TURISTI A RISCHIO MA CON IL BANCOMAT di Pierluigi Battista

TURISTI A RISCHIO MA CON IL BANCOMAT TURISTI A RISCHIO MA CON IL BANCOMAT Come conciliare Vesotico e la tranquillità ROMA Tokyo, «non allarmarsi se, sedendosi sul wc, si avverte uno strano calore. I giapponesi usano infatti riscaldare l'asse con una resistenza elettrica». Mai, in Gran Bretagna, «chiedere genericamente una "birra"» senza specificare se si desidera bitter, guinness o lager: basta questa omissione per provocare «commenti ironici e occhiate storte» tra gli indigeni britannici. Evitare in Egitto di «girare sbracciati e "sgambati"». E questo era più o meno noto. Come è noto che in Iran «i soliti pasdaran vigilano e non aspettano altro che cogliere in flagrante l'imperialista a letto con una donna della rivoluzione». Ma bisogna ben sapere, per non cadere nelle solite trappole perbeniste dell'etnocentrismo, che in India «occorre far finta di niente quando, e non è circostanza rara, gli indiani fanno i bisogni sulla pubblica via» mentre in Indonesia l'abitante del luogo «non ritiene che ruttare e sputare sia disdicevole». Inoltre «l'indonesiano ama chiedere allo straniero da dove viene e dove va, ritornello in grado di incrinare la calma più olimpica» e se l'indonesiano «ha il culto della prole, gli stranieri non devono dichiararsi privi di figli e devono anzi esagerare nel numero per la felicità dell'interlocutore». Superate queste infinite prove d'iniziazione, sconfitta la paura dei «ratti, ratti e ancora ratti» che furoreggiano nelle Filippine, finalmente smaltita la sventagliata di «where do you come from?» che affligge il turista per caso in giro per il mondo, il viaggiatore impenitente potrà finalmente concedersi alle avventure, anzi alle adventures, che una sana lontananza dalla metropoli finisce per concedere. Finalmente il turista a caccia di emozioni esotiche potrà sentirsi un degno emulo di Rimbaud, pronto ad attraversare le più appassionanti stagioni infernali della sua vita. Oppure immaginarsi nei panni di un Hemingway alle prese con le defatiganti imprese della pesca d'altura. O ancora sentirsi un Bruce Chatwin, sia pur in sedicesimo. Non prima, però, di essersi assicurato che una solida àncora provveda a tenerlo avvinto ai simboli del suo mondo e delle sue radici di occidentale particolarmente affezionato alle virtù della vita stanziale. E allora al portabandiera del turismo di massa la Guida non ha che da offrire un altro paio di consigli. Primo: dovunque e sempre, «partire con farmacia itinerante». Secondo, se capita di andare in Sud Africa, occhio alla specialità locale in tema di furti: «Ai Bancomat i ladri leggono le cifre del codice segreto del cliente e poi lo rapinano della carta». Già, perché il turista moderno a una cosa non sa rinunciare quando gli tocca di riempire il suo zainetto: la carta del Bancomat. Ma in fondo, come osservano i curatori della Guida: «Thelma & Louise resta un film». DICONO che 1'«occidentalizzazione del mondo» abbia reso il pianeta un tutto omogeneo e standardizzato. Sarà, ma intanto un uragano nelle Filippine è pur sempre diverso da un terremoto in Sud America, una farmacia di Parigi è totalmente dissimile da una di Calcutta, i gesti, gli sguardi, le smorfie e le formule di cortesia che trovi in Giappone sono irriducibilmente differenti da quelli dell'Ecuador o del Ciad. Sono diverse le brutte sorprese che l'ipervitaminizzato, l'ultraequipaggiato, il superattrezzato turista occidentale può incontrare ai quattro angoli della Terra. Diversi gli incidenti di percorso, le disavventure, gli sgradevoli imprevisti, gli ostacoli improvvisi, i grattacapi, le seccature, gli impalpabili fastidi cui va inevitabilmente incontro l'audace viaggiatore dei tempi d'oggi, carta di credito in tasca e nel cuore un vago desiderio di ignoto, di lontananza, di odori e sapori esotici. Adesso questo viaggiatore tutto un anno a sgobbare e poi, nel mese di ferie, via di corsa verso quel punto dell'atlante dove si è posato il dito indice ha a sua disposizione la prima mappa completa degli innumerevoli pericoli che infestano il mondo grande e terribile, una minuziosa e puntuale Guida al mondo a rischio, scandita in duecento schede, che