Marxista anche contro la storia

A 8 anni vendeva il foglio del partito Poi andò all'Università di Mosca dove prese lezioni di stalinismo Marxista, anche contro la storia Neppure il crollo sovietico gli strappò un'autocritica UN DESPOTA VENUTO DAL POPOLO ABerlino gli ultimi brandelli della sua «creatura», il Muro, sono in vendita per pochi marchi come souvenir. Anche Honecker, per vent'anni proconsole del «primo Stato tedesco degli operai e dei contadini», era un simbolo del mondo che la rivoluzione dell'89 ha fatto crollare come una paravento di cartapesta. Per questo non poteva sopravvivere nell'era della perestrojka e delle eresie postcomuniste, lui, perfetto esemplare di quella generazione di ferro che aveva costruito tra lacrime e sangue l'impero del socialismo reale. Il suo comunismo aveva le maschere di Stalin e di Breznev, si modellava sul grigio servilismo degli Husak e dei Zivkov, ancorato alle irrinunciabili certezze dell'«amicizia indistruttibile con Mosca» e del «futuro radioso dell'uomo nuovo sovietico». La sua mitologia politica era quella elementare dell'agitatore spartachista, del funzionario che aveva scalato passo dopo passo gli insidiosi labirinti della carriera di partito: tutti i cattivi da una parte, tutti i buoni dall'altra, e tanto meglio se a difendere la divisione c'era un muro e migliaia di vopos con i mitra spianati e l'ordine di uccidere. «Mio padre mi ha spiegato in modo semplice e chiaro perché i ricchi sono ricchi e i poveri rimangono poveri - ha raccontato nella sua autobiografia, un tempo testo sacro in Ddr, ora finita a pile nel mercato delle pulci attorno alla porta di Brandenburgo - e io non ho mai avuto dubbi». Il padre era un povero minatore della Saar che aveva scoperto il comunismo nel '18, nei giorni esaltanti dell'ammutimanto della flotta imperiale a Kiel. Honecker ha praticato la rivoluzione fin da bambino: a otto anni già si rendeva utile vendendo il giornale del partito, a dieci suonava il tamburo nella banda dei «pionieri rossi». Non c'era tempo per i giochi, anche l'infanzia era un lusso in quella Germania percorsa dai sogni della rivoluzione e dai furori della controrivoluzione. Il suo mestiere era il muratore ma il suo impegno politico fu pre- miato con l'ammissione all'università rivoluzionaria, la scuola di partito a Mosca. Quando ritornò in Germania con la carica di segretario della gioventù comunista, temprò il suo entusiasmo con l'amarezza della prima sconfitta: si batté infatti per impedire che la sua terra, la Saar, amministrata dalla Francia in nome della «pace iniqua» di Versailles tornasse al Terzo Reich, ma la gente preferì le promesse di Hitler ai moniti comunisti. Sulla Germania era scesa la lunga notte del nazismo, essere comunista significa clandestinità e pericoli. Honecker nel '35 cadde nelle maglie della Gestapo. Dieci anni di prigione, nel carcere di Brandenburg-Goerden, dove tra torture e violenza venne annientata un'intera generazione di «traditori comunisti». «Herbert», questo il suo nome di battaglia, ne uscì invece vivo, proprio dopo dieci anni, quando i fratelli dell'Armata Rossa vennero a «liberare» le rovine della Germania. Nei giorni oscuri della caduta non sono mancati sospetti e accuse anche su questo capitolo «eroico» della sua vita: è stato detto che nel carcere aveva svolto funzioni di informatore e che aveva barattato la salvezza con le denunce dei compagni. Ma nel '45, agli occhi dei sovietici che meditavano di costruire nella zona «liberata» una Germania socialista, era uno dei pochi tedeschi presentabili, con una biografia senza macchie naziste. A fianco di Ulbricht, padre fondatore della Germania Orientale, Honecker presenziò senza fiatare alla campagna di metodica spoliazione che l'Urss impose come riparazione di guerra a questi suoi «alleati» segnati dal peccato originale di essere tedeschi: dieci milioni di dollari di spese di guerra, capitalizzati con quel poco di attrezzature industriali e di ricchezze naturali sopravvissute alla guerra. Quando Ulbricht (e il Cremlino) decisero di difendere il loro paradiso socialista dalle contaminazioni e dalle lusinghe dell'Occidente con una lunga ferita di cemento fu proprio al fido Honecker, capo degli onnipotenti servizi di sicurezza, che venne affidato il compito di dirigerne la