Stoccolma o cara Parigi t'ama

I rapporti tra la Francia del Re Sole e la Svezia dei miti iperborei I rapporti tra la Francia del Re Sole e la Svezia dei miti iperborei Stoccolma, o cara. Parigi t'ama Reciproche seduzioni in scenografica parata PPARIGI ROVIAMO a immaginare che cosa succederebbe in Italia. Grandi pranzi a gastronomia folklorica, vuote parole e simposi trionfali, bandiere & marketing, viaggi faraonici di assessori e portaborse, gigantografie e prodotti locali Standa-Upim, molta verbosità da pr e due o tre scabre mostriciattole insulse, tanto per omaggiare il Paese ospite. Non è per insistere con ma al cospetto è davvero encomiabile la modesta e provvida sinergia con cui Parigi, sommessamente, riesce ad articolare le proprie mostre. Te ne accorgi soltanto se guardi con un poco di attenzione le invidiabili rassegne che la città riesce puntualmente a mettere a segno. Nessuno stendardo o striscione o retorica, per esempio, per celebrare questa stagione svedese a Parigi: magari te ne rendi conto per la proposta inusuale di film nordici, o per le vetrine dei librai, per l'eccezionale salmone che ravviva il menu delle caféterias dei Musei. Poi entri, guardi e capisci (se proprio ritieni necessario fare questi collegamenti). Le Soleil et l'Etoile du Nord, aperta sino al 13 giugno, al Grand Palais, è una spettacolare e scenografica parata (quasi militare) che visualizza su tre piani i sottili rapporti - di fascinazione ed influenza - fra la Francia (dei Re Sole) e la fredda stella polare dei monarchi di Stoccolma. Era stato Richelieu, del resto, ad annotare, di Gustavo II Adolfo: «Questo Re di Svezia è un nuovo sole appena sorto. I Principi maltrattati, cacciati dalla Germania, nella loro sventura hanno innalzato gli sguardi verso di lui, come fa il marinaio verso la Stella Polare». Iperboreo feudo connotato dal simbolo del Grande Orso e del Septentrioni Ortum quod merito nescit occasum, stella che non conosce tramonto, la Svezia del periodo tra Barocco ed Illuminismo è una nazione vastissima, che comprende anche la Finlandia, un dislivello Nord-Sud, per intenderci, pari al tragitto NapoliParigi: pochissimo abitata, da una popolazione rigorosamente luterana ed austera, ostile per altro alla smodata passione francofila dei Re, che si succedono sul trono. Gustavo-Adolfo, il grande condottiero della Guerra dei Trent'anni; la Regina Cristina, allieva di Descartes; Carlo XII il giovanissimo re-soldato mitizzato da Voltaire; Luisa-Ulrica, la sorella di Federico il Grande di Prussia, che riceve come «dono non trascurabile di nozze» la splendida residenza di Drottningholm; Gustavo III, l'eroe tragico che muore durante un ballo in maschera (se ne ricorderà Verdi) dopo aver capeggiato un colpo di Stato ed essersi opposto alla Rivoluzione francese; infine l'ambasciatore Fersen, l'amico devoto di Maria Antonietta, che organizza la fallimentare fuga di Varennes. Il Nord come leggendaria mitologia dei ghiacci e della libertà, per Montesquieu e Ile- sprit des Lois, per i paladini dei Lumi: così, mentre la Francia esporta soprattutto i suoi leziosi pittori di corte, i Boucher e gli Oudry, ed impresta tappezzieri ed ebanisti per allestire il cele¬ bri manoir (qui fedelmente ricostruiti a grandezza naturale), la Svezia propone soprattutto i suoi scienziati, il chimico Bergman, l'astronomo Wargentin, e poi Celsius l'inventore del ter- mometro centigrado e Linneo il «legislatore della Natura». Oppure moltiplica le seduzioni bianche che fanno muovere l'esploratore Maupertuis, alla ricerca delle prove dei poli schiacciati. L'interesse della mostra sta proprio in questo contrasto: vedere come architetti e pittori quali il Roslin o il Tessin (che ricostruisce dopo un incendio il palazzo reale di Stoccolma) uniformino il proprio gusto a quello francese, proponendo dei veri «doppi» nordici di Versailles, oppure una cerimonia dell'incoronazione assolutamente identica nei dettagli, eppure con sensibili varianti di gusto. Per esempio muta soprattutto l'idea del lusso: qui si avverte assai in anticipo la seduzione dell'austero gusto neoclassico e spesso si sottomette l'euforia decorativa del Rococò alle soffocanti leggi del funzionale. Come dimostra il bellissimo, finto comò di facciata rocaille, che in realtà nasconde pudicamente l'estraibile letto per la dama di compagnia od il domestico. Tra gli artisti importati, ecco l'incredibile-misterioso personaggio di Louis-Jean Desprez. Di lui si conosceva pochissimo, sinora, tranne l'orrifica, ghignante acquaforte, nota appunto come La Chimère de Monsieur Desprez, proprio così, con il suo riverito nome inscritto sin nel titolo. Un mostro di pietra, dalle molte teste, rettili e d'insetto, che sta rosicchiando un cadavere, inserito come entro un educato astuccio, che abita lo scheletrico corpo della chimera. Un'opera preromantica degna dei folli acquerelli di Hugo, ma del 1771, più ardita ancora di un Fùssli. Intorno a quest'opera che si riteneva un unicum il Louvre ha allestito una bellissima, funeraria retrospettiva dedicata a questo architetto mancato, venuto in Italia nell'illusione di vincere un Prix de Rome come progettista e subito sedotto da altre tentazioni. A ventott'anni la Chimera, le influenze di Cochin e di Callot, un incontro anche con Piranesi, con cui ha tempestosi rapporti di collaborazione e diverbi per questioni di diritti. Non ancora licenziato dall'Accademia, l'Abate di Saint-Non (l'amico di Fragonard e Hubert Robert) lo porta con sé, come illustratore del Voyage pittoresque ou Description des Royaumes de Naples et de Sicile: suo compagno di viaggi quel Vivant Denon, archeologo che seguirà Napoleone in Egitto, che darà una struttura al Louvre e scriverà il bellissimo racconto Sans lendemain. Anche quando acquerella i suoi paesaggi, Desprez ha una predilezione (quasi una coazione a ripetere) funebre e rovinistica, vulcani, ruderi, civette e serpenti. Un lirismo del macabro che colpirà subito Gustavo III, che strapperà Desprez all'Italia, permettendogli in Svezia di almanaccare i suoi deliri e provvedere soprattutto alla scenografia d'opera. La mostra, con qualche indulgenza di troppo verso la psicoanalisi e Lacan, illustra questa ossessione della volta incombente, scatola del terrore e pietrificazione della claustrofobia, che effettivamente ricorre nelle sue opere. Come nella bellissima serie delle Tombe piranesiane (non a caso presenti anche all'altra mostra parigine. su\YEgittomania) con la Morte seduta sul trono e le cariatidi vigili come sentinelle, veri forni crematori, che ripetono la persecuzione masticatoria della chimera, divorando nella bocca di pietra frigidi cadaveri di cui non vediamo che le marmoree estremità. Marco Vallora Ai Louvre rassegna di Louis-Jean Desprez Architetto mancato, archeologo di Napoleone, acquerellista piranesiano che inscatola i deliri claustrofobici delle genti del Grande Nord A sinistra «La tavola dei polli» del pittore svedese Johan Pasch (1706-69) conservata a Stoccolma e sopra «La Chimera» di Desprez acquaforte anch'essa conservata a Stoccolma