Il pm: non potevo vietargliela di Enzo Laganà

77pm: non potevo vietargliela 77pm: non potevo vietargliela SALVATORE Boemi, 50 anni, procuratore aggiunto a Reggio Calabria, è il giudice che ha autorizzato i giornalisti a parlare con Totò Riina in una pausa del processo per l'omicidio di Scopelliti, sostituto procuratore di Cassazione. Su di lui il ministero ha aperto un'inchiesta per individuare eventuali responsabilità disciplinari. Dottor Boemi, oggi è finito sotto accusa su giornali e tv dopo aver autorizzato Riina a parlare durante l'udienza in tribunale a Reggio. Anche Scalfaro ha rimproverato la sua decisione. Cosa ha provato? «Non ho provato alcuna sensazione. Ho cercato di valutare asetticamente il mio operato e sinceramente non ritengo di dovermi muovere censure di natura giuridica». Lei si difende sostenendo che nessuna norma del codice penale è stata violata, ma ritiene la sua scelta irreprensibile anche sotto il profilo morale? In altre parole, in nome della democrazia, Riina ha il diritto di lanciare messaggi di morte? «Il problema è se un cittadino detenuto - chiunque esso sia - abbia o meno il diritto, in una pubblica udienza, di poter manifestare il proprio pensiero. Da un punto di vista morale, pertanto, principi di democrazia c- di civiltà giuridica non ci consentono di mettere la museruola ad alcuno. All'estero ci guardano e uno Stato moderno non può in nessun caso restringere la libertà di espressione e per questo ho ritenuto che anche Riina potesse avere qualche minuto per rispondere alle domande; dei giornalisti». Riina non è un prigioniero co¬ mune, è un detenuto sottoposto ad un regime di sorveglianza strettissimo: permettergli di tenere una conferenza stampa in aula significa di fatto eludere quanto disposto dal ministro di Giustizia. E' così? «Ribadisco che non ho violato alcuna disposizione normativa nel consentire pochi minuti di dialogo di Riina con i giornalisti. Si tenga presente che sono cosa ben diversa le restrizioni carcerarie ex articolo 41 bis dell'ordinamento penitenziario, giacché queste ultime sono finalizzate ad impedire il realizzarsi o il permanere di pericolosi contatti criminali nelle carceri». Anche Galloni, vicepresidente del Csm, ha lanciato un appello perché non si dia eccessivo clamore ai messaggi dei boss. Che ne pensa? «Sull'appello del presidente Galloni non ho nulla da osservare, anche perché non riguarda direttamente i magistrati. E' rivolto ai responsabili dell'informazione: spetta pertanto a loro fare le opportune singole, o collegiali, valutazioni e scelte». Anche l'Osservatore Romano la castiga, dottor Boemi. Che cosa replica? «Non ritengo che si debba dare una valutazione riduttiva del messaggio di Riina. Quando avremo la possibilità di valutare con il dovuto distacco l'episodio probabilmente scopriremo di aver fatto un passo avanti per capire i progetti criminali dei clan mafiosi. Abbiamo scoperto in diretta la valutazione politica che Cosa nostra dà di alcuni recenti strumenti legislativi: la legge sui pentiti e le restrizioni carcerarie ai boss». Qual è la sua valutazione sulle dichiarazioni di Riina? «Ritengo che uno Stato che avverte, come il nostro, il peso criminale di numerose organizzazioni di stampo mafioso debba quasi ricercarli questi contributi dichiarativi dei nostri interlocutori. E' sempre meglio interpretare un messaggio reale che dover fare i conti con il silenzio». Dottor Boemi, se oggi dovesse di nuovo autorizzare Riina a parlare, ripeterebbe la scelta? «Non ritenendo di aver violato alcuna disposizione di legge non vedo perché dovrei cambiare atteggiamento dinnanzi a un caso analogo». Enzo Laganà

Luoghi citati: Reggio, Reggio Calabria