«Caschi blu Italia pronta»

«Stiamo preparando le iniziative per fermare la tragedia» «Stiamo preparando le iniziative per fermare la tragedia» L'Osservatore Romano: i cosiddetti Grandi discutono la gente muore Intervista al ministro della Difesa, che annuncia il sì all'Onu «Caschi blu? Italia pronta» Previti: disponibili a intervenire BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE tutto. Ovunque hanno ucciso chi non la pensava come loro. Hanno abbattuto i banani e dato fuoco ai campi di sorgo perché i miliziani trovassero le persone che si erano nascoste. Volevano sterminare le famiglie, generazione dopo generazione. Quando i miliziani uccidevano, non erano ubriachi. Lavoravano coscienziosamente, metodicamente. Non sono dei mostri. La gente che ha fatto questo è gente che non pensa. E poi, era stata addestrata ... A dire il vero, non so che cosa sia successo. Avevo degli amici hutu. Anche loro sono stati uccisi». Wiater Rurargirwa, un altro sopravvissuto, precisa: «I miliziani erano addestrati. Prima, quando bevevano un po' di birra, dicevano che ci avrebbero uccisi. Dopo l'introduzione del multipartitismo, nel 1990, venivano addestrati dall'esercito nelle foreste di Gishwati, di Nyungwe e nei campi militari. Non so come riesco a raccontare. Non so perché abbiano ucciso le donne e i bambini. Non riesco a capire come abbiano potuto uccidere in questo modo. Hanno ucciso Jean-Damascène Twagirmuliza, un hutu che faceva parte del consiglio municipale ed era un oppositore. Hanno ucciso Christophe Kanunara, il contabile del comune, hutu e oppositore anche lui. Io sono hutu e ho avuto fortuna. Io posso accettare questo, ma Dio no. Non ha il diritto ... Ha creato gli uomini, qualcuno buono, qualcuno cattivo. Non so perché l'abbia fatto. I cattivi, sono il diavolo...». Vicepresidente del Fpr, il dottor Emile Rwamasaribo afferma: «Il peggio è successo qui, nel Sud-Est del Ruanda. Probabilmente perché, in questa piazzaforte del partito al potere, i mili- Ruanda? Al Paese africano, a Bruxelles, non verrà dedicato oggi neanche un cenno. I ministri della Difesa dei sedici Paesi Nato parleranno infatti di uno dei temi centrali della nuova Europa: come garantire la sicurezza delle precarie democrazie orientali, assicurando allo stesso tempo la Russia una dignità consona al suo status di grande potenza nucleare. Il ministro della Difesa russo Pavel Graciov, che una settimana fa ha accompagnato Boris Eltsin nella sua visita a Bonn, esporrà la nuova dottrina militare di Mosca, e spingerà per ottenere un protocollo aggiuntivo a quella «partnership per la pace» che la Nato ha coniato proprio per il doppio scopo che si prefigge. Ma, e ciò è più preoccupante, su indicazione di Graciov l'ambasciatore russo a bruxelles Afanasevskij ha inviato alla vigilia della riunione una lettera contenente una richiesta dura da digerire: rinegoziare il Trattato per la riduzione delle armi convenzionali in Europa. Firmato quando ancora esisteva l'Urss, il Trattato prevede dei rigidi tetti per i carri armati ed le artiglierie che i paesi europei possono schierare sul proprio territorio. Il problema è che Mosca aveva concentrato il suo potenziale maggiore nelle repubbliche che, ormai, sono «straniere»: quelle baltiche, quelle caucasiche, l'Ucraina, la Bielorussia e la Moldavia. I russi hanno buone ragioni, ma smontare il Trattato significherebbe aprire il vaso di Pandora delle pretese incrociate, in un angolo di mondo da sempre tra i più esplosivi. Ma fin qui siamo nel «prevedibile». Quello che proprio non ci si aspettava era la notizia bomba lanciata dal neo ministro della Difesa cesare Previti, proprio sul Ruanda: «Qualsiasi iniziativa internazionale ci vedrà pertecipi». Anche con l'invio di nostri soldati? «Certamente». Signor ministro, le stragi del Ruanda hanno certamente commosso profondamente l'opinione pubblica di tutto il mondo, ma quel Paese è e resta mille miglia lontano dalle coscienze italiane. E' giusto inviare i nostri soldati nel bel mezzo di una guerra civile? «Quanto accade in Ruanda è una grande tragedia, l'ennesima tragedia africana. Per ora noi ci siamo attivati sulla base di un'indicazione molto insistente e pressante del Presiden- Quotidiano fondato nel 1867 DIRETTORE RESPONSABILE Ezio Mauro VICEDIRETTORI Lorenzo Mondo, Luigi La Spina Gad Lerncr REDATTORI CAPO CENTRALI Vittorio Sabadin, Roberto Bcllato EDITRICE LA STAMPA SPA PRESIDENTE Giovanni Agnelli VICEPRESIDENTI Vittorio Caissotti di Chiusano Umberto Glittica AMMINISTRATORE DELEGATO E DIRETTORE GENERALE Paolo Paloschi AMMINISTRATORI Enrico Autori Luca Corderò di Montezemolo Jas Gawronski Giovanni Giovannini Francesco Paolo Mattioli Alberto Nicolcllo STABILIMENTO TIPOGRAFICO La Stampa, via Marenco 32, Torino STAMPA IN FACSIMILE # La Stampa, V. G. Bruno SI, Torino STT srl, v. C. l'esenti 130, Roma STS spa, Quinta Strada 35, Catania Nuova SAME spa, v. delta Giustizia li, Milano L'Unione Sarda spa, vie F.lmas, Cagliari CONCESSIONARIA PUBBLICITÀ' Publikompass Spa v. Carducci 29, Milano, tel. (02) 86470.1 c. M. d'Azeglio 60, Torino, tel. 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Le nostre Forze armate sono attrezzate per questi fini ed abbiamo i reparti pronti per questo tipo di impiego, come hanno dimostrato le esperienze passate».- , Una di queste esperienze, quella somala, ha dimostrato che in assenza di chiari obbiettivi i risultati sono scarsi. «Io direi che i risultati del contingente italiano sono stati ottimi. Tra l'altro era stata indicata una via interpretativa della missione che è apparsa poi essere la più corretta. Dove ha operato, il contingente italiano ha operato molto bene, sia sotto il profilo del soccorso umanitario, sia sotto il profilo politico. Certamente abbiamo pagato un prezzo molto alto, ma è qualcosa da mettere in conto quando si svolgono missioni così rischiose e delicate». Non c'è il rischio di infilarsi affrettatamente negli ultimi «campi della morte» africani? «Io spero proprio di no. Il rischio per i reparti naturalmente esiste, ma noi abbiamo uomini e reparti equipaggiati e preparati per fronteggiare davvero qualsiasi situazione». Fabio Squillante