«In campo contro i boss»

«In campo contro i boss» «In campo contro i boss» vuole che a dare la patente di pentito sia un organismo politico oppure un magistrato molto vicino all'esecutivo». Caselli non rinuncia a sottolineare che «l'uso dei collaboratori di giustizia ha ottenuto importanti risultati. Si dice: "squadra che vince non si cambia". E allora perché in materia di pentiti sarebbe tutto da rifare? Ad esempio io credo che senza pentiti la strage di capaci sarebbe tuttora un mistero». La «sala Gialla», comunque, finisce con l'essere anche teatro di una plateale «paciata» tra Caselli e Biondi: un abbraccio con reciproche attestazioni di stima. Ma la rappresentazione ha avuto un secondo tempo. Il testo prevedeva l'incontro del Guardasigilli con la Camera penale e i vertici del Palazzo di Giustizia, nell'aula magna del Tri¬ dasigilli e, a chi avanza diffidenza verso il garantismo, replica secco: «Sono garantista e me ne vanto». Maria Falcone, nella scomoda posizione di ospite, ricorda il sacrificio dei martiri e il giudizio positivo che questi diedero sulla utilizzazione dei pentiti. «La legge va solo perfezionata», è la sua conclusione. Caselli è più duro. Fresco di scontro a distanza con Biondi, approfitta della presenza del ministro per chiarire: «Mi pare di aver capito che si vogliono attribuire nuove competenze alla Direzione nazionale antimafia. Se ho ben inteso la Dna verrebbe caricata di compiti di verifica della attendibilità del pentito. Ma ciò significherebbe anche compiti investigativi e competenze che non le sono propri». Il concetto è chiaro ma, in sala, qualcuno lo rende più esplicito: «Biondi

Persone citate: Biondi, Caselli, Maria Falcone