Il presidente usa il discusso miliardario per silurare il suo delfino

Il presidente usa il discusso miliardario per silurare il suo delfino Il presidente usa il discusso miliardario per silurare il suo delfino Una faida infinita tra padre e figlio due generazioni della politica I I L'anziano leader disprezza giudici e giornalisti che mettono alla gogna le malefatte dell'affarista Lui apprezza «l'energia e il dinamismo» con cui agisce Mitterrand e a destra Tapie Sotto, l'ex primo ministro suicida Bérégovoy iniettando nelle sue vene il veleno Tapie. Lo fa nei confronti della nazione: la sua minaccia di indire un referendum sulla interruzione degli esperimenti nucleari, i suoi accenni al popolo che «si ribellerà se gli esperimenti saranno ripresi dai futuri Capi di Stato» infrangono l'unico punto su cui ancora esiste un consenso in Francia, la difesa nazionale. Questa voluttà dissolutrice unisce, perversamente, Mitterrand e Tapie, il padre e il nipote, l'uomo degli Anni Quaranta e l'uomo venuto fuori dal decennio più immorale del dopoguerra, gli Anni Ottanta. In mezzo, fra i due, c'è Rocard: il figlio troppo a lungo dipendente dal padre, troppo corretto per uccidere il nipote. Rocard fu a suo tempo l'idolo dei sondaggi, il simbolo di quella che fu chiamata società civile, nei più ottimisti Anni Sessanta e Settanta. Difficile dire come mai si è accumulato tanto odio, tra lui e Mitterrand. Forse li separa anche la concezione del tempo. Mitterrand ha deciso di ignorarlo, per meglio dominarlo. Rocard è eternamente inseguito dal tempo, è impaziente, nella fretta esagera le parole e le vittorie. Per un politico è sempre una maledizione aver ragione troppo presto, e tale sapienza intempestiva non lo ha aiutato. Il rocardismo è un insieme di convinzioni nate negli Anni Sessanta - contro l'alleanza tra socialisti e comunisti, contro i programmi giacobini e marxisti di rottura con il capitalismo, per la nascita di una sinistra guidata dai movimenti sociali anziché dagli apparati ma questo insieme di convinzioni ha vinto molto più tardi, negli Anni Ottanta, e la vittoria non era più Rocard a monopolizzarla, ma l'altra anima secreta dal '68: l'anima cinica, moralmente indifferente. L'anima di coloro che si autodefiniscono «generazione Mitterrand», e che non sono estranei al '68 rocardiano ma hanno imboccato altre vie, più speditive, per riuscire. Rocard e Tapie non sono molto distanti, per età. Ma Rocard sembra infinitamente più vecchio, al confronto. La società civile che Rocard sognava negli Anni Sessanta, quando divenne prigioniero del romanzo di Mitterrand, non è più quella, non gli appartiene più interamente. Il sonno degli Anni Sessanta ha generato i mostri degli Anni Ottanta: una società civile non fiduciosa ma sfiduciata, irrigidita dalla crisi economica, più inesplicabile del previsto. Questa è la debolezza di Rocard, e questa è la forza di Mitterrand, che non si è mai illuso. Mitterrand sa quanto il tempo sia immoto, è poco progressista, e fatalmente deludente. Il villaggio e la terra gli hanno dato questa sapienza puntuale, che gli intempestivi cittadini hanno di rado.

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