Ruanda il giallo dei Caschi blu italiani di Paolo Passarini

Scontro a Bruxelles tra Previti e un giornalista della Rai: non ho mai parlato di mandare para Scontro a Bruxelles tra Previti e un giornalista della Rai: non ho mai parlato di mandare para Ruanda, il giallo dei Caschi blu italiani Ghali ironico: Roma pronta? L'ho letto sul giornale MISSIONE A RISCHIO WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE L'Italia non figura tra i Paesi che hanno ufficialmente offerto all'Onu un contributo di truppe per l'operazione di pace in Ruanda. «Ho letto sui giornali - ha dichiarato ieri il Segretario Generale dell'Orni con malcelata ironia - dell'offerta dell'Italia relativa al Ruanda e anche all'ex Jugoslavia». «Ma ai nostri uffici - ria continuato Boutros Boutros-Ghali - non è pervenuto nulla di scritto. Saremmo ben lieti di accogliere truppe italiane per l'operazione di pace in Ruanda», ha concluso, rivolgendo così un invito esplicito al governo di Roma. Finora all'ufficio di Kofi Annan, il diplomatico africano che coordina le missioni multinazionali di pace dell'Orni, sono giunte solo tre offerte da parte di altrettanti Paesi africani: Ghana, Etiopia e Senegal. E' qualcosa, ma non è abbastanza per dare il via all'operazione. L'Italia non è l'unico Paese che, dopo avere espresso una disponibilità a impegnarsi, non ha poi dato seguito pratico alla propria offerta. L'Australia, per esempio, ha sospeso l'invio di un proprio corpo specializzato di 300 uomini fino a che la situazione a Kigali non diventi più sicura. Ma l'offerta australiana resta, mentre il governo italiano, dopo la disponibilità manifestata apertamente dal ministro per la Difesa Cesare Previti, sembra adesso impegnato a riconsiderare la situazione. Interpellato martedì scorso a Washington dai giornalisti, il ministro degli Esteri Antonio Martino aveva detto di aver appreso dell'offerta lanciata dal suo collega Previti attraverso le agenzie di stampa. E aveva aggiunto: «Si tratta di un decisione seria che va discussa attentamente da parte dell'intero governo, perché è all'intero governo che spetta di decidere sull'invio di contingenti militari all'estero». Parlando con i giornalisti a Bruxelles, invece, Previti ave¬ va lasciato capire che la decisione era già stata presa e che Martino, oltre che essere informato e consenziente, stava già lavorando in campo internazionale «per accelerare le procedure». A Previti ieri è stato chiesto come mai l'Italia non figuri tra i Paesi candidatisi a formare la forza di pace. «Non rischiamo in questo modo - ha chiesto al ministro un giornalista della Rai a Bruxelles - di dare un'impressione di improvvisazione?». «Questo lo dice lei - è stata l'irritata risposta del ministro -. Improvvisazione è una parola gratuita. L'Onu prenderà le iniziative che riterrà opportune. La nostra disponibilità è gene¬ rale, non una disponiblità a mandare i para, come qualcuno, ma non certo io, ha scritto o detto». In seguito, il ministro ha preso da una parte il giornalista della Rai e, ascoltato anche da altri colleghi, gli ha ingiunto: «Lei non si può permettere di parlare di improvvisazione a un ministro in carica. Questa è l'ultima volta che rispondo a una sua domanda». Il giornalista, evidentemente, aveva toccato un nervo scoperto. Tuttavia, dalla risposta del ministro non si è capito bene quale sia l'attuale posizione italiana al riguardo. Cosa significa esattamente una disponibilità «generale»? Qual era il senso di quell'accenno ai «para»? L'Italia sembra comunque avere ancora un po' di tempo per decidere, dal momento che, a dispetto dell'urgenza di un'operazione Onu in Ruanda, una soluzione del problema sembra ancora lontana. L'offerta da parte di Ghana, Etiopia e Senegal di un battaglione di 800 uomini ciascuno non consente ancora di allestire una missione di 5500 uomini. Ma, oltretutto, si teme che le truppe africane non siano sufficientemente equipaggiate per la missione. Gli americani hanno offerto 50 mezzi di trasporto corazzati al Ghana. La Francia ha fatto un'offerta analoga al Senegal, ma in questo caso i ribelli Tutsi, che formano il Fronte Patriottico del Ruanda, si oppongono perché considerano la Francia la principale responsabile dell'armamento dei miliziani Hutu. Inoltre non è stato ancora risolto il problema di dove dislocare gli uomini: sui confini, come vorrebbero gli americani, o nella capitale, come propone Boutros-Ghali? L'estendersi della guerra civile rende questo problema addirittura un rompicapo, dal momento che ora Kigali, la capitale, sembra essere un posto estremamente rischioso. Passerà altro tempo. Ci saranno altri massacri. Paolo Passarini

Persone citate: Antonio Martino, Boutros Boutros-ghali, Cesare Previti, Ghali, Kofi Annan, Previti