Conte: il jazz unica luce del'900 di Marinella Venegoni

Novi Ligure, Paolo Conte sui mali della musica, «ma all'orizzonte non c'è nulla» Novi Ligure, Paolo Conte sui mali della musica, «ma all'orizzonte non c'è nulla» Conte; il jazz unica luce del /900 «Sarò l'avvocato della mia e della vostra ignoranza» NOVI LIGURE DAL NOSTRO INVIATO L'avvocato era di buon umore, finalmente non doveva suonare. Invitato al teatro Uva dal suo violoncellista (il quale, essendo di Novi Ligure, non poteva che chiamarsi Girardengo), ha coordinato una chiacchierata planetaria sulla musica, e il suo nome ha richiamato un bel po' di gente. Aveva messo per l'occasione le scarpe di vernice e, al tavolo, sul palcoscenico, stava seduto fra professori: due vicedirettori di Conservatorio, Sergio Pasteris di Torino e Gian Marco Bosio di Genova; un docente alla Facoltà di lettere e filosofia di Genova, Franco Contorbia. E a Paolo Conte il bastone del comando, la facoltà d'introdurre, interrompere, sollecitare domande e cambiare discorso. Il baffo era fermo e altero, gli occhi divertiti e implacabilmente rivolti all'orologio. Il preambolo fulminante: «Non voglio essere protagonista, voglio divertirmi anch'io. Con questi formidabili professori sarò l'avvocato della vostra ignoranza e della mia». E via alla questione che gli sta più a cuore: c'è un'impasse nella creatività musicale di questo momento storico. Ai professori ha chiesto lumi su analoghi periodi nel passato. Tranquillo, gli ha risposto Bosio: Bach sarà stato geniale ma non produsse nulla di nuovo, bisogna passare per Clementi e Haydn per arrivare a Mozart e poi al «tornado Beethoven». Pasteris è tornato più indietro, a Guido d'Arezzo, per rassicurare: anche quell'epoca sembrava statica, ma in realtà c'era un formicolio costante. Poi, Contorbia ha prepotentemente spostato avanti il discorso di due secoli: «Un tempo, chi si occupava di canzonette veniva ritenuto frivolo; dagli Anni Sessanta è cambiato il rapporto con la canzone, che ha assunto diritto di cittadinanza nei manuali». Conte è uno dei protagonisti dei nostri giorni e lo sa, ma non è sembrato affatto rassicurato: «Volevo sapere a che punto è la notte, forse perché non mi sento di dar risposte in termini di canzone d'autore. All'orizzonte non c'è nulla, il jazz attraversa un periodo buio, la musica colta fa tentativi sperimentali che a noi uomini della strada non arrivano. Sono ben felice di esser trattato con riguardo dalla critica letteraria e dalle tesi di laurea, ma ho paura che storicamente siamo arenati». E' seguita una spiegazione inquieta, che deve tormentare anche gli altri autori di coscienza: «Forse c'è un blocco sul piano dell'espressività perché c'è la necessità di catturare con grande rapidità, senza chiedere al pubblico una preparazione specifica». Contorbia ha ricordato che non è solo un problema di pubblico: l'avvocato viene ad esempio dipinto da alcuni manuali in modo riduttivo, nella prospettiva degli Anni 50 e della provincia. E Conte, con insensata modestia: «Riflettendo sul nostro mestiere di canzonettista, la gente ha diritto di capire perché scrivi. Senza conservatorio, senza tecnica per il jazz, non ti rimane che la canzone: con amor proprio e gusto estetico, cerco di lavorare con nobiltà». Segue dibattito con il pubblico. A un ragazzo che gli chiedeva se il jazz fosse proprio musica morta, ha risposto infervorato: «Il jazz per sua natura non potrà mai finire, vive come punto di vista per guardare tutte le musiche di questo secolo». Ha poi riaffermato la propria marginalità rispetto alla canzone d'autore: «Debbo ringraziare per esser stato ospitato nella canzone d'autore ma mi sento molto diverso, non ho vissuto le loro esperienze universitarie e sociali, quando loro accendevano fuochi io già lavoravo». Marinella Venegoni Paolo Conte conferenziere

Luoghi citati: Bosio, Genova, Novi Ligure, Torino