Il dopo-Dini sulla via di Bankitalia di Alfredo Recanatesi
Clima disteso ma prospettive complesse alla vigilia delle «Considerazioni» di Fazio Clima disteso ma prospettive complesse alla vigilia delle «Considerazioni» di Fazio Il dopo-Pini sulla via di Bankitalia Uno snodo cruciale per ilfuturo dell'istituto VIA NAZIONALE A UNA SVOLTA Cm ERANO tutte le promes— se perché quest'anno le considerazioni finali del Governatore della Banca d'Italia fossero libere dall'incombenza di problemi rilevanti. La lira si è stabilizzata, l'inflazione rimane contenuta, il controllo sui conti pubblici si è ristabilito, il processo di privatizzazione delle grandi banche controllate dallo Stato è finalmente avviato. Questo non significa che il Governatore sarebbe stato a corto di temi, ma solo che avrebbe potuto dedicarsi più che in passato ai problemi di scenario, alle questioni sistemiche, ad una analisi verso gli anni a venire. Invece, proprio nelle ultime settimane, si è posto il caso Dini. Fazio non lo affronterà direttamente, ma tra le righe qualcosa dovrà dire. Il caso non si esaurisce, infatti, nel passaggio del direttore generale della Banca d'Italia al ministero del Tesoro e con la necessità di nominare un successore. Poiché il Governatore ed il ministro del Tesoro sono le due cariche nelle quali si divide l'autorità sulla moneta, e poiché la loro complementarità si estrinseca più nella dialettica che in una sostanziale separazione dei poteri, è evidente che quanto più esse sono distanti tra loro, tanto più efficace sarà la funzione che insieme si trovano ad esercitare. Il modello ottimale, infatti, è quello che associa un banchiere centrale, protetto da adeguate garanzie di indipendenza, ed un ministro del Tesoro politico, con una autorità che gli deriva dal mandato rappresentativo ricevuto dagli elettori. Dini, invece, un politico non è. E' un tecnico di grande esperienza e preparazione che Berlusconi ha direttamente tratto proprio dal vertice della Banca d'Italia, ossia dalla istituzione che, per la complementarietà della quale si è detto, dovrebbe in qualche modo fare da contraltare al ministro del Tesoro sugli effetti monetari della politica finanziaria dello Stato. Se fosse solo per questo, la presenza di Dini al Tesoro non solleverebbe riserva alcuna. Un precedente esempio che, un po' alla lontana, potrebbe essere positivamente ri¬ chiamato è quello di Carli, ex Governatore dopo molti anni chiamato da Andreotti al Tesoro. Ma intanto Dini non è Carli. Dini con la Banca d'Italia ha avuto sempre un rapporto difficile. Nei confronti di Ciampi non ha mai nascosto il suo profondo dissenso. La struttura non lo ha mai amato, né lui è venuto mai meno alla coerenza con se stesso per farsi amare. Inoltre Dini è entrato in un governo sostenuto da una maggioranza nella quale nei confronti del¬ la Banca serpeggiano sentimenti assai poco amichevoli. Di idee chiare, almeno finora, non ne sono state manifestate. Si può tuttavia osservare che nella destra italiana la cultura che la Banca ha espresso da Einaudi e Menichella in poi non è mai piaciuta e tanto meno è stata mai condivisa. Di qui una ostilità di fondo che ora non è emersa sistematicamente, ma ha comunque dato luogo a frecciate e battute contro l'«assurdità» delle cariche a vita, contro la «sacralità», contro una vigilanza che non ha saputo impedire che le banche concedessero credito alle partecipazioni statali, a Gardini, ed agli altri gruppi in crisi. Il conto, infine, si arrotonda con Ciampi, che l'attuale maggioranza, se non altro per comodità polemica, ha considerato e considera legato, se non proprio espressione, della parte politica avversa. Ce n'è di che rendere difficile e delicato il ruolo che Fazio si trova a svolgere come responsabile primo del posizionamento istituzionale della Banca d'Italia e del ruolo magistrale che la Banca stessa ha svolto da Carli in poi. Se e quali rischi aleggino sulla Banca d'Italia lo si capirà meglio quando, superata l'assemblea, dovrà essere nominato il successore di Dini. Ma forse si capirà già qualcosa dalle parole di Fazio, da quelle che direttamente o indirettamente riguarderanno il governo e il suo programma. In frangenti come questi ci si accorge quanto ampio sia il vuoto formato dalla assenza di uno Statuto della moneta che molti in passato hanno denunciato, ma che le forze politiche del vecchio regime non hanno mai colmato. Sicché oggi l'Italia ha la Banca centrale istituzionalmente più autonoma, ma con un ruolo ancora non sufficientemente chiaro e distinto rispetto a quello dei poteri politici. Per questo motivo, fino a quando un siffatto statuto non sarà emanato, la carica a vita del Governatore potrà anche sembrare un anacronismo, ma è l'unica reale salvaguardia della sua indipendenza. Alfredo Recanatesi Antonio Fazio
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