«Pacciani è il mostro? Fuori le prove»

E minacciano le dimissioni. Ma durante l'udienza di ieri è caduto un altro alibi dell'agricoltore E minacciano le dimissioni. Ma durante l'udienza di ieri è caduto un altro alibi dell'agricoltore «Pacciani è il mostro? Fuori le prove» Firenze, i legali all'attacco: basta speculare sui suoi precedenti Per Pietro Pacciani un'altra giornata d Giallo ad Agrigento ifficile: un suo alibi è stato smentito in aula Allarme sanitario FIRENZE DAL NOSTRO INVIATO «Ecco, presidente, nel caso che si continuino ad usare atti di procedimenti passati, la difesa prospetta la rinuncia al mandato», dice d'un fiato l'aw. Rosario Bevacqua, difensore di Pietro Pacciani, il mostro presunto alla sbarra a Firenze per otto duplici omicidi. Non è una minaccia da poco, anche se il presidente Enrico Ognibene ostenta sicurezza e ribatte: «E io nomino un difensore d'ufficio». Non è da poco perché soltanto per leggere le carte, a un nuovo difensore occorrerebbe chissà quanto tempo. «Sono più di ventimila fogli», commenta sottovoce Bevacqua, soddisfatto per il botto della sua uscita. Ma perché è così teso il difensore? Perché tutto questo parlare del fosco passato remoto di Pietro Pacciani rischia di rivelare preoccupanti punti in comune con il presente. «Il p.m. mi deve provare non che l'imputato ha ucciso nel 1951 o che ha stuprato le figlie, perché per queste cose è già stato condannato e ha scontato la pena. Mi deve provare che era presente nel delitto A Brindisi del '68, nel secondo delitto, nel terzo, fino all'ottavo». Ma via, non è proprio così grave la situazione per Pacciani, fa capire con voce rassicuranate il presidente. ((Avvocato, noi siamo qui anche per garantire che non ci siano forzature. E poi, se anche il pubblico ministero riuscisse a dimostrare che la personalità di Pacciani è sovrapponibile a quella del maniaco, saremmo ancora lontani anni luce, spazi siderali, dal dimostrare che l'assassino è proprio lui». Come dire: «Noi non abbiamo alcuna prevenzione». Se in qualche modo le parole hanno ammansito il difensore, sul pubblico ministero hanno avuto l'effetto opposto. Scatta il dott. Canessa: «Queste cose, in questa fase, non le può dire nessuno, presidente, se permette». E dà l'impressione di voler dire: ((Anche se non permette...». Le difficoltà per l'imputato, sia come sia, non paiono ancora esaurite, a dispetto delle dichiarazioni di Bevacqua: ((Anche se è un guardone, non significa che sia un assassino. Non siamo ancora entrati nel vivo del processo», dice. E l'altro difensore, Pietro Fioravanti, rincara: «Ma finora sono stati ascoltati testi veri?». Veri o non veri, i testimoni hanno fatto un po' tremare i polsi a Pacciani, gli hanno provocato di nuovo quel suo colore rosso pompeiano, insomma lo hanno fatto stare sulle spine. Fra coloro venuti a deporre, c'era Marcello Fantoni, che l'imputato aveva indicato come colonna portante del suo alibi in occasione dell'ultimo duplice omicidio, l'ottavo, quello dei francesi, avvenuto a San Casciano l'8 settembre 1985. La sera del delitto, ha più volte raccontato, si trovava con la famiglia alla Feseta de l'Unità a Cerbaia: lo ricordava bene perché la sua Ford Fiesta fece i capricci e ripartì soltanto per l'intervento di Fantoni. «No, non era quella sera e non era neppure un giorno di festa». E' vero, lui fu chiamato una volta, l'unica, ma in in una data differente, e per un'altra auto. Paola Lapini lo vide attraverso il lunotto mentre era in auto con un amico, in una sera d'estate. «In che posizione si trovava, che cosa faceva?», chiede Bevacqua, aggressivo. ((Avvocato, sono fatti miei». Appunto. Un altro ancora, Benito Acomanni, ricorda che una volta l'imputato, con berretto a visiera e, chissà parche, occhiali senza lenti, lo avrebbe seguito da una piazzola all'altra lungo una strada attraverso i boschi. Era giorno pieno, quella volta. Ma è sicuro che fosse proprio lui? Altroché, ribatte, non per niente lo chiamano «Pico della Mirandola». Infine, un anziano signore, Floriano Delfi, che aveva la casa per il week-end a Montefiridolfi quando ci abitava anche Pacciani, rammenta senza esitazioni che ogni pomeriggio domenicale quell'inquietante vicino si allontanava da casa e nessuno lo vedeva più. E sì: emerge dai racconti tutto il Pacciani versione voyeur, anzi, come dicono a Firenze, forasiepi. Ma con tutto questo, i delitti del mostro che cosa c'entrano? Vedremo. Del passato, in ogni modo, per il momento non si parlerà. Niente atti del processo per l'omicidio del 1951, l'unico «firmato» dall'imputato, ma estraneo alla serie successiva o, almeno, senza punti di contatto evidenti. Rimane fuori anche la voce di Angiolina Manni, la moglie che per il momento ha rifiutato di deporre in aula. Ha già parlato, però, in una deposizione del 19 maggio 1992 davanti al procuratore della Repubblica aveva detto del fucile del marito. «Effettivamente ce l'aveva, un fucile, ma lo ha venduto a un suo nipote». Quando Pacciani seppe della deposizione, ci raccontano le intercettazioni ambientali, ebbe uno dei suoi sussulti. La prima intercettazione è delle 4,30 della mattina. L'uomo parla al telefono: «0 in do' lo metto ora! Eh!... Questa puttanaccia... Brutta infame... hai capito? La m'ha fregao». In un altro momento la donna si difende: non è stata lei a parlare per prima del fucile, ma gli inquirenti, precisa. «Un n'ho detto io. No». «T'hai detto: 'Uno l'ha venduto'. Brutta maiala... E ti scanno se gli hai detto che ne aveo due». Anche un giudice della Corte d'appello della Virginia ha seguito i duri duelli in aula, un po' affascinato e un po' raccapricciato. Negli States, commenta Bernard Barrow, vestito blu, camicia gialla, papillon fantasia, «fatti passati, insomma i precedenti, non sono accettati se non esiste una correlazione immediata». A Firenze, l'altro giorno, c'è stato un altro delitto che sembra un ennesimo capitolo di questa storia infinita. Indaga il sostituto procuratore Canessa, sì, proprio il p.m., lasciato di turno per il fine settimana. Uccisa Milvia Mattei, di professione prostituta: hanno tentato di bruciarla. E' stata strangolata all'alba, ha chiarito l'autopsia ieri pomeriggio. Conviveva con Marinella Tudori, che è stata la donna di Fabio Vinci, figlio di Francesco, anch'egli per un certo periodo sospettato di essere il mostro, ucciso e bruciato la scorsa estate. Insomma, per Firenze, un altro omicidio in cerca d'autore. Vincenzo lessandoli

Luoghi citati: Agrigento, Brindisi, Firenze, San Casciano, Virginia