UN MITO AMERICANO

Estero LA STAMPA WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il corpo di Jacqueline Kennedy Onassis ha cessato di vivere in un soffio poco dopo le dieci della sera di giovedì. La sua mente era già stata portata lontana dal coma. «E' semplicemente scivolata via», ha annunciato commossa la sua fedele amica Nancy Tuckerman. «E' morta come voleva, circondata dai suoi cari», ha detto il figlio John Jr. Ma, come in un'estrema ironia del destino, quella donna che aveva lottato tutta la vita per proteg ■ gere la sua vita privata dalle più indiscrete curiosità, è morta mentre sul marciapiede sotto il suo attico al 1040 della Quinta Strada a Manhattan si erano raccolte centinaia di persone e il traffico strozzato si incuneava a fatica tra i camion delle televisioni con le parabole satellitari sul tetto e le postazioni dei telecronisti montate in fretta e furia tutto attorno. Il suo momento più intimo è stato il più pubblico, come un altro, del resto: quando con il vestito rosa macchiato di sangue sorresse la testa inanimata del marito a Dallas. Non poteva essere altrimenti. Con Jackie è scomparso il più grande mito che abbia dominato la psicologia collettiva americana negli ultimi 30 anni. Su quel marciapiede cittadini commossi della prima Re¬ UN MITO AMERICANO AWASHINGTON VIDA e tenerissima, eterea e spietata, ingorda come una bottegaia da mercato arabo e fragile come una porcellana cinese, Jacqueline Bouvier sposata Kennedy sposata Onassis era certamente la donna più celebre e più sconosciuta del nostro mondo. Nessuno, che non abbia vissuto gli ultimi 50 anni sepolto in una caverna della Nuova Guinea, poteva ignorare il suo nome. Nessuno, neppure i suoi amici, neppure il suo ultimo compagno, il re dei diamanti Templesman, e forse neppure Marta, la domestica italiana che era con lei da 30 anni nelle 15 stanze del suo condominio di Manhattan, può dire di averla conosciuta davvero. «Jackie è passata nelle nostre vite come un geroglifico inciso su una stele in una lingua perduta» diceva di lei il grande architetto cinese e suo intimo amico, I. M. Pei. «forse un giorno qualcuno riuscirà a decifrarlo. Ma non oggi». Oggi, un mondo che l'aveva adorata, vilipesa, santificata e seguita a ogni gomito della sua esistenza prodigiosa e terribile, è costretto a seppellire un mito che ha affascinato generazioni diverse, popoli distanti, culture difformi e a scoprire, troppo tardi, che questa donna di 64 anni uccisa da un linfoma molto più grave di quel che gli addetti stampa bugiardi ci avevano raccontato, è stata forse l'unica, la sola vera regina di un tempo senza nobiltà. In un regno durato 31 anni, cominciato quel giorno del novembre 1963 quando accompagnò dietro la veletta nera il feretro di John Kennedy al cimitero di Arlington, sua maestà Jacqueline Prima (e ultima) è stata tutto quello che una sovrana dovrebbe essere: silenziosa eppure visibile. Ricchissima eppure discreta. Affascinante ma non bella. Distante eppure vicinissima. Una regina che lavorava per una casa editrice al modesto salario di 60 milioni di lire lordi annui ma è morta lasciando un'eredità di almeno 500 milioni di dollari fra proprietà e liquidi, 850 miliardi, e che sembrava volare sopra le miserie del danaro, del sesso, dei divorzi e dei figli senza mai lasciarsene inquinare. Requiem per una regina, dunque, ma non per una santa. Perché sotto quel volto lontano, freddo come la faccia della luna d'inverno, Jacqueline Kennedy era un essere umano, una don- Estero Il cognato Ted e Onassis discussero per 2 giorni il suo appannaggio La sua vanità era leggendaria, è stata cliente fedele di tutti i grandi sarti del mondo

Persone citate: Jacqueline Bouvier, Jacqueline Kennedy, Jacqueline Kennedy Onassis, John Kennedy, Kennedy, Onassis

Luoghi citati: Arlington, Manhattan, Nancy Tuckerman, Nuova Guinea, Washington