Finanzieri arrestano i colleghi infedeli

|N| Di Pietro: «La Guardia di Finanza ha individuato le mele marce. Abbiamo scelto la trasparenza» |N| Di Pietro: «La Guardia di Finanza ha individuato le mele marce. Abbiamo scelto la trasparenza» Finanzieri arrestano i colleghi infedeli Sette tra ufficiali e graduati accusati di corruzione In manette anche 4 tra commercialisti e imprenditori |N| MILANO. «Sono qua perché volevo evitare che si diffondessero notizie poco corrette. La verità è questa: la Guardia di Finanza ha svolto indagini al suo interno, ha individuato alcune mele marce e ha fatto chiarezza. Tutto in un'ottica di efficienza e trasparenza». Antonio Di Pietro in persona spiega così l'inchiesta che ha portato, ieri, a undici arresti per corruzione. E, tra questi, ben sette finanzieri: i tenenti colonnello Rosario Scravaglieri, 56 anni, in servizio a Milano, e Luigi Donna, 55 anni (Caltanissetta); il capitano Mario Milani, 55 anni (Roma); i tenenti Emilio Stolfo e Giorgio Gedda, 58 anni, entrambi in servizio in Lombardia; i marescialli Mauro Pasquale, 52 anni (Roma) e Livio Ballerini, 60 anni (Milano). Brutta storia, ma sopratutto brutto colpo per l'immagine di un corpo che, come ricorda lo stesso Di Pietro, «collabora attivamente con noi da oltre due anni all'inchiesta Mani pulite». Invero le vicende sono vecchie e con la mega-inchiesta milanese non c'entrano nulla. «Banali episodi di corruzione», li definisce il colonnello Ugo Marchetti, comandante del nucleo regionale di polizia tributaria, a Milano. «Episodi - dice ancora - che non devono far dimenticare il contesto generale: noi svolgiamo migliaia di controlli ogni anno e casi simili si contano sulle dita di TRA TUNISI E HAMMAMET TUNISI DAL NOSTRO INVIATO Risponde una voce di uomo, a sera, al telefono di villa Craxi ad Hammamet. Un uomo maturo, con una lontana inflessione milanese. E' lui, Bettino, lo spodestato leader socialista? Non doveva essere ricoverato in una clinica a Tunisi, come diceva la moglie? Chissà. Ma forse sì, forse è proprio lui. Una cosa sola, infatti, è sicura. Dicono all'ambasciata italiana: «Il Presidente Craxi, da oggi (ieri per chi legge, ndr.) non è più ricoverato. Abbiamo saputo che è finito il primo ciclo di accertamenti. E che un'altra serie di esami lo attende nei prossimi giorni». Sfuma così un mistero. Bettino Craxi non è più in clinica. Inutile andare a curiosare sotto un sole caldissimo - nei corridoi delle due migliori cliniche private di Tunisi: l'ospedale Taufik, gioiellino sanitario che molte città italiane vorrebbero, oppure il policlinico El Manar, in cima a una collina verdeggiante, nella periferiabene di Tunisi. Craxi, se mai è CARLO SAMA deciso di verificare i verificatori. Si è assunta un dovere che è stato anche un male tremendo, ma ce l'ha fatta». «Sfrucuglia sfrucuglia», infatti, vengono prima arrestati due presunti complici di Nanocchio, il commercialista Emilio Cocchi e tal Iridio Fanesi, per molti anni nella Guardia di Finanza (era stato tra l'altro coinvolto nella storia del passaporto di Roberto Calvi) e poi aveva deciso di mettersi in proprio, come consulente. Segue quindi l'arresto di due sottufficiali in servizio a Gorgonzola (anche in questo caso bustarelle per «chiudere un occhio»). Questo fino a ieri. Quando, anche sulla base degli interrogatori resi dagli arrestati, parte l'«operazione di pulizia» che coinvolge una ventina di persone. Il gip Antonio Padalino firma undici ordini di arresto: i sette finanzieri e poi quattro tra imprenditori e commercialisti (i nomi non sono stati resi noti perché l'operazione è ancora in corso). Mentre la notizia comincia a diffondersi, la Finanza giudica che è meglio parlare chiaramente, subito: «Vogliamo dare una prova della nostra correttezza - dice il colonnello Marchetti -, il nostro è un tessuto sano». Susanna Marzolla A sinistra Antonio Di Pietro del pool di Mani Pulite Sotto, il procuratore capo Borrelli IL DIRITTO DI POTERCI ASCOLTARE Diranno che così miniamo la ripresa economica; ma anche quello di «riprenderci», nel più ampio senso morale della parola, è un nostro sacrosanto diritto. C'è però, nel documento dei vescovi, anche una coincidenza fortuita, forse si tratta di un puro caso. Ma, come si sa, spesso proprio ciò che appare casuale è invece, o anche, frutto di un positivo intervento della provvidenza. Trattandosi di un documento dei vescovi, l'ipotesi non è affatto avventata. L'aspetto provvidenziale della direttiva emanata ieri dalla Assemblea dei vescovi italiani sta nel suo coincidere con la vittoria - di Senato e di stadio, Atene e Roma - riportata l'altro ieri da Silvio Berlusconi, il quale nel suo discorso prima del voto di fiducia, oltre a invocare l'aiuto di Dio e a professarsi cattolico osservante, ha anche evocato esplicitamente quel mondo della televisione, dello sport, dello spettacolo, della pubblicità, di cui è insieme esponente, creatore e prodotto eminente. Ebbene, e difficile non vedere nel richiamo rivolto dai vescovi ai fedeli perché riscoprano il valore dell'astinenza dal fumo, dal cibo, dall'alcol, dal consumo di televisione e dei tanti «beni» che essa, ben al di là degli spazi pubblicitari, raccomanda in ogni momento, come frenetica reclame dell'esistente - una almeno implicita presa di posizione polemica nei confronti del nuovo che avanza.