«Meglio il Cavaliere che la sinistra»

«Meglio il Cavaliere che la sinistra» «Meglio il Cavaliere che la sinistra» Rockefeller. però è inesperto, aspettiamolo alla prova ^ al centro, la stabilità, la pace sociale, le condizioni essenziali perché il loro danaro produca profitti senza palpitazioni. Ma stare al centro non basta più, vero Mister Rockefeller? «Certo, la stabilità e la democrazia sono soltanto le condizioni politiche necessarie alla prosperità. Poi occorrono gli incentivi economici, la crescita, il Ubero mercato...». ... e le privatizzazioni? «E le privatizzazioni. Ormai è chiaro a tutte le persone di buon senso che il socialismo, e la gestione pianificata e centralizzata delle economie sono stati un fallimento e che la tendenza generale è quella, salubre, verso il mercato. Il trend verso le privatizzazioni in Italia deve assolutamente continuare e consolidarsi». Berlusconi, secondo lei, è l'uomo giusto per continuarlo? condizionali, di «forse», «credo» e «non si può negare che»r Ma nel «puzzle» che questo straordinario personaggio sta costruendo con i suoi tasselli di risposte, si comincia a intravedere un disegno, prende forma qualcosa. Continuiamo a raccogliere i pezzi. Il «qualche preoccupazione» per la destra fascista e il «sollievo» per la sconfìtta della sinistra detti da Rockefeller sono già parole forti, molto forti. E nel dubbio che noi si possa fraintenderlo, Rockefeller me le ripete. «L'errore più grave che l'Italia potrebbe commettere in questa fase di transizione politica sarebbe allontanarsi dalla democrazia, in una direzione come nell'altra». A destra come a sinistra, dunque? «Precisamente». Ai grandi argentieri, a coloro che determinano e controllano il flusso dei grandi capitali nell'economia internazionale, piacciono sempre i timoni pertutto, ce n'è anche da noi in America. Ma io sono convinte che la soluzione a questo cambio di clima politico sarà una soluzione ragionevole. Certo non posso negare che il processo di trasformazione crei qualche preoccupazione». Per la presenza dell'estrema destra, dei neo, o post-fascisti, insomma di Fini e dei suoi uomini nella maggioranza e nel governo? «Anche per questo. Per fortuna la vittoria dell'estrema destra e di conseguenza la sua presenza nel governo non hanno avuto proporzioni allarmanti. Se dovesse crescere ancora molto, certo sarebbe difficile non inquietarsi, vista la storia recente dell'Europa. Nessuno ha dimenticato Hitler e Mussolini, qui». Visto che la de si era sfatta, e il vecchio centro era crollato, lei avrebbe preferito la vittoria dei progressisti, della sinistra in Italia? «No, sicuramente no. Ci sarebbe stata molta più preoccupazione se avesse vinto la sinistra. Personalmente, ho accolto con sollievo la sconfitta degli ex comunisti. Nella sinistra ci sono certi istinti difficili da superare, anche oltre le etichette cambiate». Ma il mondo della finanza americana, composto da tante persone di origine o di religioni ebraica, è spaventato d " imo degli spettri del fascis. ; in Italia? «Finora -"""erto soltanto qualche ansietà, gualche domanda di fronte a coloro che in Europa si ostinano a ignorare qual era il volto oscuro del fascismo. Ma dovrebbe crescere ancora di molto, il fenomeno, per generare autentica preoccupazione». l'uolo? «Non posso giudicarlo direttamente, perché non lo conosco, spero di conoscerlo presto. Ma i miei amici alla Chase che lo hanno incontrato me ne parlano tutti molto bene. E l'Italia ha sempre avuto una grande forza: la sua Banca d'Italia. Spero fortemente che il ruolo decisivo svolto in questi anni dalla Banca , ple, sarqualcheprima dItalia. Qrei a chniente dha fattoItalia, mdella finaspettadere chPer oraqui, mocamminl'econom su «Sullanessm Fermiamoci qui un momento. Il linguaggio della gente come Rockefeller è sempre così, a chiave, intessuto di d'Italia continui anche in futuro». Ecco fra i condizionali e le doppie negazioni, emergere finalmente il disegno, il messaggio del «principe di Wall Street»: non c'è nessuna particolare agitazione, al massimo livello della City finanziaria di New York, per la nuova maggioranza che governa l'Italia, ma non c'è neppure un'apertura immediata e incondizionata di credito a Silvio Berlusconi. E la Banca d'Italia deve restare forte, autonoma, autorevole. Un «wait and see», un aspetta e osserva, benevolo. «Non vedo assolutamente ragioni per disinvestire dall'Italia. Non vedo nulla che mi faccia pensare diversamente da come pensavo 25 anni or sono, quando contribuii ad aprire la filiale della Chase Manhattan Bank in piazza Meda a Milano... anzi... tra pochi giorni andrò proprio a Milano, per festeggiare l'anniversario. Ma in generale...». Arriva il «ma», ora? «Ma, appunto, parlando ingenerale, sarebbe prudente aspettare qualche tempo, diciamo 6 mesi, prima di investire nuovi capitali in Italia. Questo è il consiglio che darei a chi me lo chiedesse. Ripeto, niente di quello che è successo mi ha fatto cambiare idea sul Rischio Italia, ma è naturale che il mondo della finanza internazionale voglia aspettare un po' di tempo per vedere che direzione prende il Paese. Per ora, ci sono molte speranze, qui, molte speranze che vi siate incamminati sulla strada giusta, dell'economia liberista e sollievo per il fatto che la sinistra, che avrebbe rallentato il cammino in questa direzione, non ha vinto». Speranze imperniate su che cosa? «Sulla presenza di un businessman, di un uomo d'affari e non di un politico, alla guida dell'Italia. Questa è una cosa che con-