Una seducente Carmen danza al lingotto di Luigi Rossi

Una seducente Carmen danza al lingotto Una seducente Carmen danza al lingotto La coreografia di Mats Ek, benissimo anche Bolshoi e Momix TORINO. Grande danza dopo la grande musica per il Lingotto. Nella nuova sala che ha ospitato Abbado con i suoi Philharmoniker, ecco tre importanti compagnie di livello mondiale ed esemplari generi di danza molto diversi tra loro, dalla ferrea tradizione accademica fino all'atletismo americano, passando per una tappa dell'espressionismo europeo in singolare declinazione scandinava. Parliamo del Bolscioi, del Pilobolus e del Cullberg Ballet, sigle di richiamo per il pubblico che ha riservato loro calde accoglienze. Ma, giustamente, il maggior trionfo gli spettatori l'hanno riservato per la «Carmen» di Mats Ek (novità per l'Italia) con il complesso svedese che aveva come portabandiera proprio una ballerina torinese, la temperamentosa Pompea Santoro. Affrontare una ennesima Carmen poteva sembrare impresa disperata, ma Ek ci ha abituato a sbalorditive riletture, a partire dernità anche nei lustrini flamenchi o nel fiammeggiare del suo vestito da zingara. Sulla famosa musica di Bizet, arrangiata da Rodion Scedrin, il Cullberg si è mosso con incredibile energia, un vero ciclone di tecnica e di espressività. Accanto alla protagonista hanno entusiasmato Rafi Sadi, John King e Vanessa Mcintosh. La mancanza di un vero palcoscenico, dotato di proscenio e ribalta, ha un po' nuociuto alla simbolica scenografia di Marie Louise Ekman. Ma è stata una limitazione che ha interessato tutto lo spettacolo e segnatamente la suite .di «Raymonda» presentata dal Bolscioi in piena luce e senza mistero. La versione di Jury Grigorovic del vecchio balletto di Petipa ha fatto risentire le rughe che contraddistinguono il corpo di ballo moscovita, pure tra i massimi depositari della tradizione accademica. La protagonista Nina Semizorova purtroppo non è la Plissetskaja dalla sua straordinaria «Giselle» dei nostri giorni. Anche il personaggio di Merimée appare del tutto rinnovato rispetto alle oleografie spagnoleggianti abituali. Attraverso un espressionismo violento e grottesco, vediamo la sigaraia di Siviglia distruggere gli uomini, il debole José e il fatuo Escamillo, ed affrontare spavaldamente la morte, irridendola tra lo sbuffo di un sigaro e un pavoneggiarsi del suo gran abito luccicante a coda. Il Kitsch delle donne, con le loro gonne squillanti come cioccolatini, fa da contrasto con gli abiti grigi e dimessi dei soldati, che ricordano la prima opera di Ek, ispirata al «Woyzeck». E un po' come il soldatino di Bùchner, umiliato e disperato, appare qui il protagonista che, al momento della fucilazione, rivive i tempestosi amori con Carmen, un personaggio rabbioso e straripante a cui la nostra Pompea Santoro ha conferito un indimenticabile spessore, una incredibile mo¬ per farci dimenticare l'anacronismo di questi classici bisognosi di vigorose spolverate del tipo di quelle conferite da Balanchine e da Nureyev. Un po' meglio ci è sembrato il settore maschile con Mark Peretokin e Alexei Popoveienko, anche se il personaggio del saraceno Abbaraman era qui ridotto quasi a comparsa. Tra i due famosi corpi di ballo, il divertimento atletico dei Pilobolus con «The Particle Zoo». I quattro robusti giovinotti danzano proprie coreografie, tra l'acrobatico e l'ironico, come nella tradizione di questo gruppo fondato da Moses Pendleton nel 1971 e poi prolifico di eredi come il fungo da cui prende il nome. Una lezione di spensieratezza che piace e che è stata apprezzata al Lingotto nel primo esperimento di danza curato dalla Fondazione del Teatro Nuovo con il patrocinio della Città di Torino. Luigi Rossi LOWE PIRELLA ObTTSCHE LOWE

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