La donna? E' una mortadella con Valeria Marini testimonial di Alessandra Comazzi

ZtìJ donna? E' una mortadella con Valeria Marini testimonial TIVÙ' & TIVÙ' ZtìJ donna? E' una mortadella con Valeria Marini testimonial DUE le rivoluzioni nella seconda parte del secolo: la velocità dell'informazione e l'irrompere delle donne nel mondo del lavoro. Le donne hanno compiuto le loro battaglie, tanta strada resta da percorrere, l'Italia sta tornando indietro, l'America estremizza talmente la riforma da far presagire una controriforma, il costume è in continua evoluzione, serpeggia la contraddizione. In tutto questo, le donne avevano bisogno di una bandiera, di qualcuna che capisse e interpretasse e sintetizzasse il loro pur complesso stato d'animo. Strumento della provvidenza, è arrivata Valeria Marini. Ha potuto dire l'altra sera da Pippo Baudo, che su Raiuno capitanava la trasmissione dal titolo «Tutte donne meno io»: «Sono contenta che ci siano programmi come questo, che valorizzano la donna, che se lo merita». E subito dopo cantava (cantava?) «Malafemmena» di Tota «un brano che mi piace molto perché fa atmosfera», come il brandy, muovendosi peccaminosa sulla sedia. Grazie a Valeria Marini, abbiamo finalmente capito quali sono le trasmissio- nosa ria li capii ni che valorizzano la donna, intesa naturalmente come categoria, da difendere, o sfruttare, o per l'appunto valorizzare, intanto che si consuma. Come un prodotto, un vino, un olio, una mortadella. Le trasmissioni giuste sono quelle in cui vengono ripetuti i soliti modelli di interesse classicamente femminile, la moda, la bellezza, le copertine dei rotocalchi. Oh, già. Dobbiamo forse avercela a male? Certo che no. Anche perché a «Tutte donne meno io», titolo mutuato da quello di una rivista di Macario, dove almeno le ballerine ballavano, c'erano effettivamente tutte donne: ci sono andate con le loro gambe negli studi Rai, non erano mica di cartapesta, e hanno partecipato, cantato, parlato, si sono fatte intervistare, «valorizzare», e nessuno le obbligava. Pippo Baudo stava lì in mezzo come un eunuco in un harem, galante e carino ma non pericoloso. Anche lui, benedett'uomo: ma perché mette la sua proverbiale «professionalità» alla mercè di serate come questa? Ci sono dei vuoti di palinsesto da riempire, non ci sono soldi per realizzare un pro¬ gramma vero. Va bene, abbiamo capito, ci siamo abituati. Ma ci sono pene pecuniarie o corporali per chi dimostrasse di avere qualcosa per la testa, un'ideuzza, una velleità, una piccola voglia di tentare? Evidentemente sì, evidentemente c'è l'obbligo, morale e materiale, di ricorrere sempre e soltanto alla decrepita formula della serata a tema. Dove il «tema» è la donna. Si potrebbe proseguire con gli ebrei, gli omosessuali e i negri, guardate un po' quanti altri speciali si farebbero. La Rai ha abbandonato la sua funzione di rete pubblica per spingersi nelle apparentemente più facili strade del commercio. Solo che nemmeno il commercio sa fare: perché l'altra sera, su Italia 1, Fiorello con la sua «Serata Karaoke» è arrivato a quasi 6 milioni di telespettatori, mentre Pippo Baudo con le sue donne da valorizzare non è arrivato ai 4 milioni e mezzo. Sconfitto sul terreno del «nazional popolare», sconfitto dallo spettacolo che il «popolo» mette lui stesso in scena, sulle piazze. Alessandra Comazzi

Persone citate: Macario, Pippo Baudo, Valeria Marini

Luoghi citati: America, Italia