Depardieu terremoto a Cannes di Lietta Tornabuoni

Ieri «Una pura formalità», parapiglia per Fattore francese divo di un film metafisico Ieri «Una pura formalità», parapiglia per Fattore francese divo di un film metafisico Depardieu, terremoto a Cannes Il giorno di Tornatore primo italiano in gara CANNES DAL NÒSTRO INVIATO Gerard Dopardicu in giubbotto di seta nera è come un terremoto, un diluvio, una valanga, un incendio: scatena al festival un casino fenomenale intorno al primo film italiano in concorso (ma presentato a Cannes nell'originale versione francese, e già uscito ieri a Roma, Milano, in alcune altre città italiane), «Una pura formalità» di Giuseppe Tornatore. Folla allarmante di televisioni, fotografi e fans accaniti, botte, spinte, urla, risate, entusiasmo, Roman Polanski travolto che scherza: «Se avessi avuto voglia di dirigere Depardieu, adesso m'è passata». Alla conferenzastampa lo domande sono soprattutto per il divo francese, tanto da indispettire o quasi il regista: Depardieu spiega come, per recitare anche nudo il suo personaggio titanico, abbia dovuto ingrassare (senza sforzo, s'immagina) mangiando moltissimo, Tornatore commenta ironico «Io preparavo solo i pranzi, il resto l'hanno fatto tutto loro». E il film? Un colpo di pistola in una notte di grande pioggia, in un luogo senza nome e senza tempo, senza definizione. Un uomo che s'aggira smarrito e ubriaco nella foresta viene sospettato dalla polizia d'essere autore dell'omicidio appena scoperto. Viene portato in un commissariato squallido, povero, freddo, invaso da recipienti che raccolgono la pioggia gocciolante dal tetto sconnesso e dove nulla funziona: i telefoni sono privi di linea, le penne non scrivono, i tasti della macchina per scrivere non battono parole su fogli di carta che restano bianchi, la corrente elettrica viene a mancare. L'uomo, Gerard Depardieu, protesta, si ribella, grida ai poliziotti che c'è un equivoco, si fa riconoscere: è un famosissimo scrittore di romanzi, saggi, canzoni e opere teatrali, che da sei anni non pubblica più nulla e si è autorecluso in cam- pagna. Il commissario Roman Polanski che deve interrogarlo è un suo grande ammiratore, sa citare i titoli di tutti i libri, ne conosce a memoria pagine e passaggi. L'interrogatorio, oltre che un dialogo tra inquisitore e inquisito, tra artista e burocrate, tra celebrità dissipata e anonimato vendicativo, è dunque pure un confronto tra scrittore e lettore, tra autore e fruitore di un'opera. Nella lunga notte delle domande e delle risposte, 10 scrittore che cerca di difendersi dall'accusa di omicidio mostra di non ricordare le proprie azioni delle ultime ore (ne affiorano in flash back appena frammenti confusi, brandelli d'immagini); il commissario lo incalza sottolineando contraddizioni e menzogne. Un tentativo di fuga, uno scontro fisico con i poliziotti scandiscono il passare delle ore. L'interrogatorio induce lo scrittore a rivisitare le proprie colpe, a ripercorrere la propria vita e riconoscerne le presenze decisive: 11 vecchio professore di matematica, la ragazza piantata una volta brutalmente in un albergo senza neppure salutarla, l'amico clochard che è il vero autore del primo romanzo all'origine della fama, l'editore, la donna («si prova un grande disagio a essere amati»), l'alcol («quando scrivo è come se bevessi, la mia arte è solo una misera medicina, odio chi vuol costringermi a pubblicare quanto scrivo esclusivamente per non bere»). Con la luce dell'alba si saprà che il thriller realistico era una parabola metafisica: non c'è stato un omicidio ma un suicidio, quello dello scrittore; il cadavere che s'è intravisto portar via era il suo; non abbiamo assistito a un interrogatorio ma a una resa dei conti, a un giudizio dopo la morte; il commissariato fatiscente era l'ignoto che ci aspetta oltre la fine. Mentre lo scrittore viene accompagnato chissà dove, un altro si prepara all'estremo giudizio: «Ricordare, ricordare/è come un tuffo in fondo al mare/ricordare è come un po' morire», dice la canzone finale cantata da Depardieu. Illustrando il suo film, Tornatore ha parlato dell'interrogatorio come elemento tipico del nostro tempo e di questo momento italiano (nelle inter¬ viste giornalistiche, nei procedimenti giudiziari, nelle conversazioni che scambiano notizie anziché pensieri o affetti), ha parlato dei meccanismi della memoria negli individui e nelle nazioni («il nostro Paese, a esempio, ha una memoria cortissima»). Saranno certo anche queste le intenzioni, ma «Una pura formalità» risulta soprattutto un film di crisi: la storia d'un artista che ha perduto ogni fiducia in se stesso sino a sentirsi insopportabile e a uccidersi, d'una celebrità dovuta ad altri, difficile da alimentare, pesante da sopportare per le sue infinite esigenze... La sfida (impianto teatrale, luogo chiuso, due personaggi, atmosfera cupa, il tempo breve d'una notte, la macchina da presa perlopiù fissa) è bene affrontata, l'interrogatorio raccontato con tensione, energia e bravura: ma il soggetto e la sceneggiatura, scritti dallo stesso regista in un'aura francese Anni Trenta (Anouhil, Giraudoux, appena un tocco di Cocteau) sono più lambiccati che profondi, più velleitari che convincenti, più manieristici che emozionanti. Depardieu (doppiato in italiano da Corrado Pani) recita con facilità routinière, Polanski (doppiato da Leo Gullotta) è davvero bravissimo, tra gli altri pochi attori sono notevoli Sergio Rubini e Nicola Di Pinto. «Exotica», diretto da Atom Egoyan, 34 anni, nato in Egitto e cresciuto in Canada, è un melodramma pomposo e imbarazzante, poco interessante salvo per l'ambientazione: un locale notturno appunto esotico (palme, pappagalli, noci di cocco) con ragazze d'ogni tipo di bellezza quasi nude che si esibiscono sull'altalena o in contorcimenti e danze, che per cinque dollari vanno al tavolo dei clienti a mostrare anche di più. Fuori concorso sono stati presentati due cortometraggi della serie «Erotic Tales», «Wet» di Bob Rafelson sulla compravendita ribalda d'una lussuosa vasca da bagno, «The Dutch Master» di Susan Seidelman su un'impiegata che s'innamora d'un personaggio ritratto in un quadro olandese del Metropolitan Museum di New York e penetra nel dipinto: graziosi, maliziosi, troppo spiritosi per essere sensuali. Lietta Tornabuoni Gerard Depardieu con Roman Polanski è il protagonista del film di Tornatore Giuseppe Tornatore: secondo lui l'interrogatorio è un elemento tipico del nostro tempo

Luoghi citati: Canada, Cannes, Egitto, Milano, New York, Roma