E il re-gigante in esilio piange per il suo popolo

E il re-gigante in esilio piange per il suo popolo E il re-gigante in esilio piange per il suo popolo NEI SUBURBI DI WASHINGTON WASHINGTON E Kigeli è triste. E non isolo perché è un re senza trono, palazzo e beni. E' triste perché il suo popolo è precipitato in una spirale di massacri, perché la sua terra è devastata dall'odio e dalla miseria e perché con i suoi poveri mezzi non riesce a fare molto per frenare questa tragedia. Re Kigeli del Ruanda vive esule, dimenticato e povero in un sobborgo della capitale degli Stati Uniti e non gli passa neppure per la mente di rivendicare la corona. Vorrebbe, dice, poter ritornare nel suo pae¬ se «come semplice cittadino», ma questo ora non è possibile per molte ragioni. Oltretutto il monarca spodestato e un Tutsi, la tribù di minoranza, vittima principale dei terribili massacri da parte dei miliziani governativi della tribù Hutu. Kigeli Ndahindurwa, con i suoi 2 metri e 17 di altezza, non è tipo da passare inosservato, ma della sua esistenza si è venuto a sapere solo per le lettere che spedisce a potenti e associazioni di tutto il mondo perché facciano qualcosa per il Ruanda. Vive in un modesto appartamento ammobiliato in un sobborgo di Washington, Takoma Park, fuori dalla cintura, dove comincia lo Stato del Maryland. E' arrivato nella capitale americana due anni fa, dopo lunghe peregrinazioni in Tanzania, Uganda e Kenya. Non ha soldi. Vive di pochi contributi da parte del governo americano e di qualche aiuto di amici. Ha 57 anni e gli ultimi 33 li ha passati in esilio. Non viene certamente invitato all'ambasciato del Ruanda, che lo considera un nemico, ma non frequenta neppure altre amba¬ sciate. Ha regnato per soli due anni, dal '59 al '61. La sua tribù, i Tutsi, mosse nella terra del Ruanda attorno al 1300 e presto ne assunse il controllo, stabilendo una supremazia sugli indigeni Hutu. In seguito, il Ruanda e il vicino Burundi furono colonie prima della Germania e poi del Belgio dal 1890 all'inizio degli Anni 60. Gli Hutu si ribellarono alla dominazione belga nel '59 e tre anni dopo il paese ottenne l'indipendenza. Nel frattempo, i belgi avevano già sbarrato le frontiere a Kigeli, che era stato sorpreso dagli ultimi sussulti della guerra di indipendenza mentre era in viaggio nello Zaire. Nel '62 un referendum popolare abolì la monarchia in Ruanda. Kigeli cominciò una vita di vagabondaggi. Pur nella miseria, Kigeli mantiene un aspetto molto distinto. Veste dignitosamente e indossa occhiali da intellettuale. Solo un anello, con un leone e un uccello in una corona, potrebbe svelare la sua identità regale. Parla cinque lingue e adesso, quando non legge i tristi dispacci con il conto aggiornato dei morti e dei profughi in Ruanda, studia con impegno l'inglese. «Penso al mio paese ogni giorno - dice -. Oggi l'immagine del Ruanda è molto brutta, ma è un bellissimo paese». «Quello che sta succedendo adesso - spiega - è la peggiore tragedia che si sia mai consumata nella storia del Ruanda». Abbassa la voce e con un'espressione di controllato disgusto aggiunge: «Il massacro di civili, soprattutto di bambini, è una cosa orribile. E' triste, è molto triste». Anche la vedova di suo fratello, re Mutara III Rudahigwa, a cui Kige¬ li succedette sul trono, è stata uccisa nei recenti massacri, che sono ormai costati la vita a oltre cinquecentomila persone. Re Kigeli vive solo, circondato unicamente dalle cure di un vecchio e fedele consigliere-segretario, Boniface Benzinge. Kigeli non si è mai sposato. Dice che questa è un'inflessibile tradizione nel suo paese. «Il matrimonio è simbolo di felicità e un re in esilio non può sposarsi», spiega il fedele Benzinge. Paolo Passarmi

Persone citate: Boniface Benzinge, Kigeli, Mutara Iii Rudahigwa