Scappo lontano dalla spazzatura

Scappo lontano dalla spazzatura Scappo lontano dalla spazzatura Elena Soprano racconta i trentenni dì Milano: «Scrivo per uscire dai miei casini» AMILANO L sabato cercano di organizzare qualcosa. Sono cresciuti nella galassia dei circoli di sinistra. Ora sono come i ragazzi di Marrakech Express, tutti per uno, uno per tutti. Ruotano intorno ai trent'anni e non hanno certezze. Guardano film nelle domenica di pioggia e pendolano da un lavoro all'altro. E poi bruciano le loro energie disperdendosi in mille cose. Sono gli «sfigati» milanesi. Sono le comparse del crudo, irritante, fascinoso romanzo d'esordio, di Elena Soprano, La maschera (Rosellina Archinto, pp. 126, L. 20.000). Nom, rigorosamente, de piume (Soprano è omaggio a una montagna «magica» degli Appennini). Classe 1965, vdtelhnese di origine greca, cresciuta nella Fgci, tirocinio con fumetti di Silver, giornalismo rock, Elena Soprano scrive con le viscere, per liberarsi da fobie, per guardarsi all'opera, per mantenere una promessa. «Ho scritto questo romanzo spinta dal mio amico Pier dice. - Lui ha spedito il dattilo- scritto, senza nome, senza indirizzo. L'editore mi ha rintracciata attraverso il dodici. Poi Pier è morto suicida a 32 anni, mi sono ritrovata su un baratro di angoscia, potevo sprofondarci dentro, o reagire in qualche modo. La scrittura mi ha aiutata». La maschera è un mosaico di facce, odori, umori, lavori e gusti giovanni. Elena, la protagonista, paria in prima persona, è guardarobiera alla Scala. Pavarotti stecca durante le prove, le ballerine aleggiano sul palcoscenico, mentre nei corridoi c'è un brulichio di postadolescenti che bluffano col lavoro e se stessi. Ogni tanto un fidanzato, un capezzolo duro sotto la caI micia e una ((fame di progestero- ne». Intorno, Dylan Dog («i primi venti numeri sono un vangelo della cultura a baloons. Il resto è un insulto a Sciavi»), i libri di Althusser, una Milano che imita Londra, l'I-Ching, un malumore che avvolge come una glassa e una pigrizia che anestetizza, e sempre il Tavor sul comodino. E poi c'è il corpo umano, vero, sgradevole, «trash». Luogo di battaglia per sesso senza amore, per malesseri intestinali, per umori respingenti, per ordinarie bulimie. Tutto, a partire dalla scrittura, odora di verità nella Maschera. «E' un romanzo - dice Elena Soprano. - Ma amici e colleghi si sono riconosciuti e sentiti insultati. Dicono che li ho usati per farmi strada. Qualcuno ha anche minacciato querele. Ma io ho-.solo cercato di guardare in faccia la fine dell'adolescenza, la fine dell'epoca e dell'epica della giovinezza. La mia generazione stenta a confrontarsi con la realtà, si crogiola nello sperpero delle energie. Ma alla fine, per sopravvivere, impara a rassegnarsi, accontentarsi, ridimensionarsi nella concretezza». Fragilità psicologica, sfigati, disordine magmatico. La maschera è un'altalena di claustrofobie e piacere taumaturgico della scrittura. Se le cose le scrivi, le guardi, si sgonfiano tutte nella insultante banalità quotidiana. «Mi dicevano "Scrivi. Devi scrivere per uscire dai tuoi casini". - dice Elena Soprano. - "Perché?" rispondevo io. Ogni volta il punto di domanda diventava più grosso. Fino a che è diventato abnorme, e ci sono finita dentro a quel cavolo di punto di domanda. Con la stessa sensazione della mosca sulla ragnatela. Che non la vede. Ma la sente. E allora tira, strappa per liberarsene. Anch'io ho tirato e strappato per uscire da qualcosa che percepivo come pericolosissimo. Ed è stato più facile del previsto. Perché al primo strattone convinto la ragnatela è scomparsa. E io mi sono trovata nel vuoto. In caduta Ubera per la prima volta. Senza l'istinto di aprirle, le piccole ah da mosca».

Persone citate: Althusser, Dylan Dog, Elena Soprano, Pavarotti, Rosellina Archinto

Luoghi citati: Londra, Milano