Preso a Napoli

Preso a Napoli Preso a Napoli Per fame ha rubate in un pollaio NAPOLI. Maledetto quel chicchirichì che all'improvviso ha rotto il silenzio della notte, come una disperata richiesta di aiuto. Se non fosse stato per il gallo imprigionato nel bagagliaio con altre sette galline, Santuccio Maretta sarebbe filato via in barba al carabiniere che stava per dargli il via libera, dopo il controllo dei documenti a un posto di blocco. Gli è andata male. L'ha tradito lo starnazzare che proveniva dall'auto, e lui alla fine ha dovuto gettare la maschera: «Brigadiè, ho rubato gli animali per sfamare i miei ragazzi. Ho undici figli e non riesco a trovare uno straccio di lavoro: cos'altro potevo fare?». Una piccola storia tragicomica, quella di Santuccio Maratta, ladro di polli nell'era di Tangentopoli. Ex ministri, capipartito e alti funzionari dello Stato hanno rubato miliardi, mentre lui si accontentava di qualche gallina da fare allo spiedo. Nel suo caso la giustizia si è mossa con insolita celerità: il processo, celebrato per direttissima ventiquattr'ore dopo il furto, si è concluso con una condanna ad un mese di reclusione. Il pretore, mosso in qualche modo a compassione, gli ha concesso gli arresti domiciliari. Santuccio vive in uno dei tanti casermoni costruiti alla periferia di Eboli, un paese del Salernitano: terra fertile, prima che il cemento colasse a iosa dopo il terremoto di quattordici anni fa. Il quartiere è da sempre rifugio di piccoli pregiudicati, come il protagonista di questa storia. In caserma hanno un fascicolo alto una spanna su di lui: dentro c'è un lungo elenco di furtarelli, quasi sempre confessati dal colpevole. Nessuna meraviglia, dunque, se il brigadiere che la notte scorsa controllava le auto ad un posto di blocco ha fermato Santuccio appena lo ha riconosciuto. «Patente e libretto di circolazione», ha chiesto, e il nostro ha mostrato i documenti. Deve avere avuto un tuffo al cuore, quando il carabiniere insospettito ha voluto sbirciare nell'abitacolo della macchina, una scassatissima Peugeot. Ma poi, appena il carabiniere gli ha dato il via libera, ha tirato un bel sospiro di sollievo. A questo punto, il colpo di scena: un imprevedibile chicchirichì proveniente dal bagagliaio ha rotto il silenzio con il fragore di un'esplosione. Santuccio, vistosi scoperto, ha tentato la fuga, ma è stato inseguito e bloccato. Non gli è rimasto altro da fare che mostrare il bottino: un gallo e sette polli, uno dei quali già morto e pronto per la pentola. L'ultimo atto si svolge in un'aula della pretura di Eboli, quando il disoccupato viene condotto davanti al giudice. E' un processo senza storia, visto che l'imputato è reo confesso. Eppure Santuccio non rinuncia a difendersi. E a capo chino si giustifica nella speranza di ottenere clemenza. «Presidente, l'ho fatto non per me, ma per i miei figli spiega -. Ne ho undici, tutti ancora piccoli. Non avevano nulla da mangiare e la fame, signor giudice, è una brutta bestia. Così sono andato in campagna». [f. mil.] ' ITALIANE

Persone citate: Santuccio, Santuccio Maratta, Santuccio Maretta

Luoghi citati: Eboli, Napoli