Com'è caro giocare a Torino

Domenica il derby Juve-Toro a Roma, per il futuro si vedrà Domenica il derby Juve-Toro a Roma, per il futuro si vedrà Com'è caro giocare a Torino Delle Alpi: aumenta il canone d'affitto Pesaro si affida al suo fuoriclasse e riesce a pareggiare il conto SuperMyers ferma Bologna Scudetto, tutto rimandato a sabato TORINO. L'ultimo derby della stagione non si farà al Delle Alpi. La notizia era nell'aria. Quando la Juve ha diramato, una settimana fa, il programma delle amichevoli, nello spazio riservato alla sede dove avrebbe affrontato il Torino (Memorial Giorgio Calieri, domenica 29) aveva scritto: da stabilire. Ora la società bianconera e il Torino, hanno deciso di effettuare il derby all'Olimpico di Roma, prima di Roma-Lazio. Un atto di guerra contro la gestione dello stadio torinese? No, le ragioni sono «soltanto tecniche», fanno sapere i dirigenti delle due società. Una decisione legittima: di questi tempi e con gli organici su cui possono contare, le due squadre avrebbero richiamato al Delle Alpi un pubblico scarso, mentre far disputare tutte le partite all'Olimpico comporterà innegabili vantaggi economici. Bettega e Calieri tengono dunque a smentire che l'effettuazione del derby sia in qualche modo legata al contenzioso che da tempo chiama in causa Juve e Toro da un lato e la Pubbligest (che chiede un ritocco dal 7 al 10% sugli incassi) dall'altro. Ma questo contenzioso è comunque serio. Un po' di storia. Nel '90 nasce il Delle Alpi. Il Comune, proprietario, affida la gestione per 30 anni all'Acqua Marcia. Nel '91 la Pubbligest rileva in subconcessione l'amministrazione dell'impianto (fino al 2000). Al Comune resta la disponibilità di 5 giorni ogni anno solare per l'effettuazione di manifestazioni di qualsiasi genere. Fino a pochi giorni fa, la percentuale sugli incassi era fissata al 7%. Il presidente della Pubbligest, Giovanni Brasso, ha ritenuto opportuno alzarla fino al 10. Ritocco che ha fatto sobbalzare i dirigenti bianconeri e granata, che si rimetteranno ai propri legali per risolvere il problema soprattutto perché non è previsto per i club alcun diritto economico: la pubblicità va infatti tutta alla Publigest. Giovanni Brasso ricorda che lo stadio fu aggiudicato all'Acqua Marcia con preventivo di 60 miliardi, ma la spesa raggiunse i 150: «Trenta pagati dal Comune, ma ben 120 sborsati dall'impresa privata», e un arbitrato dovrà risolvere l'annosa vertenza. Brasso fa inoltre notare che «la Pubbligest paga all'Acqua Marcia il 50% degli utili con un minimo garantito di 5 miliardi e che l'Acqua Marcia, oltre a dover recuperare ancora una grossa par- COSA SUCCEDE ALTROVE Questi i canoni d'affitto in alcuni importanti stadi d'Italia. Milano: l'Inter e il Milan versano al Comune, che è proprietario e gestore dello stadio di San Siro, il 7% netto dell'incasso di ogni partita di campionato. Per le altre gare la percentuale cala al 5%. La pubblicità è stata data in concessione alla Publilancio, che versa un canone annuale al Comune. Roma: le due società capitoline versano al Coni, proprietario dell'Olimpico, il 5,50% degli incassi al netto delle ritenute erariali. La pubblicità in campionato va al Coni; in Coppa Italia, Roma e Lazio versano all'Ente sportivo una percentuale che viene ridotta nei match amichevoli e di Coppe internazionali. Genova: la Sampdoria e il Genoa verseranno dalla prossima stagione calcistica il 2,2% (previsione 2 miliardi di introiti). Per la pubblicità, va avanti da tempo un contenzioso sulla divisione delle quote da assegnare alle società e al Comune. Napoli: il Napoli non paga affitto dal '75: moltiplicando gli anni di mora per 500 milioni (contratto iniziale) più gli interessi passivi accumulati finora si arriva alla cifra debitoria di 19 miliardi. La società propone un azzeramento e un contratto triennale a 800 milioni per stagione. Il Comune ha dato in appalto la pubblicità del San Paolo a una società privata, la Icap. Firenze: Al Comune va il 4% netto sugli incassi e 25 milioni a partita per la voce pubblicità incassata. Cagliari: esisteva una vecchia convenzione tra i vecchi proprietari del Cagliari, gli Orrù, e il Comune: il club rossoblu avrebbe dovuto pagare il 2% sugli incassi più le spese di manutenzione. Cellino però non ha mai rinnovato la convenzione e ora il Comune pretende arretrati per 1 miliardo e 700 milioni. LEGA te della cifra iniziale, ha un'esposizione fissa annua di 800 milioni per spese straordinarie». Più che una guerra santa sembra di assistere a una battaglia fra posizioni strangolate da problemi assortiti. Sembra un serpente che si mangia la coda. «E' proprio così - precisa Brasso -, la posizione di Juve e Toro è serena, corretta quanto la nostra. E' giusto che loro cerchino le condizioni più favorevoli. Ma con altrettanta serenità devo dire che