Nuova bufera sulla procura

Nuova bufera sulla procura Nuova bufera sulla procura Palermo, Cancemi accusa quattro toghe OCCASIONE SPRECATA ma soprattutto mi hanno provocato una profonda e disperante tristezza. Come uomo che ancora crede nella cultura, come studioso di storia contemporanea, come italiano mi sono sentito messo ancora una volta di fronte alla realtà dell'infimo livello cui è discesa la cultura italiana via via che si è politicizzata. In tutte le sue fibre e in una misura che essa non aveva conosciuto neppure durante il regime fascista, quando, nonostante tutto, a chi rifiutava la sua politicizzazione rimanevano tuttavia aperte varie vie per sfuggirla. Talune di tipo opportunistico e che lasciano comprendere perché coloro che allora le batterono o continuarono a batterle anche dopo la Liberazione o già allora perseguivano un ideale di cultura che era ideologico, anche se improntato ad una ideologia che si contrapponeva a quella fascista. Altre che, non a caso, caduto il fascismo, non avrebbero godute buona stampa e sarebbero state addirittura messe sotto accusa, ma alle quali va PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Mentre si discute sul ruolo e sulla credibilità dei 750 pentiti della mafia, a Palermo uno di loro, Salvatore Cancemi, scatena una bufera sul Palazzo di Giustizia. Accusa quattro fra i giudici più noti e importanti, che vi lavorano da anni, di essere stati spesso «morbidi». I quattro magistrati sarebbero il procuratore aggiunto della Repubblica Luigi Croce, che lavora gomito a gomito con Caselli; i presidenti di sezione della corte d'assise Gioacchino Agnello e Giovanni Barrile; il consigliere della corte d'appello Beniamino Tessitore. Pressato dai giornalisti, Croce se l'è cavata con un «no comment» e Tessitore, pure raggiunto telefonicamente, con un laconico «Sono sorpreso». Non c'è stata alcuna conferma ufficiale sul fatto che l'inchiesta, dopo le soffiate di Cancemi, sia stata smistata dalla procura della Repubblica di Caltanissetta - titolare degli accertamenti di quanto accade fra i giudici eli Palermo - al Consiglio superiore della magistratura, che avrebbe iniziato un'indagine. fatto invece tanto di cappello, perché muovevano da una consapevolezza primaria alla quale si poteva e doveva far anche sacrificio di qualcosa di sé: non perdere i contatti con la gioventù, con gli uomini di domani, e far intendere ad essi il significato e il valore della cultura. Un risultato che, se raggiunto, valeva molto di più di qualsiasi sussurrato discorso antifascista, che un'effettiva formazione culturale di base era - ed è - la maggior garanzia contro ogni ideologia e ogni integralismo, contro tutte le forze di antidemocrazia. Il che spiega perché, caduto il fascismo, la scuola italiana, pur con tutti i suoi limiti e difetti, la sua necessità di adeguamento alla nuova società di massa e i tentativi di sopraffazione ideologica alla quale fu sottoposta, esercitò ancora una funzione complessivamente positiva, che ha invece perso quando sulle sue cattedre sono giunte le nuove generazioni e in specie quelle «del '68» e, sbolliti i furori ideologici da esse attizzati, la più parte dei giovani ha perso ogni fiducia nella cultura e con essa nella ragion d'essere di una nazione italiana. Ho preso il discorso sulle dichiarazioni di Fini alla larga Salvatore Cancemi Sarebbe un'inchiesta che, sembra di capire, per quanto avviata nella massima discrezione non è passata inosservata. «Panorama» pubblica i nomi e cita alcuni particolari mentre per l'intera giornata di ieri a Palermo sono circolate indiscrezioni a raffica. Il solito «valzer delle ipotesi» che in Sicilia rende tutto incerto ma verosimile, sino a giungere alle più clamorose delle conclusioni oppure a un ((polverone». perché in un diverso clima culturale non sarebbero certo mancati gli interrogativi che di fronte ad esse i politici, la stampa, gli «intellettuali» si sarebbero potuti porre. A cominciare da quello della buona fede o della strumentalità di esse, a finire a quello di come gli italiani vedono, giudicano, «storicizzano» il fascismo. Nell'attuale clima culturale un'occasione di chiarezza o, se si vuole, di effettiva contestazione degli argomenti di Fini è stata invece sprecata per correre dietro a singole affermazioni come il ripudio del totalitarismo e del fascismo e dell'antifascismo in quanto ideologie che, certo, meriterebbero ben altro approfondimento, ma che sono state di fatto utilizzate per contestare tutta l'argomentazione di Giancarlo Fini - giusta o