IL PALAZZO di Filippo Ceccarelli
Il Guardasigilli: dopo due anni di vacanza del potere politico ognuno torni al suo mestiere r wmmm 1 IL PALAZZO Ccd, parenti poveri con un tocco dipsdi 1 UNGA vita al Cicidì. m A Lunga vita perché Prima o Seconda Repubblica il Centro Cristiano Democratico, ecd, offre la più vistosa conferma che la politica italiana ha comunque bisogno di un partito che fa ridere. Fino all'altro ieri, lungo un arco di tempo che approssimativamente va dai fasti comici e ormai archeologici di Tanassi fino alla recente epopea burlesca del Cariglione, questa necessità era ben appagata dal psdi. E tuttavia, pur riconoscendo che l'ultimo segretario, Enrico Ferri, ha fatto di tutto, compresi il cambio di nome in «Socialdemocrazia cristiana», l'esibizione con il cappelletto di Batman e il distintivo di Paperino, ecco, da tempo il psdi aveva esaurito il suo ruolo farsesco. La novità, visibile nel mercato di poltrone del primo governo Berlusconi, è che il vecchio psdi ha oramai idealmente consegnato il testimone al Cicidì la cui sigla, che richiama bisbigli infantili o meno innocenti nomignoli da letto, è già essa stessa certezza di buonumore. «Quei bravi ragazzi - così li ha chiamati una volta il Berlusca - che per me se ne sono andati dalla de». Il bel Casini; il trepido Mastella; quel D'Onofrio del quale gli altri due temono da mesi l'improvvida fuga verso Forza Italia; l'Ombretta Fumagalli, distintasi per quel sagace commento post-elettorale per cui «Ci dicevano che eravamo quattro gatti, e invece siamo 44 gatti». Che alla fine hanno buscato solo un paio di ministri e sottosegretari, ma che fatica. Bisognava vederli dal vivo, «i ragazzi Cicidì», a caccia di posti. Come pure Berlusconi, stremato da quel tornado di proteste, suppliche, lusinghe, dalle più roboanti rivendicazioni - giacché pure l'inesorabile «collera del Mezzogiorno» sembra sia entrata sul tavolo della trattativa - messe in atto per la soddisfazione di questa piccola, ma famelica combriccola di politici che con ardito guizzo analogico e antropologico si possono definire nuovi socialdemocratici. Ancor più comicamente socialdemocratici se si dà 1 * li soci credito alla voce secondo cui i ecd si presentavano senza invito, insomma s'imbucavano ai vertici di via dell'Anima. E che qui, come se nulla fosse, in realtà nell'imbarazzo generale, si sedevano pure a tavola, con il migliore appetito. Voce mai smentita, per la verità, anzi avvalorata dal cuoco personale del Berlusca, Persichini, con inevitabile, simbolico fall-out di commenti ridanciani sui «parenti poveri» che non volevano mangiare in cucina, e conseguente, grottesca messa a punto del fiero Casini: «Guardi, a casa Berlusconi, a pranzo, ci sono stato un'infinità di volte. Il menù lo conosco a memoria. Lui non ci ha invitato ai vertici, ma lo capisco». Ah, meno male. E davvero, su questo terreno quasi più alimentare che gastronomico sembrano rivivere i socialdemocratici e il loro ristorante sberleffo: il Cuccurucù. Tutto torna, nel gioco delle affinità umoristiche col ecd, a cominciare da quel minaccioso accattonaggio. Tutto si tiene, nel confronto tra due mondi che pure una nobile tradizione ora deformata rende straordinariamente simili: la stessa vaga approssimazione politica e programmatica, affidata al monosillabo «boh»; l'identica sensazione di straniante promiscuità per cui l'esecutore testamentario di don Sturzo convive con la notizia, magari anche falsa, di 86 milioni di tangente in abiti uomo, donna e bambino. Resta solo il dubbio, metafisico, dei ritorni. Se in genere la storia si ripete come una farsa, che dire, che pensare, quando era già una farsa? Filippo Ceccarelli
Persone citate: Berlusconi, D'onofrio, Enrico Ferri, Fumagalli, Mastella, Persichini, Sturzo, Tanassi
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