Al Cavaliere il paracadute del ppi di Augusto Minzolini

Al Cavaliere il paracadute del ppi Al Cavaliere il paracadute del ppi Andreotti: voto contro, ma a malincuore : :. ■;;::>.:>:;:;:;; yyyyyyyy■ y^y^y:-:■: .y;yyy.yyy yy.yyy I ]g ; | *S ]*;"? M .'J } f :'tills!! UN MERCOLEDÌ' DI SOSPINSE ROMA ■ ANCHERANNO dall'au1 la il numero dei senatori popolari necessario a far passare il governo... Berlusconi andrà avanti per un bisogno fisiologico». La previsione di Salvatore Ladu, senatore del ppi, grande amico di Francesco Cossiga, si dimostra azzeccata alle 21 di ieri sera, quando il grande tabellone di Palazzo Madama mette a nudo il risultato di una settimana di trattative sotterranee e di impegni segreti: il governo Berlusconi riesce a decollare grazie all'aiuto decisivo di alcuni senatori del Ppi. Basta fare i conti con quelle cifre luminose e la verità viene a galla. Il cavaliere nel giorno più fortunato della sua vita deve dire grazie oltreché ai quattro giocatori del Milan che segnando gli fanno conquistare un'altra Coppa dei campioni, anche ai quattro «popolari» che scegliendo di non votare consentono al suo governo di superare la prova di Palazzo Madama: i senatori Grillo, Zanoletti e Cusumano che pagano la loro scelta in favore della "governabilità" con la "sospensione" dal partito; e un altro senatore del ppi e socio in affari di Berlusconi, il produttore Cecchi Gori, che dall'estero spiega in poche righe i motivi della sua assenza: «Fatti i conti - fa sapere - ho capito che il mio voto sarebbe stato ininfluente». Berlusconi deve essere grato anche al senatore dell'Union valdotaine, Dujani, che, con la sua diserzione dal voto, ha restituito lo "sgarbo" ricevuto martedì sera dal pds. «Quelli di Botteghe Oscure - spiega - non hanno appoggiato il candidato del gruppo misto alla carica di segretario, la senatrice Thaller, e io gliel'ho fatta pagare». Deve essere riconoscente al rappresentante della Lega Alpina, De Paoli. Ed infine, un "grazie particolare" il neo-presidente del Consiglio deve indirizzarlo al senatore a vita Amintore Fanfani, che com'era nei patti, per aiutarlr• se ne è rimasto a casa. E se l'app >ggio dei senatori Cossiga, Leone e Agnelli era dato per scontato, Berlusconi non avrà nessun debito d'ora in poi nei confronti di Spadolini e Taviani. I due senatori a vita, infatti, visto che non ce n'era bisogno, non hanno dato l'aiuto promesso: al momento del voto si sono astenuti e al Senato, si sa, T'astensione" equivale ad un voto contrario. «Quei due si sono marcati l'un l'altro - ha ironizzato Gianni Letta - e quando Spadolini si è accorto che Taviani avrebbe votato, ha visto bene di seguirne l'esempio». Così alla fine di dieci giorni di grandi manovre, di incontri riservati, di patti segreti ieri si è scoperto che la vera battaglia per la nascita del primo governo Berlusconi si è combattuta tutta dentro il ppi. Nell'ombra, per il cavaliere, si sono mossi due emissari speciali: Letta e il braccio armato del presidente, nonché ministro della Difesa, Cesare Previti. Il loro interlocutore dentro il ppi è stato Luigi Grillo, capo dei peones che simpatizzano per Cossiga. Il grande avversario, invece, è stato Ciriaco De Mita, che fino all'ultimo ha perseguito un disegno tutto suo: far cadere questo governo per far nascere un Berlusconi «bis» con dentro i popolari e Ad e fuori Alleanza Nazionale o, addirittura, un governo istituzionale. «La verità - ha confidato più di una volta in questi giorni lo stesso Previti - è che dietro l'atteggiamento di chiusura del ppi c'è la linea di Avellino. De Mita vuole il ritorno della de ed è proprio quello che non deve avvenire». La partita «segreta» è andata avanti per giorni. Se si va a guardare nel diario di Grillo di quest'ultima settimana non c'è giorno che non ci sia una telefonata o un incontro con Previti, Cossiga o De Mita. «Qualche settimana fa - ha raccontato lo stesso Grillo l'altro ieri - il pds mi ha offerto addirittura di esser il suo candidato per la presidenza della commissione Bilancio. De Mita? Rimane un amico, ma parla come quelli che respirano l'aria dell'alta montagna, mi sembra un po' troppo inebriato». E, come avviene sempre, con il passare dei giorni anche la tattica dei giocatori è cambiata. Se in un primo tempo lo stato maggiore di Piazza del Gesù aveva puntato sull'ipotesi del Berlusconi bis, negli ultimi giorni ha tentato di ottenere un risultato meno ambizioso: far passare il governo Berlusconi per scongiurare il rischio di andare alle elezioni anticipate, evitando però un coinvolgimento diretto del partito popolare. Un cambio di rotta determinato, soprattutto, dal dissenso interno. Nell'assemblea del gruppo di lunedì sera, in- fatti, Mancino si è accorto di non controllare più un terzo del gruppo. La linea dell'«opposizione ad ogni costo» è stata criticata non solo da Grillo e dai suoi, ma anche da altri. C'è stato chi, come il senatore sardo Tamponi, ha detto chiaramente che la Chiesa non era d'accordo. «Io - ha raccontato - in questi giorni sono andato a parlare con tutti i vescovi del mio collegio e tutti, nessuno escluso, mi hanno detto che non possiamo far cadere questo governo». Lo stesso Andreotti si è mostrato molto problematico: «Lo siluriamo, ma che succede dopo?» Così lo stato maggiore di piazza del Gesù ha cambiato atteggiamento. «Gli astuti strateghi» - come li definisce Cossiga - hanno prima tentato di giocare la carta dei senatori a vita: «Non avendo stipulato nessun patto con l'elettorato - ha teorizzato più di una volta in questi giorni Mancino - non sono vmcoiati aua disciplina di partito». Un modo tutto democristiano per dire: un loro aiuto al governo salverebbe capra e cavoli, visto che non coinvolgerebbe il partito. Ma solo Fanfani ha risposto all'appello. Taviani, vecchio capo partigiano, non se l'è senlita di votare un governo con dentro ministri «post-fascisti». «Andreotti, invece - spiega Grillo - quando ha capito che i senatori a vita erano divisi, deve aver pensato che non gli conveniva essere determinante nella nascita di un governo Berlusconi... Sapete come la pensano i magistrati». Si è arrivati alla giornata di ieri. Al mattino, sempre per salvaguardare l'unità del ppi, Mancino ha pensato ad un altro espediente: «Visto che ci sono i precedenti - ha spiegato in più di un «pour parler» - si può valutare l'idea di far votare anche il presidente Scognamiglio». Ma anche questa proposta non sarebbe bastata allo scopo. Così si è arrivati alla «rottura»: Cossiga nel dibattito della mattina ha chiesto al ppi di far passare il governo non partecipando al voto; e nel pomeriggio, nell'ultima riunione del gruppo, Grillo, Cusumano e Zanoletti hanno certificato in una lettera a Mancino la loro decisione di astenersi dal voto. E Andreotti? Ha votato contro il governo, ma ha confidato proprio a Zanoletti: «Lo faccio, ma a malincuore». Augusto Minzolini Letta e Previti grandi tessitori con Piazza del Gesù L'ex presidente Francesco Cossiga ha proposto al ppi di non votare

Luoghi citati: Avellino, Roma