I retroscena di un'amicizia discussa di Anacleto Verrecchia

/ retroscena di un 'amicizia discussa / retroscena di un 'amicizia discussa SAN DONATO. Cinquant'anni fa, a San Donato Val di Cornino, grazioso villaggio in provincia di Fresinone e ai confini del Parco Nazionale d'Abruzzo, i tedeschi presero l'amica di Kafka, Margarete Bloch, e la portarono verso la morte. Il triste episodio sarà ricordato ufficialmente oggi. Alla manifestazione, organizzata dalla professoressa Paola Visocchi dell'Università di Cassino, prenderanno parte delegazioni della Germania, della Boemia, dell'Austria e di Israele. A San Donato la Bloch si fece battezzare, ma non bastò a salvarla. Ecco l'atto di battesimo: «Bloch Margherita, nata a Berlino il 21 marzo 1892, battezzata da don Donato di Bona, autorizzato da monsignor Michele Fontevecchia vescovo di Sora il 14 giugno 1943. Genitori: fu Bloch Luigi, fu Jenny Meyeronita. Padrini: Guido Massa fu Pasquale, Sipari Francesca fu Saverio». i due fosse sbocciata una tresca. Ancora più assurda è l'ipotesi che Kafka possa aver avuto un figlio dalla ragazza. Questa storia è nata da una lettera che Grete scrisse, da Firenze, il 21 aprile del 1940. E' diretta al musicista ebreo tedesco Wolfgang Schocken, che allora si trovava a Tel Aviv. «Tu fosti il primo che a Praga vide la mia profonda angoscia. Allora visitai la tomba dell'uomo che per me fu un mondo infinito e morì nel 1924; anche oggi se ne esalta la bravura. Era il padre del mio bambino che, a quasi sette anni, morì improvvisamente a Monaco nel 1921. Lontano da me e da lui; da lui mi ero dovuta separare già durante la guerra e poi non lo rividi più, tranne che per poche ore, perché dovette soccombere a una malattia mortale, nella sua patria, lontano da me e da nostro figlio». vid, respingono decisamente una tale ipotesi. Ragioniamo. La Bloch scrive di essersi dovuta «separare» già durante la guerra dal padre del suo bambino. Ma il verbo separarsi implica la convivenza, mentre lei e Kafka si videro appena tre o quattro volte per poche ore, al massimo per qualche giorno, e non erano neppure soli. Inoltre dice che il padre del bambino morì «nella sua patria», cioè a Praga o, se si vuole, in Cecoslovacchia. Ma Kafka morì a Vienna, più esattamente nel sobborgo di Kierling. Questo particolare sembra essere sfuggito ai commentatori della lettera. La casa-ospedale in cui lo scrittore si spense il 3 giugno del 1924 esiste ancora: tutti possono visitarla. Kafka odiava Vienna, eppure il destino volle che ci morisse. Prima fu ricoverato in un sanatorio del Wienerwald, poi in una clinica di Vienna diretta dal professor Hajek. Nell'intento di fargli avere una camera singola e un trattamento di riguardo, Franz Werfel scrisse una lettera direttamente al professor Hajek, il quale commentò: «Un certo Werfel mi scrive che devo fare qualcosa per un certo Kafka. Chi sia Kafka lo so: è il numero 12. Ma Werfel chi è?». Tutti d'accordo, gli amici decisero che Kafka dovesse essere portato via al più presto dalla parte e chiese un abboccamento, come si rileva dalla risposta di Kafka del 29 ottobre 1913: «Gentile signorina, la ringrazio dell'invito. Naturalmente verrò. Mi fissi lei l'ora a suo piacere e lasci al portiere un appunto per me che ritirerò domani in giornata. Una cosa però non devo tacere fin d'ora: in certi momenti sarei stato felice di incontrarla, oggi invece devo confessare che un colloquio non mi ha ancora mai aiutato a chiarire qualcosa, ma se mai a confondermi. E la confusione non mi manca, come lei certo immagina». Questa è la prima lettera di Kafka alla Bloch. L'ultima, invece, reca la data del 15 ottobre 1914. Un anno esatto di fitta corrispondenza. Purtroppo si sono conservate solo le lettere di lui, circa una ottantina, mentre quelle di lei sono andate perse. Così non è facile sapere quali fossero i reali sentimenti della donna per il malinconico e dolente scrittore praghese. Sfatiamo comunque una leggenda messa in giro da Elias Canetti e ripresa di tanto in tanto da chi era in cerca del sensazionale. Kafka e la Bloch non si dettero mai del tu e, dopo il breve incontro a Praga, si rividero ancora un paio di volte a Berlino nel corso del 1914. Ma non da soli, bensì in presenza di Felice Bauer. E non erano soli neppure il 24 maggio 1915, quando fecero una piccola gita. Da tutto ciò si ricava che Grete fu sì una importante confidente per Kafka, però i loro rapporti furono soprattutto formali. Nulla autorizza a pensare, come fa invece Canetti ne L'altro processo, che tra Quel figlio non è suo Il nome di Kafka non figurava, tuttavia Wolfgang Schocken, destinatario della lettera, volle subito attribuire allo scrittore la paternità del bambino. La stessa cosa fece Max Brad, cui Schocken aveva mandato una copia della missiva. Ma altri, come per esempio il biografo Claude Da¬ UCCISA 50 0 ANNI FA dottor Auro Massa, i cui genitori fecero da padrini quando la Bloch si convertì al cattolicesimo e si fece battezzare. L'atto si può leggere nel registro parrocchiale, sotto la data del 16 giugno 1943. Ma neppure il Dio dei cristiani riuscì a salvarla. Chi la descrisse meglio fu Ester Fabrizio, una ex insegnante scomparsa recentemente. Per un certo periodo condivise con Grete anche la casa: «Mi parlava spesso di uno scrittore, Kafka. Quante volte ho sentito questo nome dalla sua bocca. Parlava bene l'italiano e si rammaricava di non poter vivere sempre in Italia. Era gentile d'animo e cercò di consolarmi quando persi la madre». Era una donna mingherlina, come risulta anche dalle lettere di Kafka, e non particolarmente bella, però fine e distinta. Era piuttosto chiusa e amava passeggiare da sola. Spesso andava verso il cimitero, ma talvolta si spingeva molto più lontano, verso Forca d'Acero. La Bloch si fece battezzare per sfuggire alla caccia dei nazisti? «Non credo è il parere di Ester Fabrizio -. Il suo interesse per la religione cattolica era sincero e me ne parlava spesso». Il dottor Marco Tenenbau di Roma, anche lui confinato a San Donato Val di Cornino, l'ha descritta così: «La conoscevo bene. Era una donna molto stimolante dal punto di vista intellettuale ma piuttosto labile psichicamente». Che soffrisse di depressione affiora anche dalle lettere scrittele da Kafka. Ma chi non è depresso, nell'area compresa tra Vienna e Praga? E' probabile che Grete enfatizzasse più del necessario i rapporti con Kafka. Bisogna però dire che, stando alle lettere che si sono conservate, non fu tanto lei a piangere sulla spalla di lui, quanto lui sulla spalla di lei. Se mai lei piangeva da sola ed è forse per questo che andava a cercare conforto sotto i faggi della Ciociaria. Ma alla fine, anziché la pace e la libertà, trovò la morte. Anacleto Verrecchia