costruzione. Nel '71 i sovietici si sbarazzarono di Ulbricht consi- derato un esecutore troppo ottuso e zelante per poter gestire i delicati equilibri della Ostpolitik a cui Mosca aveva deciso di dare via libera; fu Honecker a ereditare la carica di fùhrer rosso. Sono gli anni del grande equivoco: «Herbert» che, copiando Kruscev, ha lanciato una ridicola sfida, superare in 1200 giorni la sorella dell'Ovest, riesce a rendere credibile il suo miracolo econo¬ mico. Gli occidentali sono i primi a accettare il mito di un Paese dove il vecchio efficientismo prussiano è riuscito perfino a vitalizzare l'asfittica burocrazia del dirigismo. Una bugia ben costruita che Honecker accredita applicando nelle sue relazioni con l'Ovest una realpolitik nutrita di cinismo. I marchi non arrivano certo dai dividendi delle imprese industriali rimaste indietro di tren- t'anni, ma dai profughi «venduti» a Bonn in un ipocrita mercato politico degli schiavi. L'alto tenore di vita dei tedeschi, invidiato dalle plebi affamate di Varsavia e di Bucarest non va oltre le poche centinaia di metri della Unter den linden e della Marx-Engels Platz, vetrine di un comunismo da esportazione. Honecker, per ridare una biografia storica a mi Paese senza radici rimette sul piedestallo la statua di Federico II, riabilita Lutero, incredibilmente presentato come un santo precursore del socialismo, toglie dall'inferno un teorico del militarismo come Clausewitz. Piccole eresie di facciata, come quella di lusingare gli intellettuali concedendo loro il visto per l'Occidente. Ma sembrano enormi audacie nel Paese dove la repressione del dissenso era stata sempre totale. Ne aveva fatto la prova ad esempio Ernst Bloch, compagno di Brecht nell'esilio, e costretto a fuggire in Germania Ovest per pubblicare scritti marxisti. E molti non avevano dimenticato che negli Anni Sessanta proprio i delegati della Germania orientale, in un convegno internazionale, si erano opposti alla «riabilitazione» di Kafka. Le concessioni all'immagine riformista valsero a Honecker quei riconoscimenti internazionali che Ulbricht non aveva neppure osato sognare. Ma la Ddr restava un paradiso da cui almeno un decimo della popolazione voleva fuggire e che non era mai arrivata neppure a quella tiepida forma di eresia comunista sintetizzata da Kadar nella formula «chi non è contro di noi è con noi». Quando all'orizzonte è apparso l'imbarazzante sagoma di Gorbaciov Honecker ha sottovalutato il pericolo: da vecchio spartachista cresciuto nelle certezze della Terza internazionale non poteva nemmeno immaginare che un giorno un leader sovietico avrebbe svenduto una dei pilastri di Yalta, la spartizione dell'Europa in due imperi destinati a tollerarsi per sempre. Anche il più eretico dei capi comunisti, pensava, avrebbe dovuto arrestarsi di fronte alla Germania unita, fantasma che da quarantanni turbava i sonni di tutti gli ospiti del Cremlino. Forse per questo, nella galleria di grandi camaleonti che in tutte le capitali dell'Est cercavano di allinearsi goffamente alla perestrojka, Honecker è rimasto l'unico ferocemente coerente con se stesso, ripetendo i suoi no anche davanti allo stesso Gorbaciov, sullo sfondo di una Berlino ormai travolta dal Vento dell'Est. E' una ironia della storia che la sua caduta sia stata provocata proprio da quegli esuli che aveva saputo per tanti anni imbrigliare con il suo Muro. Il governo della Germania unita lo ha accusato del reato più infamante per un rivoluzionario tutto d'un pezzo, aver intascato bustarelle e nascosto milioni di marchi; lo hanno arrestato, «proprio come i nazisti tanti anni fa», ha ricordato in una intervista in cui ha rifiutato qualsiasi autocritica. Ma della sua epoca resterà, forse soltanto come curiosità per i turisti, un bunker a prova di atomica, dove la Germania socialista sognava di resistere alla storia. Domenico Quirico A 8 anni vendeva il foglio del partito Poi andò all'Università di Mosca dove prese lezioni di stalinismo VOUS SORTEZ DU SECTEUR-'AMÉRICAI Sii «RUSSI! DEH AMSIMWSCfiEII Sttl Sopra Erich Honecker sulla tribuna del congresso del partito comunista della Ddr con Breznev Sotto Honecker con il mimo Marcel Marceau Nella foto grande, Honecker a Parigi Sopra, con Gorbaciov E in alto con Kohl Sotto, Check Point Charlie quando ancora c'era il Muro