l'editore Theoria manda in libreria per la cura di Luciano Del Sette e Alfredo Somoza. Un inventario ragionato dei rischi, con tanto di punteggio dall'Afghanistan allo Zimbabwe, che s'affollano minacciosi sul capo del turista avido d'esperienze ma ragionevolmente attaccato alle abitudini contratte nell'ovatta confortevole della quotidianità, affamato di esotismo ma non al punto da disdegnare villaggi turistici, compagnie aeree, catene alberghiere, itinerari consigliati da agenzie specializzate. Insomma di chi sente il fascino e l'attrazione di una grande impresa che porti di là dalle colonne d'Ercole, senza per questo rinunciare a tutti i legami (bancari, telefonici, elettronici) che tengono avvinti al mondo di qua e all'universo conosciuto. E' a questo tipo di viaggiatore che si rivolge la Guida di Del Sette e Somoza. Duecento schede fitte di dettagli sui Paesi che capiterà di visitare. Ma anche il riflesso del paradosso che avvolge l'intero, modernissimo, fenomeno del «turismo di massa»: il desiderio di orizzonti lontani, di paesaggi inconsueti, di incontri con mondi diversi, e insieme la difficoltà di capire che il mondo non è una cartolina illustrata, che la diversità è quasi sempre urto e conflitto tra abitudini e stili di vita spesso tra loro incomunicabili. E perciò se la Guida è zeppa di amorevoli consigli come quello di evitare in viaggio «bibite sfuse» anche «se i colori possono risultare allettanti e il carrello Anche chi va in cerca di ignoto portando nel cuore Rimbaud, Hemingway e Chatwin non è disposto a rinunciare alle sicurezze dell'Occidente lìimbaud a sinistra e Uemingivay scrittori mito per chi viaggia «verso l'ignoto» ambulante ha l'aria pulita», altrove, quasi ovunque per la verità, suggerirà al viaggiatore di tenere sempre la «bocca cucita» perché la stragrande maggioranza dei Paesi non ha neppur la più pallida nozione di ciò che significa libertà di opinione e di pensiero. «Bocca cucita e sorriso stampato sulle labbra dialogando con militari e sconosciuti», suggeriscono i due moderni Virgili all'eventuale visitatore dell'Arabia Saudita. Ma anche se vi trovate in Giamaica, credendovi immersi nel paradiso rasta, vedete di non «infrangere il mito dei tre eroi nazionali Bob Marley, Peter Tosh e l'ideologo nero Marcus Gravey. C'è il rischio di finire a botte». Sempre che, avendo voi una macchina fotografica, non siate già stati malmenati perché «se c'è una cosa che fa imbufalire un rasta è proprio l'essere fotografato dai turisti». Attenzione e precauzione: è il motto del viaggiatore contemporaneo. In Argentina attenzione alla carne bovina «che può provocare stitichezza». In Bolivia attenzione al mal di montagna, all'«apunamiento», che «con la classica nausea e cerchio alla testa colpisce regolarmente i viaggiatori». E se in Francia vi sentite al sicuro, non abbassate la guardia di fronte al Pastis («aperitivo nazionale a base di anice», per il viaggiatore che ancora non lo sapesse): «A stomaco vuoto può avere effetti devastanti sulla deambulazione e la scioltezza della parola». In Canada «il pericolo numero uno è l'orso». In Burundi è il golpe, rischio pressoché quotidiano: «Se capita, blindarsi in albergo o rifugiarsi in qualche ambasciata Cee». In Brasile sono i «ciceroni locali», formidabili bugiardi che prima sono pronti a giurare su avventure alla Fitzcarraldo e poi, «dopo mezz'ora, iniziano a sbadigliare, a cercare un posto all'ombra e abbandonano il turista a se stesso». In Cina sono le lenzuola che non di rado «possono aver ospitato uno o più clienti precedenti». Nella Città del Vaticano sono i «negozi come tane acchiappaturisti». In Colombia sono i voli interni giacché quel Paese, in macabra competizione con la Russia post-sovietica, detiene «il primato mondiale degli incidenti aerei». Attenzione anche, e soprattutto, all'incidente «culturale», al misunderstanding antropologico. In Argentina non stupirsi di talune credenze locali come per esempio la superstizione, molto diffusa fuori da Buenos Aires, che «l'anguria mangiata col vino fresco sia quasi mortale». In Giappone evitare, brindando, di esclamare «cin cin»: «Tradotto in idioma nipponico vale "membro virile"». E, sempre a Pierluigi Battista