Addio a Honecker il tiranno del Muro di Emanuele Novazio
Fu uno dei più feroci registi della Guerra Fredda, creò il falso mito di una Germania rossa ed efficiente Fu uno dei più feroci registi della Guerra Fredda, creò il falso mito di una Germania rossa ed efficiente Addio q Honecker, il tiranno del Muro E' morto a Santiago l'ultimo presidente della Ddr BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Erich Honecker è morto ieri pomeriggio a Santiago del Cile, dove abitava dal gennaio dell'anno scorso dopo la sua «espulsione pilotata» dalla Germania. L'ex capo del partito e del regime tedesco-orientale aveva 81 anni, da tempo era malato di cancro al fegato e ci si aspettava la sua fine: ma la sua morte era avvenuta in realtà cinque anni fa, con la caduta del Muro che proprio lui aveva contribuito a edificare, e che fino all'ultimo aveva difeso con ostinazione e scarso senso della storia. L'uomo che per 18 anni aveva guidato un Paese inventato dalle urgenze della geopolitica, aveva cominciato a morire il 7 ottobre dell'89: quel giorno la Ddr compiva 40 anni, accanto a Honecker c'erano i dignitari del comunismo internazionale, ma soprattutto c'era Gorbaciov. E' stato il capo del Cremlino ad espellere Honecker dalla sto¬ ria. Gli bastò una frase, quella sera d'autunno: «Chi non capisce il senso degli eventi ne verrà travolto», disse Gorbaciov. Honecker gli ribattè che la Ddr avrebbe vissuto una vita di vittorie. Ma poche ore dopo, una fiaccolata di migliaia di persone per le strade di Berlino Est confermava che il monito di Gorbaciov era stato una profezia fin troppo facile. Undici giorni ancora, e tutto intorno a Honecker sarebbe crollato. Ma se l'uomo di potere era finito allora, l'uomo di parte, l'uomo attaccato strenuamente a un'ideologia, era sopravvaluto ancora: nella fuga in Urss, resa possibile dalla benevola distrazione di Gorbaciov. E poi nell'estradizione verso la Germania, favorita personalmente da Boris Eltsin. Fino al processo apertosi il 1° novembre del '92 davanti alla Corte d'assise di Berlino, al quale Honecker era stato chiamato per rispondere degli omicidi delle «vittime del Muro», le persone uccise dalle guardie di frontiera comuniste mentre tentavano la fuga. Ma il 12 gennaio del '93 la «Norinberga rossa» era finita senza un verdetto: quel giorno, Honecker era stato liberato su suggerimento dei giudici costituzionali a causa delle cattive condizioni di salute, e l'indomani l'uomo che aveva stretto la Ddr in una morsa era partito con la moglie Margot per il Cile, dove da anni vivevano la figlia e il genero. Da quel momento, di Honecker è rimasta una sola traccia sempre più debole, nella Germania aggredita dai problemi dell'unificazione: quella lasciata dalle polemiche che hanno accompagnato la sua partenza, che hanno diviso la Germania. La giustizia ha ceduto alle pressioni della politica, hanno lamentato alcuni, rimproverando al governo federale di non aver saputo sopportare un processo politico al regime sconfitto dalla storia. Per altri sono stali invece l'umanità e il buon senso a vincere. Per altri ancora, con le sue ambiguità quella sentenza ha sciolto un paradosso: il processo a un uomo accusato per azioni commesse quand'era capo di uno Stato riconosciuto dalla comunità internazionale, e perfino dall'altra parte di se stesso, la Germania Federale. Il suo testamento Honecker l'aveva consegnato nell'autodifesa, al processo di Berlino: «Alla fine della mia vita ho la consapevolezza che la Ddr non è stata fondata inutilmente. Ha dimostrato che il socialismo può essere possibile e migliore del capitalismo», aveva detto confortando la piccola folla di nostalgici. La sospensione del processo l'aveva però lasciato indifferente: «E' troppo stanco per rallegrarsene», avevano commentato i suoi avvocati. Ma alla fine, forse, Honecker aveva davvero capito di aver perduto. Emanuele Novazio
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