QUANTE LINGUE HA L'ITALIA? di Mirella Serri

LING LING I J L'ITALIA? Un convegno a Roma letto che io non possedevo. Poiché, ne sono convinto, tante più lingue si parlano tanto più si è ricchi». Dalla Toscana a Napoli, dove il napoletano mostra tutta la sua carica di energia e di sopravvivenza. Le facoltà del linguaggio partenopeo sono numerose e si sono forgiate persino attraverso il sangue e lo sterminio. E' la suggestiva tesi di Raffaele La Capria, che, cioè, a partire dalla mancata rivoluzione del 1799 sia nato il rapporto tra lingua e dialetto a Napoli: «Non è una tesi - precisa il narratore -, Ho costruito una piccola mitografia nel mio li¬ bro L'armonia perduta». "Nel 1799 - scrive Stendhal - Napoli perdette per mano del boia tutti i suoi uomini più importanti". Fu il tentato colpo di mano di ima borghesia illuminata che parlava italiano e che voleva liberare la plebe che parlava in dialetto. Fu un tentativo votato all'insuccesso, osserva lo scrittore, poiché con il suo italiano la borghesia non fu capace di far capire al popolo le sue nobili intenzioni. E la plebe per ricambiarla la massacrò. Da allora la borghesia ebbe così paura della plebe che cercò di renderla meno sanguinaria e ferina ad- dolcendone il dialetto, diffondendolo attraverso le canzoni e il teatro: "Così la cultura napoletana ha acquisito il tratto consolatorio che la caratterizza"». In che misura ha impiegato il dialetto nella sua opera letteraria? «Ho cercato in Ferito a morte di costruire l'italiano su una struttura sintattica dialettale. Se ne poteva ricavare una cadenza e una fonia, un andamento vicino alla musica che mi convinceva molto». Si scrive lombard e si legge lumbard e non tutti lo sanno. Addio dolci nomi sorgenti dal più puro dialetto meneghino, la sinfonia che si ascolta in prossimità della Madonnina non è la stessa di alcuni decenni fa. Il dialetto milanese è stato trafitto da una lancia al petto: «Oggi è una lingua senza una popolazione. I vecchi milanesi sono stati espulsi dal centro della città - osserva Oreste del Buono che risiede da molti anni a Milano -. Il defunto parroco di San Babila di fronte al fatto che alla messa nei giorni feriali c'era qualcuno ma la domenica mattina invece era il deserto era solito commentare così: "Abbiamo carenza di anime residenti". Tutti quelli che lavorano a Milano tornano a casa nell'hinterland e di milanesi, nemmeno l'ombra. I bergamaschi, i varesotti, i brianzoli li riconosci appena aprono bocca. Non solo da quello che dicono ma dal tono di voce mentre il milanese ha spesso un tono divertito, leggero che corrisponde al suo senso dell'umorismo. I dialetti evolveranno anche a seconda di come cainbierà la burocrazia. Mi raccontava lo scrittore Uwe Jonshon che la burocrazia di Berlino Est e di Berlino Ovest usava tennini molto diversi a seconda del fatto di essere influenza¬ un'Italia federale e dialettofona? «Non si corre questo rischio continua Bruni -. La lingua è ribelle. Ha raggiunto l'unità intorno al toscano prima ancora che l'Unità d'Italia fosse stata realizzata dal punto di vista politico. E poi l'Italia non è la Svizzera dove ci sono tre grandi lingue. Possiamo immaginare delle case editrici che pubblicano in veneto per sollecitazione della Liga Veneta? Oppure un giornale in edizione dialettale? E' impensabile. A mio parere, per inciso, nemmeno la Lega ha un reale interesse per il dialetto, anche se lo ha sbandierato per tanti anni. Sono sicuro che continuerà a prevalere la regola della mescolanza di italiano e lingue locali, in un fecondo scambio». Il toscano, lo zoccolo duro di una cultura toscanocentrica, è sempre stato la lingua letteraria per eccellenza. Lo è anche oggi? «Essendo nato a Pisa, purtroppo, ho sempre vissuto immerso in questa cultura - osserva lo scrittore Antonio Tabucchi -. Purtroppo: perché in Toscana vi sono solo venature regionali e, invece, un dialetto a cui attingere per i miei romanzi mi sarebbe piaciuto molto. Chi possiede un dialetto linguisticamente ha più chances. Nel mio primo romanzo Piazza d'Italia ho privilegiato la zona in cui sono nato, una zona che risente dall'influenza di Lucca, e poi ho immesso alcuni regionalismi (interiezioni, toponimi, soprannomi). E leggevo in quel periodo con molta passione Lorenzo Viani ed Enrico Pea. Nei libri successivi ho sempre adoperato l'italiano. Comunque ho avuto un'esperienza particolare. Ho scritto Requiem in portoghese che per me è una lingua affettiva e che ha compensato quel desiderio di dia¬ ta dal russo o dall'inglese. Così si è evoluta la lingua tedesca. Così cambieremo anche noi». Nord, Centro e Sud: se sono queste le tre grandi aree tra cui corrono le barriere doganali del linguaggio, quali sono i fattori di unità della lingua nazionale? «L'Italia è un caso assolutamente eccezionale - osserva Vittore Branca, critico e storico della letteratura -. n linguaggio che adoperiamo quotidianamente, anche se non ce ne accorgiamo, ha una base costante nella letteratura. Usiamo frasi, parole che vengono da Dante, Boccaccio, Petrarca. Non è un caso che sia stato un letterato come il Bembo a creare la prima grammatica. Lepschy, uno dei più grandi linguisti, sostiene che la base della lingua italiana è settentrionale. Altri che è toscana. In realtà la lingua nasce da un compromesso in cui le differenze delle varie regioni si annullano nella lingua letteraria. Oggi poi i dialetti mitigano le loro particolarità e si adeguano al lessico nazionale. Per esempio, in Veneto adesso non si usano più ania e barba per dire zio e zia, ma si usano le parole italiane pronunciandole con la z molto più dolce. Oppure in genovese oggi padre e madre si sono avvicinati all'italiano con pué e mué, mentre in altri tempi si chiamavano baccan e baccannan. Di questo passo i dialetti si annacqueranno fino a sparire? «Al contrario, sono diventati linguaggio angelico. La nostra poesia migliore è quella dialettale: da Biagio Marin, nato a Grado, ai versi di Franco Loi che usa il milanese, dal Veneto di Zanzotto all'arcaico lessico di Tursi di Albino Pierro». Rkhard Swedberg ECONOMIA E SOCIOLOGIA Praeotackrac di Catto Tripla Traduzioni di Crini ni Locati «Saggi. Storia e scienze soculi» pp. 286, L. 45.000 Bevilacqua, Carboni, Levi Lapo, Mangiameli, Pavone Tranfagha, Trigtiia LEZIONI SULL'ITALIA REPUBBLICANA Introduzione di Carmine Donzelli «Saggi. Storia e scienze sociali» pp.208,L. 25.000 Alessandro Siij MALPAESE Criminalità, corruzione e politica nell'Italia : della prima Repubblica «Interventi», pp. 496, L. 36.000 PAROLECHIAVE D.4,pp. 160, L3O.0O0 Autonomie Albert Hourani L'ISLAM NEL PENSIERO EUROPEO Traduzione dì Annalisa Merlino «Saggia»», pp. 64, L. 12.000 DONZELLI EDITORE Libri di idee Mirella Serri