Ho il mostro in confessionale
26 «La luna rubata» un film di Albano con Giraudeau e la Cavallari Ho il mostro in confessionale Coppiette uccise, un prete sa la verità ROMA. C'è anche il mostro di Firenze, o comunque un appassionato massacratore di coppiette appartate in campagna a farsi tenerezze, nel film tv «La luna rubata» che Gianfranco Albano sta girando in questi giorni a Roma. Ma, pur essendo il mostro il motore di questa storia a forti tinte punteggiata di cadaveri innocenti, il protagonista del racconto è invece un sacerdote impegnato nel recupero di ragazzi psicolabili. Un prete che, proprio attraverso la confessione, viene a conoscere la verità sul terribile segreto. E il tema della storia diventa allora quello dei grandi interrogativi morali: mantener fede al vincolo del sacramento o parlare per impedire che altri ragazzi senza colpa perdano la loro vita? «E' il contrario del cinema minimalista», dice Max Gusberti che per la Rai ha prodotto anche «Chiedi la luna», uno dei migliori «piccoli» film di questi anni. «Là si raccontano le modeste inquietudini del vivere quotidiano, qui si affrontano gli alti dilemmi posti dall'etica assoluta». In una villa che fu dei ricchi commercianti romani Zingone, su un set inaccessibile alla stampa perché si gira la scena disvelatrice dell'intricata vicenda, Gianfranco Albano, quello di «Felipe ha gli occhi azzurri», spiega le ragioni e le fatiche fatte per calarsi in questa «storiona» violenta e cruda, scritta da Ennio De Concini e rivista dalla francese Pascale Breton. «Mi ha attratto il racconto popolare, facile ma non banale, che è l'ingrediente indispensabile per rivolgersi a un pubblico televisivo. Ma mi ha intrigato soprattutto la possibilità di farne anche un altro: una riflessione sulla sacralità dei rapporti umani; sulle passioni che possono rendere ciechi ed egoisti; sull'innocenza dei bambini, dei malati di mente, di coloro che non sanno difendersi; sulla superficialità collettiva che ci spinge a contentarci di una verità plausibile piuttosto che accettare una verità che ci mette in crisi». Grandi intenzioni, quindi, per questo «La luna rubata», figlio di Raidue e Tfl, nell'ambito di un accordo coproduttivo con la Francia che riesca a dimezzare i costi della fiction mantenendone la qualità. Il problema di oggi, per una tv italiana sempre più povera. Protagonista assoluto, in omaggio ai francesi, è Bernard Giraudeau, quello di «Passione d'amore» di Scola, attore teatrale francese appassionato di testi classici e opere importanti, che si è buttato nell'impresa con la stessa concentrazione con cui recita in palcoscenico. Al suo fianco Simona Cavallari, reduce dal film di Bellocchio «Il sogno della farfalla», nel ruolo di una moglie delusa che s'innamora del sacerdote; Gaetano Passafiume nella parte del ricco marito di lei egoista e vigliacco; Maria Fiore, in quella della suocera oppressiva e malvagia. Sullo sfondo i ragazzi della comunità, attori e non attori, scelti per dare con le loro facce credibilità a un universo di matti che il giovane sacerdote vuole salvare ad ogni costo. L'obiettivo è fare un filmtv che sappia coniugare il successo dell'ascolto e quello dell'intelligenza. Girare uno sceneggiato con la stessa attenzione con cui si gira un film per le sale. Affinare la recitazione perché sguardi, atti, movimenti integrino l'approssimazione dei dialoghi. Un obiettivo ambizioso, so¬ stenuto dalla dichiarata felicità con cui tutti hanno partecipato a questo tentativo. D'altra parte, se la tv vuole ancora rivolgersi a tutti gli italiani non ha che da tentare questa strada: il basso è troppo basso per chi ha un po' di gusto estetico, l'alto è troppo elitario per chi ha perso l'abitudine a ogni sforzo. Simonetta Robior Simona Cavallari in una scena del film
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