«Alpini esempio d'Italia»

Treviso, trecentomila penne nere sfilano davanti al Presidente: «Loro ci indicano i valori» Treviso, trecentomila penne nere sfilano davanti al Presidente: «Loro ci indicano i valori» «Alpini, esempio d'Italia» Scalfaro: la patria sopra ogni cosa TREVISO DAL NOSTRO INVIATO Sono arrivati in 300 mila: ragazzacci dai capelli grigi con la pancia che un po' spinge dentro la camicia a scacchi e ragazzi veri, con il cappello di feltro che galleggia su zazzere poco più che ventenni. Gli alpini d'Italia hanno portato in sfilata, sotto le antiche mura di Treviso, le loro bandiere e i loro canti, assieme alla gioia semplice e contagiosa di chi è felice per il fatto stesso di avere una bandiera in cui credere e un canto in cui riconoscersi. Trecentomila, un mare che è dilagato per un giorno e una notte in questo fine settimana ad altissimo tasso emotivo ed alcolico, fino a ordinarsi, ieri, in un immenso corteo che, per quasi 10 ore, ha attraversato senza soluzione di continuità questa città bellissima e assolata. La sessantasettesima Adunata nazionale delle Penne Nere è stata quello che i 300 mila volevano che fosse: una grande, autentica festa popolare dove l'allegria s'intreccia con la nostalgia, che non è, però, mai rabbia, e dove anche i ricordi più tristi, come guerra e fame e morte, sanno diventare motivo di speranza per un domani migliore. Davanti al Presidente della Repubblica e al neoministro della Difesa Previti, gli alpini lanciano il loro monito attraverso tanti striscioni: «L'Italia deve cambiare, noi no» grida quello delle Penne Nere piemontesi. E Scalfaro, sollecitato a commentare queste parole, dice di aver raccolto «il richiamo semplice ed umano che riguarda ciascuno di noi e che, a mio avviso, significa: al di sopra di tutto e al di sopra di tutti bisogna che ci sia sempre l'Italia ed il popolo italiano». Il raduno di Treviso rappresenta «la prima volta» del ministro della Difesa Cesare Previti. E l'atmosfera di gioia e di concordia che s'irradia, probabilmente contribuisce a rasserenare anche i rapporti con il Capo dello Stato: sorrisi, strette di mano, scambi di cordialità sembrano aver cancellato la tensione accumulata nelle ore in cui il Quirinale aveva detto «no» alla nomina del braccio destro di Berlusconi a responsabile della Giustizia. Previti assicura di essere «emozionato e contento» di assistere alla sfilata degli alpini che rappresentano «uno degli aspetti più belli dell'Italia più vera». L'invito al cambiamento? «Se solo riusci¬ remo a cominciare a lavorare, proveremo a fare del nostro meglio. Speriamo di essere all'altezza della domanda di cambiamento che viene dal Paese e di non deludere le aspettative di tutti» risponde guardando oltre queste ore tranquille, ai prossimi appuntamenti del governo nelle aule di Senato e Camera. Per il Capo dello Stato si tratta della terza uscita pubblica in compagnia di ministri del governo Berlusconi. Solo alcuni giorni fa aveva partecipato a Roma ad una cerimonia alla scuola di polizia con il ministro degli interni Maroni. Ieri a Bergamo, aveva accanto il ministro delle Finanze Tremonti. Dal viale continuano a giungere note di fanfara, ritmate da migliaia di scarponi: una colon- na sonora accorata ed implacabile che s'insinua e vibra in chi sfila e in chi applaude. E fa sentire un groppo alla gola, e fa gonfiare i) cuore. Ecco gli alpini mutilati ed invalidi, ecco i reduci giuliani di Pola, Fiume e Zara: «I vivi e i morti sono qui» ricordano. Ed è poi la volta delle Penne Nere che arrivano dall'estero: Australia, Norvegia, Francia, Stati Uniti, Canada, Uruguay, Brasile. Sono «quelli del doppio zaino». Il primo l'hanno indossato per la naia, il secondo, più pesante, per andarsene lontano a cercare lavoro. La parata è sempre più imponente: è la volta degli alpini del Piemonte. E sono talmente numerosi che i loro canti echeggiano per quasi due ore sotto il palco da dove Scalfaro saluta. Era mattino ed è ormai pomeriggio. L'ultima canzone piemontese si mescola ai primi cori lombardi. E', ora, il momento degli alpini liguri: «A noi basta una penna per volare in alto» ricordano. Ed ecco i napoletani, che giustificano il loro numero ridotto: «Pochi, ma buoni». Marche, Abruzzo, Lazio: tutta l'Italia delle montagne scivola, a file di dieci, in questa grande strada. Verso le 18 il fiume colorato e sonoro si esaurisce. La festa riprende senza argini e la parola d'ordine torna ad essere: autosufficienza. Il che significa, tra l'altro, anche ultimare la gestione dei 20 mila litri di vino, a denominazione di origine incerta, profusi per corroborare i protagonisti del raduno. I furgoni-osteria, soccorso per chi era in crisi di astinenza da Merlot o Cabernet, sono stati gli ultimi a lasciare Treviso. Proprio mentre si smontava l'ospedale da campo dove i 20 letti disponibili hanno un po' faticato, in queste ore, a reggere il turnover dei ricoverati sull'orlo di una crisi da alcol. Autosufficienza: un imperativo, a volte, decisamente eccessivo, in questo week-end in cui sono stati venduti quintali di prosciutto e di porchetta, c'è stato infatti chi la cena ha deciso di portarsela da casa. Viva. L'altra notte in Lungosile Mattei, gli abitanti sono stati svegliati dagli strilli di un maialino che davvero non voleva saperne di finire allo spiedo. Manco a dirlo, ha dovuto arrendersi. Renato Rizzo Uno striscione in testa al corteo afferma «Il Paese deve cambiare, noi no» E il ministro della Difesa Previti «Speriamo di non deludere le loro attese» Il ministro Previti (al centro del palco) e alla sua sinistra il presidente Scalfaro osservano la sfilata dei 300 mila alpini che hanno pacificamente invaso Treviso