Un teste: «Non ho mai sentito che avesse rapporti con la mafia. A lui tutti chiedevano consigli, era in prima linea nella lotta ai boss»

Un teste: «Non ho mai sentito che avesse rapporti con la mafia. A lui tutti chiedevano consigli, era in prima linea nella lotta ai boss» Un teste: «Non ho mai sentito che avesse rapporti con la mafia. A lui tutti chiedevano consigli, era in prima linea nella lotta ai boss» Pietro Contrada, i veleni di Palermo Scricchiola il castello di accuse contro l'ex questore PALERMO DAL NOSTRO INVIATO spiegare cosa volesse dire Cassarà a proposito dell'inaffidabilità di Contrada. Il giudice Raimondo Cerami ha raccontato di una visita di Contrada «inattesa e non annunciata», all'epoca delle indagini sull'uccisione di Cassarà e Montana. Cerami trovò strano che Contrada prospettasse un movente strettamente «mafioso» (il fatto che Cassarà avesse gestito il pentito Contorno), mentre l'inchiesta si attardava sui «veleni» all'interno della squadra mobile. Erano pure venuti a galla sospetti su alcuni poliziotti. Contrada? No, il funzionario non era tra quelli nel mirino del giudice e non era più nei ruoli della polizia di Stato. La sfilata l'hanno chiusa Angelo Sinesio, funzionario del Sisde, e Santi Donato, ex maresciallo della squadra mobile. Quest'ultimo ha descritto Contrada come un «fraterno amico di Boris Giuliano» e funzionario esperto «al quale tutti chiedevamo consigli visto che da sempre era impegnato nella lotta alla mafia». Sinesio ha raccontato che il pentito Mutolo aveva fatto al procuratore Borsellino i nomi di Contrada e Signorino (il magistrato morto suicida in seguito allo scandalo) indicandoli come collusi con la mafia. Ha aggiunto di averlo confidato a De Luca, per metterlo in guardia, e che quest'ultimo lo aveva riferito a Contrada. De Luca, definito da Sinesio uomo al di sopra di ogni sospetto, in quell'occasione difese Contrada, preoccupandosi della sua salute. sione degli atti, seppure definendo la richiesta «una chiara manovra intimidatrice nei confronti del diritto dell'imputato a difendersi». Il primo teste a salire sul pretorio è stato Procopio La Mattina, maresciallo in pensione e componente dell'Ordine dei cavalieri del Santo Sepolcro, indicato dall'accusa come un centro di potere occulto. La Mattina ha smentito Contrada, negando di essere stato lui a proporre al funzionario l'iscrizione all'ordine. Forse qualcosa in più avrebbe potuto dire il cavalier Cassina, che, all'epoca dei fatti, era luogotenente generale dell'Ordine religioso, ma il teste era assente. L'ex maresciallo, da un lato ha smentito la tesi dell'imputato, ma dall'altro ha offerto l'immagine di un Contrada irreprensibile e impegnato contro la mafia. Anche Francesco Forleo, ex segretario generale del sindacato di polizia, non è stato un teste «completamente» a carico dell'imputato. L'ex deputato ha confermato che il commissario Cassare «viveva, anche tra i suoi colleghi, uno stato di completo isolamento», che «non si fidava di Contrada», che le strutture dove lavoravano i due (squadra mobile e Alto commissariato, ndr) «non comunicavano», ma alla domanda se avesse mai sentito dire che Contrada fosse corrotto e colluso, Forleo ha risposto: «Assolutamente no». Nessuno può dirlo, ma per poter avere un senso compiuto, forse, la deposizione di Forleo avrebbe dovuto godere della possibilità di avvalersi di un ragionamento politico. Anche per I testi dell'accusa si succedono uno dopo l'altro, udienza dopo udienza, ma il «mostro» Bruno Contrada tarda a venir fuori dai lunghi e sofferti interrogatori di pubblici ministeri e difensori. Si delinea, invece, un clima, uno sfondo - quello degli anni di piombo della Mobile di Palermo che consegna agli ascoltatori il ricordo dei «veleni palermitani», la memoria delle diffidenze, dei sospetti. E fissa la scena sull'immagine del «solco» che negli anni ha separato i «buoni» dai «cattivi»: quasi tutti morti i primi, «colpevoli» forse di essere rimasti in vita i secondi. Sul pretorio del tribunale, ieri nona udienza, abbiamo assistito alla sfilata di «pezzi» della storia non più recente di Palermo. I testi citati erano 8 ma due - il vicequestore Saverio Montalbano e Arturo Cassina - non si sono presentati. L'udienza si è aperta con una richiesta dell'accusa: inviare alla procura il verbale dell'udienza del 10 maggio contenente le «dichiarazioni spontanee» di Bruno Contrada, «dirette - ha sostenuto il pm - a prospettare non meglio precisati interventi finalizzati ad ottenere modifiche delle dichiarazioni del pentito Rosario Spatola». L'accusa avrebbe voluto sostanziare la richiesta con una premessa che, però, il presidente Ingargiola ha impedito, ritenendola «un commento» alle dichiarazioni dell'imputato. I legali, tuttavia, non si sono opposti alla trasmis¬ Francesco La Licata Nella foto grande Bruno Contrada, a destra Lodovico Ligato

Luoghi citati: Contrada, Palermo