sotto un "punto di parità" di 12 miliardi non posso andare, altrimenti dovrei togliere la luce al Delle Alpi. Sopra questo paletto sono invece disposto a discutere con la massima disponibilità». Scende in campo, per una simile questione che interessa da vicino il Comune e tutti i tifosi della città, il sindaco di Torino, Valentino Castellani: «Sono preoccupato da questa situazione. Sono sempre stato contrario al Delle Alpi, un monumento che alla nostra città non serve. Ma ora esiste e Torino deve muoversi. La prossima settimana mi incontrerò con Bettega e Calieri: capisco le difficoltà di tutti, Juve, Toro e Pubbligest. La città non può però chiamarsi fuori, il Comune non ha risorse ma ima mano la darà a tutti». Assemblea infuocata PESARO DAL NOSTRO INVIATO La Scavolini sembrava ormai un ciclista cotto dal caldo e dalla fatica, alla vigilia del prova più dura di una corsa a cinque tappe verso lo scudetto. E invece ha saputo trovare il rapporto migliore sui colli più impervi, energie recondite lungo i falsopiani più insidiosi ed ha così respinto la favorita Buckler (7366). Per il titolo tricolore è dunque tutto rimandando all'ultima sfida, sabato a Bologna. Una squadra encomiabile, quella pesarese, con splendidi gregari come Buonaventuri e Labella, grandi faticatori tipo Gracis e Garrett, una vecchia volpe come Magnifico a lavorare ai fianchi gli avversari, tutti uniti a far quadrato intorno al leader della compagnia, l'uomo solo al comando: Carlton Myers, fuoriclasse con sangue e muscoli giamaicani (come suo padre), ma fantasia e cuore tutti italiani (come la mamma). Carletto è partito alla chetichella, attirando la difesa avversaria su di sé per scaricare preziosi palloni ai compagni, sacrificandosi a sua volta nella marcatura di Brunamonti e poi di Danilovic, senza mai strafare come invece gli era capitato di fare in gara 3. Poi «Cioccolatino» ha capito che era giunto il suo momento, che i compagni, dopo avergli tirato la corsa, non ce la facevano più: puntuale, si è messo in testa e ha tirato la Scavolini fino al traguardo. Le cifre parlano da sole: Myers ha segnato i suoi primi due punti (in contropiede) dopo un quarto di gara, quindi il suo primo tiro dalla distanza soltanto al 18', ma di lì in poi è volato su un altro pianeta, non sbagliando più nulla fino all'intervallo e realizzando addirittura 19 punti nella ripresa sui 31 complessivi della sua squadra. Contro di lui, il coach bolognese Bucci ha sguinzagliato dapprima Morandotti, poi Danilovic, quindi Moretti e infine anche Savio: tutto inutile, perché nessuno dei quattro è riuscito a stargli appresso. La partita si era iniziata con tanta polizia sparsa sugli spalti ad isolare i tifosi più caldi, in un palasport incandescante per le recenti polemiche tra le due squadre e tappezzato di locandine di Coldebella e la scritta listata a lutto «Così muore il basket». Al via la Scavolini partiva sparata (7-2 al 2') grazie ad un grande Magnifico e ai tiri di Gracis, che in difesa metteva la museruola a Danilovic. Pesaro, con Buonaventuri in quintetto al posto dello squalificato McCloud (e senza l'infortunato Rossi), dimostrava grande acume nel girare la palla, scegliendo sempre tiri facili (16-4 al 6'). Dopo appena 7' perdeva però Gracis: il play, fino a quel momento impeccabile, accusava conati di vomito con capogiro e usciva dal campo, ma il suo sostituto Labella lo sapeva emulare e Bologna doveva sempre inseguire. I campioni d'Italia tentavano allora l'arma della difesa mista, poi anche la zona, ma Danilovic segnava il suo primo canestro soltanto al 15', mentre la Scavolini non perdeva mai la testa. Quando poi Pesaro cominciava ad accusare la fatica, ecco che ci pensava Myers: un paio di bombe siderali e i marchigiani andavano al riposo in vantaggio 42-34. La ripresa s'iniziava con una stoppata del remigino Buonaventuri sulla stella Danilovic: era il segno che Pesaro non aveva paura di nessuno. Infatti si portava ancora a +12 (48-36 al 23'), con un Myers mostruoso: Carletto firmava ben 15 dei 18 punti realizzati nella ripresa dai padroni di casa (60-51 al 29'), poi si appannava un attimo e Bologna ne approfittava con Moretti e soprattutto Binelli (parziale 4/4 per il pivot: 60-56 al 32', poi 65-62 al 36'). Ma ancora lui, il Michael Jordan nostrano, infilava 4 liberi consecutivi che suggellavano l'impresa della squadra pesarese, mentre Danilovic purtroppo si lasciava andare ad un gestaccio verso il pubblico... Giorgio Vìberti Scavolini-Buckler 73-66 Scavolini Ps (ti 17/25): Gracis 8 (voto 7), Magnifico 18 (7,5), Labella 8 (6,5), Myers 30 (8,5), Garrett 7 (6,5), Costa (sv), Buonaventuri 2 (6,5). Buckler Bo (ti 9/12): Brunamonti 5 (6), Danilovic 19 (6,5), Savio (5), Moretti 15 (7), Schoene 9 (6), Binelli 7 (10), Morandotti (4,5), Carera 8 (6,5). Arbitri: Zancanella e Tullio (6,5).