«Fermiamo con un articolo i killer di Algeri»

«Fermiamo con un articolo i killer di Algeri» DIRITTI UMANI Sono già nove gli scrittori e i cronisti assassinati dagli islamici, pubblicati brani dei loro scritti «Fermiamo con un articolo i killer di Algeri» Venti quotidiani di tutto il mondo commemorano i giornalisti uccisi Ultimi articoli da Algeri. Non è a Sarajevo, né a Mogadiscio che cadono in maggior numero i giornalisti, ma nei vicoli della casbah di quella capitale sventurata. Sono le vittime predilette dai fondamentalisti islamici che, espropriati della vittoria elettorale da un colpo di Stato, hanno affidato la loro riscossa alla ferocia e al kalashnikov. Nove sono stati uccisi, altri feriti: qualcuno a colpi di mitra, qualcuno sgozzato come un montone e lasciato lì, a testimoniare con il sangue il suo lavoro. Per ricordarli, oggi, anniversario dell'assassinio del giornalista e poeta Tahar Djaout, più di venti quotidiani pubblicano i loro articoli, le loro armi contro il silenzio dell'intolleranza. Brani dei pezzi che avevano scritto per giornali di Algeri - El Watan, Le Matin, El Waqt - vengono stampati in 14 milioni di copie: da Liberation in Francia, Le Soir in Belgio, El Pais in Spagna, Sùddeutsche Zeitung in Germania, e da altri quindici quotidiani. «Solidarité avec les journalistes algériens» è il logo dell'iniziativa di World Media, a cui in Italia aderisce La Stampa, che ha l'appoggio di Med Media, un programma della Commissione Europea, ed è coordinata da Maati Kabbal. Rileggere quei pezzi è come scorrere le motivazione della loro condanna a morte. Editoriali durissimi con il Mia, il Movimento islamico, braccio armato del partito integralista, ma anche con i «despoti» dell'Fln al potere e il controterrorismo di Stato. Vignette irriverenti: cronisti che scrivono a macchina chiusi in un lager, o con la palla del carcerato legata alla penna. Inchieste che squarciano il velo del chador per raccontare come amano le algerine, e rivelano che molte ragazze ricorrono a un'operazione chirurgica per tornare vergini, e non possono dire per prime «ti voglio bene» al loro uomo. Le loro firme sono lapidi. Djilali Liabes, sociologo, scriveva inchieste: l'hanno aspettato sotto casa in quattro, il 16 marzo del'93. Laadi Flici, romanziere, ammazzato nel suo studio, con la penna in mano. Abderrahmane Chergou, economista: sgozzato. Abdelkader Alloula, commediografo, appassionato di Goldoni: tre pallottole nel cranio. Mahfoud Boucebci, esperto di psichiatria, ucciso a coltellate. Come Youcef Sebti: i killer lo hanno sorpreso a letto. Sul comodino aveva il suo ultimo romanzo, «Les illusions fertiles». [al. ca.J

Persone citate: Abdelkader, Abderrahmane, Goldoni, Mahfoud, Tahar Djaout, Youcef