«Non vogliamo le sindacaliste»

Teramo, la decisione dopo la rivolta delle colleghe in un'industria tessile. La Cgil: assurdo Teramo, la decisione dopo la rivolta delle colleghe in un'industria tessile. La Cgil: assurdo «Non vagliamo le sindacaliste» E il titolare licenzia quattro operaie TERAMO. La crisi economica, la paura di perdere il lavoro stanno cambiando i rapporti tra lavoratori e sindacati. Una prima avvisaglia di questa trasformazione è quanto accaduto a Nereto (Teramo), in Val Vibrata, una delle zone più industrializzate dell'Abruzzo, da sempre considerata politicamente un serbatoio di voti per la sinistra. Quattro operaie della «Confezioni Manuero 2000», un'azienda che produce jeans a sole 4500 lire al paio per conto di importanti marche, sono state licenziate ieri dopo che le altre 29 lavoratrici della fabbrica hanno scioperato chiedendo il loro allontanamento. Le quattro sono accusate di scarsa produttività e indisciplina nei confronti dei superiori e del titolare dell'azienda, Mario Casimirri. Questi ha dichiarato di essere stato costretto al licenziamento perché se la protesta fosse proseguita non sarebbe stato in grado di far fronte alle commesse. Le donne licenziate hanno annunciato il ricorso al pretore del lavoro. All'episodio sono seguite le reazioni dell'ex ministro del Lavoro e padre dello statuto dei lavoratori, Gino Giugni, e delle segreterie nazionali della Cgil e della Filtea, il sindacato dei tessili aderente alla Cgil. Giugni ha definito la vicenda «un vistoso caso di comportamento antisindacale» e una «violazione dell'articolo 28 dello statuto dei lavoratori» (repressione della condotta antisindacale). «Mi auguro ha detto - che questo episodio non sia un segno dei tempi. Non credo affatto che negli Anni Settanta sarebbe esplosa una vicenda simile». L'atteggiamento delle altre lavoratrici per Giugni è il frutto di un «clima di paura». La Filtea e la Cgil hanno bollato, con una nota, l'iniziativa del proprietario della «Confezioni Manuero 2000» come «un atto contro la democrazia e la libertà: non solo si lede un diritto costituzionalmente garantito, ma si compie un atto che mette in pericolo la democrazia e la libertà. Dopo il fascismo questa è la prima volta che si verifica un simile episodio». La protesta era cominciata circa un mese fa quando una delle quattro lavoratrici licenziate ebbe un alterco con un capo-operaio per motivi di lavoro. L'uomo l'accusava di scarso rendimento; la donna si ribellò alle accuse e, con altre cinque compagne, chiese l'iscrizione alla Cgil. Il sindacato convocò un'assemblea dei lavoratori per discutere l'accaduto. Saputo dell'ingresso in fabbrica del sindacato, il proprietario dell'azienda convocò le lavoratrici e - secondo le donne licenziate - le minacciò di chiudere la fabbrica sostenendo che con l'iscrizione al sindacato le «ribelli» danneggia¬ mmGIIUO vano la produttività della «Manuero». Due delle sei donne si dimisero dalla Cgil. Forse per evitare un inasprimento della situazione, l'organizzazione sindacale concordò con Casimirri la concessione alle quattro donne «sindacaliste» di un periodo di ferie. Ma la cosa non ha avuto successo tra le operaie rimaste in fabbrica. Mercoledì scorso, infatti, al rientro, le quattro «sindacaliste» si sono trovate nello stabilimento da sole: per circa due ore hanno lavorato poi, quando il titolare ha deciso di staccare la corrente elettrica per bloccare l'attività, visto il rifiuto delle altre di lavorare, sono rimaste sul posto di lavoro fino alle 12. Nel primo pomeriggio, quando sono rientrate, le quattro hanno trovato i cancelli della «Confezioni Manuero 2000» chiusi. «E' un segnale della crisi del settore abbigliamento - ha detto Arnaldo Di Rocco, segretario della Cgil di Teramo - che si è trasformata in una vicenda di piccolo cabotaggio». Nel Teramano sono 25 mila gli addetti nel tessile. «I grossi gruppi - ha concluso - approfittano di questi laboratori, i cui titolari sono costretti a massacrare i lavoratori invece di consorziarsi e rifiutare il lavoro a basso prezzo». Giuseppe Guastella GLI ESPERTI data. Lei, invece, è andata a casa e ha raccontato al marito che il capo operaio le aveva messo le mani addosso. Quello è venuto in fabbrica e voleva picchiare il capo operaio. I due hanno offeso anche il proprietario. Solo per questo io l'avrei licenziata, ma Casimirri è buono, anzi è fesso, e non l'ha fatto». Che ambiente c'è in fabbrica? «Per me, che ci lavoro da due anni, è una famiglia. Ci vogliamo tutti bene ma con tre di queste quattro, che non sanno fare niente, non abbiamo legato. Anche con il proprietario abbiamo un buon rapporto, anche se non ci ha ancora dato parte della tredicesima». Vi iscriverete al sindacato? «Non ci serve. Nel momento in cui ci sarà un problema e servirà, allora ci andremo». [g. g.l E' polemica per il licenziamento di CjunttrO operaie nella fabbrica di cui è titolare Mario Casimirri (nella foto sopra)

Luoghi citati: Abruzzo, Nereto, Teramo