sbagliata che sia, in questa sede non mi interessa - con l'argomento che il segretario di Alleanza Nazionale è «anticomunista», vuole sia messo in soffitta l'antifascismo, ma non vuol rinunciare all'anticomunismo. E poiché non rinuncia all'anticomunismo - ecco il nocciolo della questione per la cultura ideologica presso la quale il discorso di Fini ha suscitato tanto Cancemi, boss della famiglia di Porta Nuova, autoaccusatosi di complicità nella strage di Capaci, da tempo sta raccontando un'infinità di cose. Il mese scorso ha riferito che al vertice di Cosa Nostra, in Sicilia, Faina è stato sostituito dal ricercato Bernardo Provenzano, corleonese come lui, e per vent'anni sua ombra in latitanza. Cancemi ha rivelato che Riina brindò con champagne dopo la strage di Capaci. Le sue «verità» su indagini e sentenze sulle quali i quattro giudici avrebbero influito, arrecando pochi danni ai boss, sono state prese con grande cautela, e con più di una riserva, dal procuratore della Repubblica di Caltanissetta, Giovanni Tinebra. Si sarebbe limitato a passare al Csm i verbali con le dichiarazioni del pentito senza entrare nel merito. Identica scelta, d'altronde, Tinebra aveva fatto tempo fa quando, sempre sulla base dei racconti di pentiti, si era trovato nella posizione di chi ha comunque il dovere di informare l'organo di autogoverno dei giudici su indagini che riguardano colleghi. Luigi Croce fu a lungo pm e poi sostituto procuratore generale in scalpore - è ancora fascista. Il che può anche essere vero o lo è certamente per un buon numero di ex missini, ma non è un argomento culturalmente valido, specie sulla bocca di chi al fondo non ha veramente ripudiato le proprie radici profonde che, come tutte le radici totalitarie, sono «un orrore», ragiona come ragionava Lucio Lombardo Radice nell'immediato postliberazione e, tutto sommato, finisce per apparire credibile o non credibile quanto il segretario di Alleanza Nazionale. La gravità della situazione nella quale versa oggi l'Italia è tale che certe reazioni suscitano in me, come dicevo all'inizio, una disperante tristezza. Molto c'è da ricostruire, il più importante mi pare però che si avvìi finalmente un processo di ricostruzione culturale. Senza la premessa di un serio discorso culturale non credo che qualsiasi regime, qualsiasi governo, qualsiasi forza politica possa incidere sul futuro, possa gettare le basi di una nuova classe dirigente e di un'autoimmagine nazionale accettata e, dunque, in grado di suscitare energie positive. Renzo De Felice parecchi processi alla mafia, ha collaborato con Caselli in tutte le indagini più scottanti. Beniamino Tessitore per anni fu considerato in rotta con Falcone, come lui giudice istruttore: è responsabile del Cesme (Centro studi mediterranei) che ha organizzato tempo fa convegni e spettacoli su vari temi culturali. Giovanni Barrile, anche lui ex giudice istruttore, presiede la prima sezione della corte d'assise e d'appello: pochi giorni fa ha annullato due condanne all'ergastolo nel terzo maxiprocesso alle cosche palermitane. Barrile anni fa accusò un sostituto procuratore della Repubblica di avere «smosciato» un'istruttoria, il caso finì al Csm che non ritenne tuttavia di adottare sanzioni. Il quarto giudice, il presidente della corte d'assise Gioacchino Agnello, è impegnato da alcuni mesi nel processo sui delitti politici, le uccisioni di Piersanti Mattarella, Pio La Torre e Michele Reina. Anche Agnello, in passato, fu per lungo tempo sostituto procuratore impegnato in difficili indagini sulle cosche. Antonio Ravidà Nuovo attacco al capo del Sisde: è uno «zarino» Quotidiano fondato nel 1867 DIRETTORE RESPONSABILE Ezio Mauro VICEDIRETTORI Lorenzo Mondo, Luigi La Spina Gad Lemer REDATTORI CAPO CENTRALI Vittorio Sabadin, Ruberto «oliato EDITRICE LA STAMPA SPA PRESIDENTE Giovanni Agnelli VICEPRESIDENTI Vittorio Caissotti di ( 'liinsano Umberto Glittica AMMINISTRATORE DELEGATO E DIRETTORE GENERALE l'aolo l'aloschi AMMINISTRATORI Enrico Autori Luca Gordcro di Montczemolo Jan (ìawronski Giovanni Giovannini Francesco l'aolo Mattioli Alberto Nicolello STABILIMENTO TIPOGRAFICO La Stampa, via Marenco 32, Torino STAMPA IN FACSIMILE * l.a Stampa, v.G. Bruno 84, Torino STT srl, v. C. l'esenti 130, Roma STSspa, Quinta Strada 35, Catania Nuova SAME spa, v. della Giustizia 11, Milano L'Unione Sarda spa, v.lc Elmas, Cagliari CONCESSIONARIA PUBBLICITÀ' l'ublikompass Spa v- Carducci 29, Milano, tel. (02) 86470.1 c. M d Azeglio 60, Torino, tel. (011) 65.211 (altre filiali inizio annunci economici)