detto da quella giovane donna raccolta in solitudine, il busto eretto, le mani giunte, le ginocchia sugli antichi mattoni, proveniva una forza di grande intensità e mistero. Perché nulla, in definitiva, è più privato di una funzione religiosa. E tuttavia questa prima messa palatina è stato anche un piccolo evento di vita pubblica, non foss'altro perché s'è compiuto in pratica solo per la Pivetti, come una sorta di riconoscimento alla spiritualità, certo, ma pure alla novità e perfino al potere di questa presidente poco più che trentenne che senza essere democristiana, anzi forse proprio perché leghista, mette orgogliosamente, e perfino spettacolarmente la propria fede innanzi a qualsiasi accomodante convenzione. Tipo quella, appunto, di avere a disposizione (restaurata e inaugurata dal cardinal Poletti nel 1987) una cappella e non utilizzarla se non per micro-cerimonie, tipo il battesimo della figlia del capo della segreteria della Jotti. Questa prima messa coincideva, comunque, con la chiusura del mese mariano. La ri- ROMA. Scalfaro si dovrà dimettere, ma non ora. Umberto Bossi ha ribadito, in un comizio tenuto a San Donato Milanese, la sua opinione sul futuro del Capo dello Stato avvertendo che «in questo momento» è sconsigliabile insistere sulle dimissioni. «La Lega Nord - ha detto - è sempre stata convinta che con il cambiamento delle regole elettorali dovesse cambiare anche il Presidente. Del resto lo aveva detto lo stesso Oscar Luigi Scalfaro». Secondo Umberto Bossi, però, «soprattutto in questo momento, ci rendiamo conto che fra il dire e il fare c'è sempre di mezzo il mare: non si può destabilizzare di colpo». Ieri intanto Bossi, incriminato per diffamazione dal magistrato varesino Agostino Abate (il procedimento è in corso a Brescia) ha fatto sapere di essere pronto a scusarsi, [r. i.] IL SENATUR Italia) già presiede la commissione Cultura che ha competenza sulla riforma delle telecomunicazioni, mentre la presidenza della commissione bicamerale di vigilanza sulla Rai-tv è stata promessa da Berlusconi al pannelliano Taradash. Così oggi gli alleati di governo vanno alle votazioni l'un contro l'altro armati. «Ciascuno voterà i propri candidati e vincerà il migliore» annunciava in serata il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Giuliano Ferrara, al termine di uno dei tanti furibondi «vertici» di maggioranza. Il più furioso è il presidente dei senatori di Alleanza nazionale, Maceratini, il quale pretende per Luigi Ramponi la guida della commissione Difesa e teme ora che gli sfugga a vantaggio del senatore a vita del gruppo misto, Taviani. Maceratini ha attaccato violentemente il presidente del Senato, Scognamiglio, perché non ha concesso un rinvio di due giorni delle votazioni previste per oggi, per permettere alla maggioranza di riorganizzarsi dopo la nascita del gruppo Sinistra democratica. Scognamiglio gli ha risposto in aula che ha «fedelmente applicato il regolamento». Invano il presidente dei senatori popolari, Mancino, ha offerto ancora una volta alla maggioranza un patto: date alle opposizioni le commissioni bicamernali e di garanzia e potrete avere tutte e 13 le presidenze di commissione ordinarie. Nessuna risposta sino a ieri sera. Tanto che Delfino, senatore dato per simpatizzante di Berlusconi, se l'è presa con la maggioranza che fa la politica del «tutto è dovuto». In queste condizioni la maggioranza ha 5 presidenze certe su 13, le opposizioni ne hanno tre, due presidenze dovrebbero andare al gruppo misto e altre tre presidenze sono incerte. Nella notte sono in corso riunioni per trovare accordi dell'ultimo minuto. «Ci stiamo attrezzando per i miracoli» ha garantito il presidente dei senatori di Forza Italia, La Loggia. Alberto Rapisarda

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