Risarcito dallo Stato dopo mezzo secolo di Gianni Bisio

Per una casa distrutta in Etiopia Per una casa distrutta in Etiopia Risarcito dallo Stato dopo mezzo secolo Ha avuto un ventiseiesimo del danno «Questo è prendere in giro la gente» E' giusto avere, con 48 anni di ritardo, un ventiseiesimo del danno reale subito per cause belliche? Se lo domanda Vittorio Data, 70 anni, commerciante di armi da caccia, abitante in via Carlo Alberto 18. Una settimana fa ha ricevuto dalla Banca d'Italia, per conto del ministero del Tesoro, un assegno di 487.500 lire, identico a quello che è arrivato al fratello Mario e alle due nipoti, Maria Teresa e Maria Vittoria. Totale: un milione 950 mila lire. E' quanto lo Stato ha ritenuto di dover valutare una casa di cinque stanze che il padre del Data, Tommaso, deceduto nel '61, aveva costruito in Etiopia, nella regione del Ganascidano, nel 1936: «Questo non è pagare i "danni di guerra", è prendere in giro la gente» dice il commerciante. Racconta che il padre andò in Africa negli Anni 30 per lavorare alla costruzione di strade e carovaniere. Per avere una base comoda si costruì una casa: «Una classica abitazione coloniale col patio e le colonne: nel '36 valeva 40 mila lire, cifra accettata dal governatore inglese che la confiscò come bene nemico». Tommaso Data fu rimpatriato nel '41 con le due navi - Saturnia e Vulcania - che furono costrette a fare il periplo dell'Africa perché il canale di Suez era bloccato. Nel '46, alla fine del conflitto, presentò la pratica per il risarcimento dei danni di guerra: 40 mila lire per la casa e una cifra minore (che il figlio non ricorda) per le attrezzature del cantiere. Tornò a Roma, al ministero, due volte, spedì un'infinità di raccomandate. Nulla. La prima tranche di rimborso arrivò nel '75, a 14 anni dalla sua morte: ai quattro eredi, per attrezzature e suppellettili, toccarono 234 mila lire, 58.500 lire ciascuno. Poi il silenzio per 18 anni. Solo il 12 maggio del '93 si prospettò un «revival» della pratica e una settimana fa sono arrivati gli assegni di 487.500 lire a testa ai 4 eredi. Facciamo un po' di conti: se l'immobile valeva 40 mila lire nel '36, sulla base della rivalutazione Istat occorrerebbe moltiplicare questa cifra per 1289 per avere il valore attuale. La casa coloniale del '36 varrebbe 51 milioni 560 mila lire. Per lo Stato, invece, 26 volte di meno. Vittorio Data sventola la busta bianca della Banca d'Italia con l'indicazione «Tesoreria dello Stato»: «Mi chiedo che cosa ha restituito lo Stato agli italiani cacciati da Zara, da Pola, da Tenda e da Rodi che hanno perso tutto quello che avevano». Gianni Bisio Vittorio Data, commerciante d'armi

Persone citate: Maria Teresa, Rodi, Vittorio Data

Luoghi citati: Africa, Etiopia, Pola, Roma, Suez, Zara