MORETTI FA I CONTI CON I MORTI DELLE BR di Rossana Rossanda

MORETTI FA I CONTI CON I MORTI DELLE BR MORETTI FA I CONTI CON I MORTI DELLE BR L'intervista di Rossana Rossanda e Carla Mosca CA E', nella prefazioV ne di questo libro ✓ di Mario Moretti, curato da Carla Mosca e Rossana Rossanda - Brigate Rosse. Tir -+oria italiana i episodio sigmiicativo. Il giorno in cui Moretti rivela di avere ucciso proprio lui, con la propria arma Aldo Moro, le due intervistatrici (ancora «tramortite» dalla notizia) apprendono che, poche ora prima, Gabriele Cagliari, anch'egli detenuto, si è tolto la vita. Commenta la Rossanda: «Da morte a morte. Un Paese pieno di morti». E anche questo libro è pieno di cadaveri. Che non si dimenticano facilmente e che facilmente non si possono rimuovere. Un libro di memoria, dove le tragedie e i lutti di quella che viene impropriamente detta «prima Repubblica» sembrano inseguire le tragedie e i lutti di quella che, ancora più impropriamente, viene definita «seconda Repubblica». Ed è per questo che la coincidenza prima citata, nella sua apparente irrilevanza, suona come un ammonimento per i fautori di un presente che si vorrebbe «senza passato». Non casualmente questi sono mesi in cui molto si parla di memoria; ed è un bene die lo si faccia, mentre sembra prevalere una singolare amnesia, che assume, spesso, la forma ilare della spensieratezza. E' un'aria del tempo che non riguarda solo la storia costitutiva della Repubblica (l'antifascismo come atto fondante), ma che sembra segnare - piuttosto - l'intera fase. L'enfasi sul «nuovo» e la denigrazione futile del «vecchio», i revisionismi da due lire e l'azzeramento della storia: ma anche un'idea immediatista e immanentista della politica come attività di consumo e la banalizzazione dei conflitti sociali e la loro riduzione a incidenti della cronaca... E' come se la società italiana si ritraesse - impaurita o scandalizzata, imbarazzata o immemore - di fronte al pro¬ duro e ineludibile, che è proprio delle biografie e delle tragedie, delle passioni e delle sofferenze. Dunque, già questo attribuisce all'intervista a Moretti - «il carceriere di Moro»'- un importante significato: ed è questo, innanzitutto, che fa del libro un'operazione di recupero della memoria. Su molti piani. Moretti, Mosca e Rossanda raccontano, intanto, di quali «lacrime e sangue» grondi la nostra storia recente, di quali dolori e orrori l'attraversino; e, poi, indagano all'interno della parte sconfitta, senza alcun compiacimento e senza alcuna indulgenza (le Br «avevano deciso da sole e le loro conseguenze erano ricadute su tutti»), ma consapevoli che è necessario scavare in profondità perché si tratta, appunto, di «una storia italiana» (sottotitolo del libro) e di «una storia della sinistra» (prefazione della Rossanda). Moretti, per la prima volta, racconta la vicenda delle Br dal punto di vista di chi ne è stato massimo leader per un periodo assai lungo (Renato Curdo venne arrestato nel prio passato, presa da una vertigine di annullamento. Questa ansia, febbricitante, di presente, subisce una particolare accelerazione di fronte agli eventi bellici e ai fatti traumatici e violenti che hanno attraversato la nostra storia. Da qui il singolare destino che sembra accomunare la grande «guerra civile» tra fascismo e antifascismo e la piccola «guerra civile» degli Anni 70 tra Stato e antiStato. Nessuna affinità, sia chiaro, tra i rispettivi quadri storici e i diversi soggetti e le differenti (e incomparabili) ragioni di quei conflitti, ma - questo sì - un comune atteggiamento che sembra unificare i posteri (una parte dei posteri) di quei fatti. Ed è un atteggiamento di rimozione. Ecco, allora, che la Repubblica Sociale viene ridotta a un evento tra gli altri, equiparabile alla sua negazione (la Resistenza); e il terrorismo politico viene classificato come mero fatto criminale e, ancora dopo, come un elemento tra i molti - dell'immutabile paesaggio nazionale. Soffermiamoci su questo secondo fenomeno. H trascorrere degli anni e quell'atteggiamento di rimozione hanno fatto sì che, nel senso comune, il terrorismo si trasformasse in una insensata spy story, o in un confuso verbale di polizia, dove si agitano indistinte figure criminali. Senza radici e senza motivazioni, senza lo spessore,

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